mercoledì 13 maggio 2020

Alfabeto dell’epidemia - Albert Camus



La Peste di Albert Camus (1947) è uno dei grandi libri del Novecento. Rileggerlo oggi significa non solo cogliere alcune costanti delle pestilenze di ogni tempo, ma capire meglio le insufficienze e gli errori nel nostro modo di governare l’attuale pandemia: i limiti della scienza medica, l’inadeguatezza dei governi e la difficoltà di noi tutti, il cinismo dell’economia, l’acuirsi delle diseguaglianze, la voglia di rinascita e la sua probabile frustrazione. Il libro contiene anche quella che a me appare, ogni giorno di più, la migliore sintesi dell’attuale situazione mondiale: «Nessuno sapeva niente».
Così ne ho scelto (del tutto arbitrariamente) alcuni passaggi, e li ho disposti in un dizionario della pandemia i cui lemmi (in grassetto) sono miei. Il resto è di Camus, ed è tratto dalla traduzione di Yasmina Melouah, Bompiani 2019.
(Tomaso Montanari)

Barca (sulla stessa)
Da questo momento si può dire che la peste ci riguarda tutti. Finora, nonostante la sorpresa e la preoccupazione suscitata da questi eventi straordinari, ognuno dei nostri concittadini aveva continuato come potevano a dedicarsi alle proprie occupazioni, al proprio posto. E così doveva senz’altro essere in seguito. Ma dopo che furono chiuse le porte, tutti si accorsero, compreso il narratore, di essere sulla stessa barca e di doversene fare una ragione. Così, per esempio, un sentimento privato quale la separazione da una persona amata divenne improvvisamente, sin dalle prime settimane, quello di un’intera popolazione e insieme con la paura il principale motivo di sofferenza di quel lungo periodo di esilio.
Clima
Chiedeva sovente qualche previsione sulla probabile durata dell’epidemia.
– Dicono che il clima freddo può forse contrastare questo genere di malattie.
Il direttore si agitava.
– Senta, ma qui non fa mai davvero freddo, e comunque sia vorrebbe dire che ci toccherà ancora un bel po’ di mesi.
Contrastanti (pareri)
Le forme polmonari dell’infezione che già si erano manifestate ora si moltiplicavano ai quattro angoli della città, quasi che il vento accendesse e alimentasse incendi nel petto degli abitanti. Con questa nuova forma dell’epidemia la contagiosità rischiava di aggravarsi. I pareri degli specialisti al riguardo a dire il vero erano sempre stati contrastanti, tuttavia per maggiore sicurezza il personale sanitario continuava a respirare sotto mascherine di garza sterile.
Convogli (di bare)
a peste si mantenne a un livello tale che il numero delle vittime superò di gran lunga le possibilità offerte dal nostro piccolo cimitero. Non bastò infatti aprire dei varchi nei muri, per offrire ai morti uno sfogo sui terreni circostanti fu necessario trovare qualcos’altro […] Un dipendente del comune agevolò alquanto il compito delle autorità consigliando di servirsi dei tram che un tempo facevano servizio sulla panoramica, e che adesso erano inutilizzati. Fu adattato allo scopo l’interno dei rimorchi e delle motrici, da cui furono tolti i sedili e il percorso fu deviato fino al forno che diventò quindi un capolinea. E per tutta la fine dell’estate come all’inizio delle piogge autunnali, nel cuore della notte si vedevano passare lungo la panoramica strani convogli di tram senza passeggeri, traballanti al di sopra del mare. Alla fine, gli abitanti avevano capito di cosa si trattava.
Diseguaglianze
Le famiglie povere si trovavano così in grandi ristrettezze, mentre le famiglie ricche non mancavano pressoché di nulla. Mentre la peste, con la sua efficace imparzialità, avrebbe dovuto rafforzare l’uguaglianza fra i nostri concittadini, per il normale effetto degli egoismi rendeva invece più acuto nel cuore degli uomini il sentimento di ingiustizia.
