Passaporto sanitario, il nuovo
disastro politico e comunicativo del presidente Solinas - Vito Biolchini
Ieri a Rai Tre il presidente regionale di
Federalberghi Paolo Manca lo ha detto con grande imbarazzo:
“Il problema sono le regole d’ingresso: c’è troppo, troppo, troppo caos. E
tutta questa eccessiva comunicazione che c’è stata in questi ultimi due giorni
ha causato più danni e più cancellazioni. Da lunedì a martedì ci sono state più
cancellazioni che da 21 febbraio a domenica”.
Oggi dalle colonne dell’Unione Sarda Gian Mario Pileri,
presidente regionale e vice presidente nazionale della Fiavet (l’associazione
di categoria degli agenti di viaggio) e titolare dell’International travel di
Olbia e Arzachena, è ancora più diretto, quasi brutale: “Dopo le esternazioni
del presidente Solinas abbiamo registrato un numero record di
cancellazioni: sono sparite ventimila room night in due giorni”.
Quello del passaporto sanitario è solo l’ultimo
disastro politico del presidente della Regione Christian Solinas in
questi tempi di Coronavirus. Poteva continuare a starsene zitto e buono, ultimo
dei presidenti di regione intervistati dai media nazionali, e invece ha avuto
la presunzione di uscire allo scoperto per giocarsi quello che per lui era
l’asso nella manica, sottoponendosi così ad una sfilza di interviste che ora lo
mettono in un angolo.
Perché la stampa italiana sarà pure malmessa, ma non
certo come quella sarda. A Roma e Milano un giornalista che lavora per una
testata che non ha nulla da temere e che ti fa una domanda secca e diretta
rischi di trovarlo (e infatti ad Agorà due giorni fa il nostro presidente ha
vissuto un brutto quarto d’ora).
E quindi è inutile che ora Solinas sbraiti
contro i giornali che, a suo avviso, hanno mistificato le sue dichiarazioni, e
chieda da parte dei giornali “più responsabilità”. Questo ha detto ieri in
conferenza stampa il presidente e forse ora, davanti ad un atteggiamento così
offensivo e di infantile arroganza, un intervento dell’Ordine dei Giornalisti e
dell’Associazione della Stampa Sarda sarebbe più che doveroso.
Ma da dove nasce questo disastro del passaporto
sanitario, che è assieme politico e comunicativo?
Come tutti i vecchi politici, Solinas pensa
che la politica sia essenzialmente un esercizio retorico che trova il suo apice
nell’arte dell’annuncio. Anche per il presidente della Regione Sardegna le
cose, banalmente, non si fanno: in prima battuta, semplicemente, si dicono. Una
dichiarazione, due titoli nei giornali, e tutto è risolto.
Il passaporto sanitario il presidente lo annunciò
nientemeno che lo scorso 15 aprile:
oltre un mese fa. E allora perché ancora questo caos?
Il sistema degli annunci spesso funziona, ma non
evidentemente in questo periodo di vera crisi economica All’annuncio di Solinas infatti
non è seguito nulla di concreto, e questo per una idea sorpassata di
comunicazione politica basata sull’obsoleto concetto di ufficio stampa (ovvero
il politico dice al suo ufficio stampa cosa comunicare ai giornali e tutto
finisce lì).
La comunicazione istituzionale ora assume invece
sempre di più i contorni della comunicazione corporate, cioè di quella delle
imprese, dove il prodotto si comunica da sé.
Ve lo immaginate il presidente della Volkswagen che
annuncia in pompa magna un nuovo modello di auto, parte con gli spot
promozionali a tappeto, e quella macchina in realtà non è in vendita? E la
Apple che fa la pubblicità dell’Iphone 16? Il cliente lo chiede, non lo trova,
e pensa che lo stiano prendendo per i fondelli. Quali gravi danni per la reputazione
aziendale avrebbero la Volkswagen e la Apple se annunciassero la vendita di un
prodotto che in realtà non esiste?
È esattamente quello che sta avvenendo con il
passaporto sanitario. L’idea, prima di essere giusta o sbagliata, è
semplicemente fuorviante. Perché il presidente Solinas il
passaporto sanitario lo avrebbe dovuto semplicemente presentarlo, non solo
immaginarlo.
E infatti i turisti che chiedono informazioni, di
fatto non hanno nessuna risposta certa. Perché il passaporto sanitario oggi al
momento è solo una suggestione e nulla più.
