L’approccio
di Gregory Bateson all’ecologia è caratterizzato da una visione “globale” che
connette la specificità biologica dell’ambiente cosiddetto naturale alle
molteplici interazione umane (schismogenesi) che
lo determinano e modificano. Per Bateson l’ecologia è una scienza globale
perché richiede, per essere compresa, la comprensione di ogni altra scienza,
dal momento che nessun sapere o pratica umana è privo di relazioni con
l’ambiente: quindi comprende, oltre alle scienze cosiddette “dure” (fisica,
chimica, biologia, ecc.), la critica dell’economia, l’urbanistica, la
filosofia, la sociologia, l’antropologia, e via dicendo. Per le stesse ragioni
lo studio della mente umana e dei processi che la determinano e che essa
determina è denominata “ecologia della mente” (da cui il titolo della raccolta
dei suoi studi epistemologici Verso un’ecologia della mente).
Retrospettivamente, Bateson ha anticipato molti degli attuali approcci
ecologici radicali, che non pensano possibile prescindere da una critica
dell’economia politica e della condizione umana quale viene determinata dai
pprocessi economici; e al tempo stesso, collegano la crisi ecologica alla crisi
sociale e psichica dell’essere umano. Pensiamo, solo per nominarne due, a Mark
Fisher e, soprattutto, a Félix Guattari, il cui saggio-manifesto Verso un’ecosofia (1992) è introdotto da una
citazione di Bateson: un tentativo diriflessione critica ben diverso da quelli
che, in modo strumentale, usarono Bateson al suo apparire in traduzione
italiana per prendere le distanze dal pensiero di critica dello stato di cose
esistente, nel cuore della repressione dei movimenti autonomi, finendo col
depotenziare e inaridire lo stesso antropologo britannico.
Il testo che pubblichiamo è tratto da due saggi
ambedue presenti in Verso
un’ecologia della mente (ed. or. Steps
to an Ecology of Mind, 1972; trad. it. di Giuseppe Longo, Adelphi,
Milano 1976, con leggeri adattamenti: “Forma, sostanza e differenza” (pp.
478-80) e “Le radici della crisi ecologica” (pp. 511-514).
*****
1. Consideriamo dapprima l’ecologia. L’ecologia è considerata oggi sotto
due aspetti: c’è l’aspetto detto bio-energetico (l’economia dell’energia e
della materia all’interno di un atollo corallifero, di una foresta di sequoie o
di una città); e c’è poi un’economia dell’informazione, dell’entropia,
dell’entropia negativa, eccetera. Questi due aspetti non vanno molto d’accordo,
proprio perché le due unità hanno nei due tipi di ecologia diverse frontiere.
Nell’aspetto bio-energetico è naturale e opportuno pensare a unità delimitate
dalla membrana cellulare o dall’epidermide; o a unità costituite da insiemi di
individui della stessa specie. Queste sono allora le frontiere alle quali si
possono compiere misure per determinare il bilancio energetico di tipo
additivo-sottrattivo per l’unità considerata. Viceversa, l’ecologia
informazionale o entropica si occupa di bilanci di canali e di probabilità; i
corrispondenti bilanci sono partitivi (non sottrattivi): le frontiere debbono
racchiudere, e non tagliare, i canali che interessano.
Inoltre il significato stesso di “sopravvivenza”
subisce un cambiamento quando smettiamo di parlare della sopravvivenza di
qualcosa che è limitato dall’epidermide e cominciamo a pensare alla
sopravvivenza del sistema di idee nel circuito. Il contenuto dell’epidermide
dopo la morte viene ridistribuito casualmente e così pure i canali all’interno
dell’epidermide; ma le idee, dopo ulteriori trasformazioni, possono
sopravvivere nel mondo sotto forma di libri o di opere d’arte. Socrate come
individuo bio-energetico è morto, ma molto di lui continua a vivere nella
contemporanea ecologia delle idee.
È anche chiaro che la teologia subisce un mutamento e
forse un rinnovamento. Le religioni del Mediterraneo hanno oscillato per
cinquemila anni tra immanenza e trascendenza: a Babilonia gli dèi erano entità
trascendenti situate sulla cima delle colline; in Egitto la divinità era
immanente nel Faraone; e il cristianesimo è una complessa combinazione di queste
due credenze.
L’epistemologia cibernetica che vi ho presentato
suggerirebbe un’altra impostazione. La mente individuale è immanente, ma non
solo nel corpo: essa è immanente anche in canali e messaggi esterni al corpo; e
vi è una più vasta Mente di cui la mente individuale è solo un sottosistema.
Questa più vasta Mente è paragonabile a Dio, ed è forse ciò che alcuni
intendono per “Dio”, ma essa è ancora immanente nel sistema sociale totale
interconnesso e nell’ecologia planetaria.