Dopo
Tarrou pensava che la peste avrebbe cambiato la città, e nel contempo non l’avrebbe cambiata. Che naturalmente il più grande desiderio dei nostri concittadini era e sarebbe stato fare come se non fosse cambiato niente, e che quindi in un certo senso niente sarebbe cambiato. Ma in un altro senso non è possibile dimenticare tutto anche con la debita forza di volontà, e la peste avrebbe lasciato delle tracce per lo meno nel cuore degli uomini.
Economia
Qui un malato si sente davvero solo. Si pensi allora a chi sta per morire, intrappolato fra centinaia di muri crepitanti di calore, mentre nello stesso momento, al telefono e nei caffè, un’intera popolazione parla di cambiali, di polizze di carico e di sconti.
Epidemiologi
Il grafico dei progressi della peste con la sua crescita costante seguita da una lunga fase di plateau sembrava esser confortante agli occhi di un uomo come il dottor Richard: «è un ottimo eccellente grafico», diceva. Riteneva che la malattia avesse raggiunto quello che lui chiamava uno stallo, di lì in poi avrebbe soltanto potuto decrescere. Ne attribuiva il merito al nuovo siero di Castel, che aveva infatti conosciuto alcuni inaspettati successi. Il vecchio Castel non smentiva, ma pensava che in realtà non si potessero fare previsioni poiché la storia delle epidemie comporta balzi imprevisti. La prefettura, da tempo desiderosa di rassicurare l’opinione pubblica, e cui la festa non lo consentiva, intendeva radunare i medici per chiedere loro un rapporto al riguardo, quando anche il dottor Richard fu portato via dalla peste, e proprio nel momento di stallo dell’epidemia.
Fase 3?
Le istituzioni tornarono al pessimismo con la stessa incoerenza con cui prima avevano accolto l’ottimismo.
Funerali
Non che avesse una particolare predilezione per simili cerimonie, preferendo lui di gran lunga la società dei vivi, e per fare un esempio i bagni al mare. Ma dopotutto i bagni al mare erano stati preclusi, e la società dei vivi temeva da un giorno all’altro di essere soppiantata dalla società dei morti. Era un dato di fatto, certo si poteva anche far finta di non vederlo coprirsi gli occhi e negarlo: ma un dato di fatto ha una forza terribile che prima o poi ha la meglio su tutto. Come si possono per esempio negare i funerali il giorno in cui coloro che ami hanno bisogno dei funerali. Ebbene quel che caratterizzava in principio le nostre cerimonie era la rapidità: tutte le formalità erano state semplificate, e in linea generale la pompa funerale era stata soppressa. I malati morivano lontano dalla famiglia e le veglie erano vietate, sì che chi moriva di sera passava la notte da solo e chi moriva durante il giorno veniva subito seppellito. I familiari beninteso venivano avvisati, ma nella stragrande maggioranza dei casi non potevano spostarsi poiché, se avevano vissuto a contatto con il malato, si trovavano in quarantena.
Giornata (vivere alla)
Si imponevano allora di non pensare più alla data della liberazione di non volgersi mai più verso il futuro, e di tenere per così dire gli occhi bassi
Incredulità
Benché un flagello sia infatti un accadimento frequente, tutti stentiamo a credere ai flagelli quando ci piombano addosso. Nel mondo ci sono state tante epidemie di peste quante guerre. Eppure la peste e la guerra colgono sempre tutti alla sprovvista. […] Dal momento che il flagello non è a misura dell’uomo pensiamo che sia irreale, soltanto un brutto sogno che passerà. Invece non sempre il flagello passa e, di brutto sogno in brutto sogno, sono gli uomini a passare, e in primo luogo gli umanisti che non hanno preso alcuna precauzione. I nostri concittadini non erano più colpevoli di altri, dimenticavano soltanto di essere umili e pensavano che tutto per loro fosse ancora possibile, il che presumeva che i flagelli fossero impossibili.
