La Peste di
Albert Camus (1947) è uno dei grandi libri del Novecento. Rileggerlo oggi
significa non solo cogliere alcune costanti delle pestilenze di ogni tempo, ma
capire meglio le insufficienze e gli errori nel nostro modo di governare
l’attuale pandemia: i limiti della scienza medica, l’inadeguatezza dei governi
e la difficoltà di noi tutti, il cinismo dell’economia, l’acuirsi delle
diseguaglianze, la voglia di rinascita e la sua probabile frustrazione. Il
libro contiene anche quella che a me appare, ogni giorno di più, la migliore
sintesi dell’attuale situazione mondiale: «Nessuno sapeva niente».
Così ne ho
scelto (del tutto arbitrariamente) alcuni passaggi, e li ho disposti in un
dizionario della pandemia i cui lemmi (in grassetto) sono miei. Il resto è di
Camus, ed è tratto dalla traduzione di Yasmina Melouah, Bompiani 2019.
(Tomaso
Montanari)
Barca (sulla
stessa)
Da questo
momento si può dire che la peste ci riguarda tutti. Finora, nonostante la
sorpresa e la preoccupazione suscitata da questi eventi straordinari, ognuno
dei nostri concittadini aveva continuato come potevano a dedicarsi alle proprie
occupazioni, al proprio posto. E così doveva senz’altro essere in seguito. Ma
dopo che furono chiuse le porte, tutti si accorsero, compreso il narratore, di
essere sulla stessa barca e di doversene fare una ragione. Così, per esempio,
un sentimento privato quale la separazione da una persona amata divenne
improvvisamente, sin dalle prime settimane, quello di un’intera popolazione e
insieme con la paura il principale motivo di sofferenza di quel lungo periodo
di esilio.
Clima
Chiedeva
sovente qualche previsione sulla probabile durata dell’epidemia.
– Dicono che il clima freddo può forse contrastare questo genere di malattie.
Il direttore si agitava.
– Senta, ma qui non fa mai davvero freddo, e comunque sia vorrebbe dire che ci toccherà ancora un bel po’ di mesi.
– Dicono che il clima freddo può forse contrastare questo genere di malattie.
Il direttore si agitava.
– Senta, ma qui non fa mai davvero freddo, e comunque sia vorrebbe dire che ci toccherà ancora un bel po’ di mesi.
Contrastanti
(pareri)
Le forme
polmonari dell’infezione che già si erano manifestate ora si moltiplicavano ai
quattro angoli della città, quasi che il vento accendesse e alimentasse incendi
nel petto degli abitanti. Con questa nuova forma dell’epidemia la contagiosità
rischiava di aggravarsi. I pareri degli specialisti al riguardo a dire il vero
erano sempre stati contrastanti, tuttavia per maggiore sicurezza il personale
sanitario continuava a respirare sotto mascherine di garza sterile.
Convogli (di
bare)
a peste si
mantenne a un livello tale che il numero delle vittime superò di gran lunga le
possibilità offerte dal nostro piccolo cimitero. Non bastò infatti aprire dei
varchi nei muri, per offrire ai morti uno sfogo sui terreni circostanti fu
necessario trovare qualcos’altro […] Un dipendente del comune agevolò alquanto
il compito delle autorità consigliando di servirsi dei tram che un tempo
facevano servizio sulla panoramica, e che adesso erano inutilizzati. Fu
adattato allo scopo l’interno dei rimorchi e delle motrici, da cui furono tolti
i sedili e il percorso fu deviato fino al forno che diventò quindi un
capolinea. E per tutta la fine dell’estate come all’inizio delle piogge
autunnali, nel cuore della notte si vedevano passare lungo la panoramica strani
convogli di tram senza passeggeri, traballanti al di sopra del mare. Alla fine,
gli abitanti avevano capito di cosa si trattava.
Diseguaglianze
Le famiglie
povere si trovavano così in grandi ristrettezze, mentre le famiglie ricche non
mancavano pressoché di nulla. Mentre la peste, con la sua efficace
imparzialità, avrebbe dovuto rafforzare l’uguaglianza fra i nostri
concittadini, per il normale effetto degli egoismi rendeva invece più acuto nel
cuore degli uomini il sentimento di ingiustizia.
Dopo
Tarrou
pensava che la peste avrebbe cambiato la città, e nel contempo non l’avrebbe
cambiata. Che naturalmente il più grande desiderio dei nostri concittadini era
e sarebbe stato fare come se non fosse cambiato niente, e che quindi in un
certo senso niente sarebbe cambiato. Ma in un altro senso non è possibile
dimenticare tutto anche con la debita forza di volontà, e la peste avrebbe
lasciato delle tracce per lo meno nel cuore degli uomini.
Economia
Qui un
malato si sente davvero solo. Si pensi allora a chi sta per morire,
intrappolato fra centinaia di muri crepitanti di calore, mentre nello stesso
momento, al telefono e nei caffè, un’intera popolazione parla di cambiali, di
polizze di carico e di sconti.