Non è un caso che il presidente abbia cambiato
versione almeno quattro volte, identificando questo mitico passaporto sanitario
inizialmente con un tampone che sarebbe stato fatto ai turisti all’arrivo
nell’isola, poi un tampone che i turisti avrebbero dovuto fare prima
nell’arrivo nell’isola, trasformatosi quindi in test salivare da fare
all’arrivo che poi, davanti alle rimostranze delle società di gestione degli
scali sardi, è diventato test salivare da fare tre giorni prima di
partire.
Ma i test salivari che Solinas vorrebbe
far utilizzare ai turisti, come spiega bene Sardina Post,
non sono neanche in commercio.
Quindi, di cosa stiamo parlando?
Il presidente si arrampica sugli specchi, annunciando
che il costo dei test verrà trasformato in servizi alberghieri o con ingressi
gratuiti in aree archeologiche. Sì, ma quali? Dov’è elenco dei siti?
Chiaramente non c’è nulla di concreto. Niente di niente. Sempre e solo parole
in libertà.
Morale della favola: Solinas fa
dichiarazioni a vuoto, la Sardegna vede crollare la sua reputazione, in pochi
giorni arrivano migliaia disdette. Ed ecco che il disastro, comunicativo e
politico allo stesso tempo, si compie.
Perché la cattiva politica fa danni quanto la
pandemia.
Il sindaco Sala e quel suo sguardo coloniale su un’Italia irrimediabilmente ridisegnata dal Covid - Vito Biolchini
Chissà se il sindaco di Milano
Giuseppe Sala ha già
realizzato quanto sia stata infelice la sua dichiarazione di oggi “Per le
vacanze mi ricorderò di chi chiede patenti di immunità”.
Frase minacciosa, che prefigura
ritorsioni di carattere economico nei confronti di quelle regioni che, più in
maniera propagandistica che altro, provano a difendersi dal contagio chiedendo
che tutti i viaggiatori in arrivo esibiscano un certificato di non malattia.
In realtà, Sala ha detto male una cosa che in tanti a Milano pensano,
cioè che, per usare le parole di una ragazza intervistata oggi dal Tg3,
“L’Italia senza la Lombardia non fa niente”.
Vero? Falso? Dipende dai punti di vista.
Nemmeno i milanesi senza gli studenti universitari del sud che spendono 500
euro al mese (magari in nero) per una stanza di pochi metri quadri, non fanno
niente.
Ciò che la frase di Sala tradisce è dunque la natura
egoistica della Milano di oggi, abituata a prendere molto e a restituire poco
(oppure con cospicui interessi) al resto del Paese. “Milano attrae ma non
restituisce quasi più nulla di quello che attrae”, affermò non a caso sei mesi
fa il ministro per il sud Giuseppe Provenzano,
anche lui del Pd come il primo cittadino.
Un’analisi spietata, che colse nel segno
e che oggi non può che tornarci alla mente, nel momento in cui Milano si trova
per la prima volta sul banco degli imputati per come ha gestito l’emergenza
Covid.
La città appare come smarrita, perché si
deve giustificare davanti al mondo. Aver fallito tragicamente la sfida in un
campo in cui si vantava di essere eccellenza, cioè la sanità, ha minato la sua
autostima.
Nella sua reazione scomposta, Sala tradisce quindi
inconsciamente una visione coloniale dell’Italia secondo cui il nord mantiene
il sud. E per chi osa mettere in discussione i rapporti di forza, è pronta la
ritorsione economica. Eppure a me sembra che è proprio sulla debolezza del sud
che il nord sta facendo le sue fortune.
L’infelice uscita di Sala (che è un sottoprodotto del
centrosinistra italiano e nulla più) svela dunque il timore delle classi
dirigenti del nord che le rendite di posizione siano finite. Milano sa di avere
perso la sfida e ora ha paura. Perché con il Covid sono emersi dei protagonismi
territoriali che impongono un’idea di Italia nuova, in cui si dovrà tener conto
delle differenze più di quanto non sia stato fatto finora.
Con la sua frase, Sala ci sta intimando di non
andare avanti in questo progetto folle, ci dice di non azzardarci a pensare di
poter fare a meno del radicato approccio coloniale alla questione
italiana.
Però questa è la sfida. Peccato che a
condurla in Sardegna sia una giunta dalle scarsissime capacità. E che (qualcuno
lo spieghi a Sala), mai
oserà mettersi contro i lombardi, verso i quali il presidente della Regione
Sardegna Solinas ha
una riverenza quasi sacrale, essendo la Lega il suo primo alleato.
Sindaco Sala, lo avrebbe mai detto?
Nessun commento:
Posta un commento