Lockdown
I giornali pubblicarono decreti che rinnovavano il divieto di uscire, e minacciavano i contravventori di pene detentive. Pattuglie percorsero la città. Nelle vie deserte e roventi si vedevano spesso sopraggiungere annunciate dal rumore degli zoccoli sul selciato guardie a cavallo che passavano tra infilate di finestre chiuse. Sparita la pattuglia, sulla città minacciata calava di nuovo un silenzio pesante e circospetto.
Mascherine
Tarrou fece entrare Rambert in una stanzetta interna interamente tappezzata di armadi. Ne apri uno, ed estrasse da uno sterilizzatore due maschere di garza idrofila, ne porse una a Rambert e lo invitò ad indossarla. Il giornalista domandò se serviva a qualcosa, e Tarrou rispose di no, ma che rassicurava gli altri.
Oggettività
Strilloni ancora addormentati non annunciano ad alta voce le notizie, ma addossati a un angolo di strada porgono i giornali ai lampioni con un gesto da sonnambuli. Più tardi, svegliati dai primi tram, si sparpaglieranno per la città offrendo con il braccio teso i fogli su cui spicca la parola “peste”. «Un autunno all’insegna della peste? Il professor B risponde: no!». «124 morti: il bilancio del 94esimo giorno di peste». Era nato un altro giornale il Corriere dell’epidemia, il cui scopo era «informare i nostri concittadini all’insegna della più rigorosa oggettività sull’espansione o la regressione della malattia, fornire loro le opinioni più autorevoli sul futuro dell’epidemia, aprire le sue colonne a chiunque, noto o meno, sia disposto a combattere il flagello. Sostenere il morale della popolazione, comunicare le direttive delle autorità e in sintesi chiamare a raccolta tutte le persone di buona volontà decise a lottare efficacemente contro il male che oggi ci colpisce». In realtà il giornale si è ben presto limitato a pubblicare annunci di nuovi prodotti infallibili per prevenire la peste.
Politica
La peste diventava polmonare. Il giorno stesso, nel corso di una riunione, i medici allo stremo avevano chiesto e ottenuto da un prefetto disorientato nuove misure per evitare il contagio, che nella peste polmonare avveniva per via aerea. Come al solito, nessuno sapeva niente.
Precauzione (massima)
– Mi dica sinceramente è convinto che sia la peste?
– Il problema è mal posto. Non è una questione di parole, è una questione di tempo.
– Lei pensa, disse il prefetto, che se anche non si trattasse della peste dovrebbero comunque essere applicate le misure di profilassi previste in caso di peste?
– Se proprio devo pensare qualcosa, sì, penso a questo.
I medici si consultarono, e alla fine Richard disse:
– Dobbiamo quindi assumerci la responsabilità di agire come se la malattia fosse la peste.
La formula fu caldamente approvata.
– È d’accordo caro collega?
– Non mi importa la formula, disse Rieux, diciamo solo che non dobbiamo agire come se non ci fosse il rischio che mezza città venga uccisa, poiché in tal caso lo sarebbe.
Responsabilità
So che è necessario prestare la massima attenzione, per non rischiare in un attimo di distrazione di respirare in faccia ad un altro e di passargli l’infezione. La sola cosa naturale è il microbo. Il resto, la salute, l’integrità e la purezza in un certo senso sono frutto della volontà e di una volontà che non deve mai venire meno. L’uomo giusto, quello che non infetta quasi nessuno, è quello che si distrae il meno possibile. E ce ne vuole di volontà e di tensione per non distrarsi mai.