La psicologia freudiana ha dilatato il concetto di
mente verso l’interno, fino a includervi l’intero sistema di comunicazione
all’interno del corpo (la componente neurovegetativa, quella dell’abitudine, e
la vasta gamma dei processi inconsci). Ciò che sto dicendo dilata la mente
verso l’esterno. E tutti e due questi cambiamenti riducono l’ambito dell’io
conscio. Si rivela opportuna una certa dose di umiltà, temperata dalla dignità
o dalla gioia di far parte di qualcosa di assai più grande: parte, se si vuole,
di Dio.
Se mettete Dio all’esterno e lo ponete di fronte alla
sua creazione, e avete l’idea di essere stati creati a sua immagine, voi vi
vedrete logicamente e naturalmente come fuori e contro le cose che vi
circondano. E nel momento in cui vi arrogherete tutta la mente, tutto il mondo
circostante vi apparirà senza mente e quindi senza diritto a considerazione
morale o etica. L’ambiente vi sembrerà da sfruttare a vostro vantaggio. La
vostra unità di sopravvivenza sarete voi e la vostra gente o gli individui
della vostra specie, in antitesi con l’ambiente formato da altre unità sociali,
da altre razze e dagli animali e dalle piante.
Se questa è l’opinione che avete sul vostro rapporto
con la natura e se possedete una tecnica progredita, la
vostra probabilità che avete di sopravvivere sarà quella di una palla di neve
all’inferno. Voi morrete a causa dei sottoprodotti tossici del vostro stesso
odio o, semplicemente, per il sovrappopolamento e l’esagerato sfruttamento
delle riserve. Le materie prime del mondo sono limitate.
Se io sono nel giusto, allora il nostro atteggiamento
mentale rispetto a ciò che siamo e a ciò che sono gli altri dev’essere
ristrutturato. Non si tratta di uno scherzo, e non so quanto tempo abbiamo
ancora prima della fine.
2. Noi sosteniamo che tutte le molte
attuali minacce alla sopravvivenza dell’uomo sono riconducibili a tre cause
primitive:
·
a) progresso
tecnico;
·
b) aumento della popolazione;
·
c) certi errori nel pensiero e negli atteggiamenti della
cultura occidentale. I nostri “valori” sono sbagliati.
Noi riteniamo che tutti e tre questi fattori
fondamentali siano condizioni necessarie per la distruzione del nostro mondo.
In altre parole, crediamo ottimisticamente che
la correzione di uno solo di essi ci darebbe la salvezza.
Noi sosteniamo che questi fattori fondamentali
certamente interagiscono. L’aumento della popolazione stimola il progresso
tecnico e crea quell’ansia che ci oppone al nostro ambiente come a un nemico;
mentre la tecnica da una parte facilita l’aumento demografico e dall’altra
rafforza la nostra arroganza, o “hybris”, nei confronti dell’ambiente naturale.
Il diagramma allegato illustra le interconnessioni.
Si osserverà che in questo diagramma ogni angolo è
dotato di una freccia oraria, il che denota che esso è di per sé un fenomeno
che si autoesalta (o, come dicono gli scienziati, è «autocatalitico»): più
numerosa è la popolazione, più rapida è la sua crescita; più perfezionata è la
tecnica, maggiore è il numero delle nuove invenzioni; e più crediamo nel nostro
“potere” su un ambiente ostile, più “potere” ci sembra di possedere e più
disprezzabile ci sembra l’ambiente.
Analogamente, gli angoli sono collegati a due a due in
senso orario, e così si creano tre sottosistemi autocatalitici.
Noi sosteniamo che le idee che dominano oggi la nostra
civiltà risalgono nella loro forma più virulenta alla rivoluzione industriale.
Esse si possono così riassumere:
·
a) Noi contro l’ambiente.
·
b) Noi contro altri
uomini.
·
c) È il singolo (o la singola compagnia, o la singola
nazione) che conta.
·
d) Possiamo avere un controllo unilaterale sull’ambiente e
dobbiamo sforzarci di raggiungerlo.
·
e) Viviamo all’interno di una “frontiera” che si espande
all’infinito.
·
f) Il determinismo economico è cosa ovvia e sensata.
·
g) La
tecnica ci permetterà di attuarlo.
Noi sosteniamo che queste idee si sono semplicemente
dimostrate false alla luce delle grandi,
ma in definitiva distruttive, conquiste della nostra tecnica negli ultimi
centocinquant’anni. Allo stesso modo esse si rivelano false alla luce della
moderna storia ecologica. La creatura che la spunta
contro il suo ambiente distrugge se stessa.
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