Rinascita
Tutti gridavano e ridevano. La scorta di vita accumulata nei mesi in cui ciascuno aveva messo l’anima in attesa, la spendevano quel giorno. Era come il giorno della rinascita: l’indomani sarebbe cominciata la vita vera e propria, con le sue cautele. Per il momento persone di estrazione diversa stavano gomito a gomito e fraternizzavano. L’uguaglianza che la presenza della morte non aveva di fatto realizzato, era la gioia della liberazione a stabilirla per qualche ora almeno.
Speculazioni
Non mancavano però altri motivi di preoccupazione. A seguito delle difficoltà crescenti di approvvigionamento, queste avevano favorito la speculazione e alcuni prodotti di prima necessità che scarseggiavano nel mercato legale si offrivano ora a prezzi astronomici.
Statistiche (della morte)
Nonostante questi spettacoli insoliti sembrava che i nostri concittadini avessero difficoltà a capire ciò che stava accadendo loro. C’erano sentimenti condivisi come la separazione o la paura, ma tutti continuavano a mettere in primo piano anche le preoccupazioni personali. Nessuno aveva ancora davvero accettato la malattia. Quasi tutti erano in primo luogo sensibili a ciò che interferiva con le loro abitudini o toccava il loro interesse. Ne provavano fastidio, irritazione: e non sono questi i sentimenti che è possibile contrapporre alla peste. La loro prima reazione, per esempio, fu di prendersela con la pubblica amministrazione. La risposta del prefetto alle critiche riprese dalla stampa («non si potrebbe prevedere un alleggerimento delle misure adottate?») fu alquanto inattesa. Finora né i giornali né l’agenzia Infsdoc avevano ricevuto una comunicazione ufficiale con le statistiche della malattia. Il prefetto le trasmise giorno dopo giorno all’agenzia, pregandola di fare un comunicato settimanale. Anche in questo caso però la reazione dell’opinione pubblica non fu immediata. L’annuncio che nella terza settimana di peste si erano contati 302 morti rimaneva infatti qualcosa di astratto. In primo luogo forse non tutti erano morti di peste. E in secondo luogo nessuno sapeva quante persone morissero la settimana in tempi normali. La città contava 200.000 abitanti. Nessuno aveva idea se quella percentuale di decessi fosse nella media. Si tratta anzi del genere di dettagli di cui non ci si cura mai nonostante l’indubbio interesse che presentano. In un certo senso all’opinione pubblica mancavano i termini di paragone. Solo con il passare del tempo, constatando l’aumento dei decessi, ci si rese conto della verità. La quinta settimana si ebbero infatti 321 morti e la sesta 345: l’incremento se non altro era eloquente, ma non era abbastanza elevato perché i nostri concittadini non serbassero pur nell’inquietudine l’impressione che si trattasse di un incidente certo increscioso, ma tutto sommato temporaneo. Continuavano così a girare per le strade e a sedersi ai tavoli dei caffè. Nel complesso non erano spaventati, si scambiavano più battute che lamentele e sembravano accettare di buon grado certi inconvenienti evidentemente passeggeri.
Tamponi
La somministrazione dei sieri preventivi continuava a essere riservate alle sole famiglie già colpite: per generalizzarle nell’impiego ce ne sarebbero volute quantità industriali.
Tormentone
Ha sentito i dati stasera?
Turismo
Peraltro era sicuro che i viaggiatori avrebbero continuato a lungo evitare la città: quella peste era la rovina del turismo.
Vacanze
Era questa una delle grandi rivoluzioni della malattia: tutti i nostri concittadini accoglievano abitualmente l’estate con esultanza, la città si spalancava allora sul mare e riversava giovani sulle spiagge. Quell’estate, invece, il mare pur vicino era inaccessibile: e il corpo non aveva più diritto alle sue gioie.
Vino
Si beveva molto, in effetti. Dopoché un caffè ebbe esposto il cartello «Il buon vino uccide i microbi» si rafforzò nell’opinione pubblica l’idea, già diffusa fra la gente, che l’alcool preservi dalle malattie infettive.

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