Epidemiologi
Il grafico
dei progressi della peste con la sua crescita costante seguita da una lunga fase
di plateau sembrava esser confortante agli occhi di un uomo
come il dottor Richard: «è un ottimo eccellente grafico», diceva. Riteneva che
la malattia avesse raggiunto quello che lui chiamava uno stallo, di lì in poi
avrebbe soltanto potuto decrescere. Ne attribuiva il merito al nuovo siero di
Castel, che aveva infatti conosciuto alcuni inaspettati successi. Il vecchio
Castel non smentiva, ma pensava che in realtà non si potessero fare previsioni
poiché la storia delle epidemie comporta balzi imprevisti. La prefettura, da
tempo desiderosa di rassicurare l’opinione pubblica, e cui la festa non lo
consentiva, intendeva radunare i medici per chiedere loro un rapporto al
riguardo, quando anche il dottor Richard fu portato via dalla peste, e proprio
nel momento di stallo dell’epidemia.
Fase 3?
Le
istituzioni tornarono al pessimismo con la stessa incoerenza con cui prima
avevano accolto l’ottimismo.
Funerali
Non che
avesse una particolare predilezione per simili cerimonie, preferendo lui di
gran lunga la società dei vivi, e per fare un esempio i bagni al mare. Ma
dopotutto i bagni al mare erano stati preclusi, e la società dei vivi temeva da
un giorno all’altro di essere soppiantata dalla società dei morti. Era un dato
di fatto, certo si poteva anche far finta di non vederlo coprirsi gli occhi e
negarlo: ma un dato di fatto ha una forza terribile che prima o poi ha la
meglio su tutto. Come si possono per esempio negare i funerali il giorno in cui
coloro che ami hanno bisogno dei funerali. Ebbene quel che caratterizzava in
principio le nostre cerimonie era la rapidità: tutte le formalità erano state
semplificate, e in linea generale la pompa funerale era stata soppressa. I
malati morivano lontano dalla famiglia e le veglie erano vietate, sì che chi
moriva di sera passava la notte da solo e chi moriva durante il giorno veniva
subito seppellito. I familiari beninteso venivano avvisati, ma nella stragrande
maggioranza dei casi non potevano spostarsi poiché, se avevano vissuto a
contatto con il malato, si trovavano in quarantena.
Giornata
(vivere alla)
Si
imponevano allora di non pensare più alla data della liberazione di non
volgersi mai più verso il futuro, e di tenere per così dire gli occhi bassi
Incredulità
Benché un
flagello sia infatti un accadimento frequente, tutti stentiamo a credere ai
flagelli quando ci piombano addosso. Nel mondo ci sono state tante epidemie di
peste quante guerre. Eppure la peste e la guerra colgono sempre tutti alla
sprovvista. […] Dal momento che il flagello non è a misura dell’uomo pensiamo
che sia irreale, soltanto un brutto sogno che passerà. Invece non sempre il
flagello passa e, di brutto sogno in brutto sogno, sono gli uomini a passare, e
in primo luogo gli umanisti che non hanno preso alcuna precauzione. I nostri
concittadini non erano più colpevoli di altri, dimenticavano soltanto di essere
umili e pensavano che tutto per loro fosse ancora possibile, il che presumeva
che i flagelli fossero impossibili.
Lockdown
I giornali
pubblicarono decreti che rinnovavano il divieto di uscire, e minacciavano i
contravventori di pene detentive. Pattuglie percorsero la città. Nelle vie
deserte e roventi si vedevano spesso sopraggiungere annunciate dal rumore degli
zoccoli sul selciato guardie a cavallo che passavano tra infilate di finestre
chiuse. Sparita la pattuglia, sulla città minacciata calava di nuovo un
silenzio pesante e circospetto.
Mascherine
Tarrou fece
entrare Rambert in una stanzetta interna interamente tappezzata di armadi. Ne
apri uno, ed estrasse da uno sterilizzatore due maschere di garza idrofila, ne
porse una a Rambert e lo invitò ad indossarla. Il giornalista domandò se
serviva a qualcosa, e Tarrou rispose di no, ma che rassicurava gli altri.
Oggettività
Strilloni
ancora addormentati non annunciano ad alta voce le notizie, ma addossati a un
angolo di strada porgono i giornali ai lampioni con un gesto da sonnambuli. Più
tardi, svegliati dai primi tram, si sparpaglieranno per la città offrendo con
il braccio teso i fogli su cui spicca la parola “peste”. «Un autunno
all’insegna della peste? Il professor B risponde: no!». «124 morti: il bilancio
del 94esimo giorno di peste». Era nato un altro giornale il Corriere
dell’epidemia, il cui scopo era «informare i nostri concittadini
all’insegna della più rigorosa oggettività sull’espansione o la regressione
della malattia, fornire loro le opinioni più autorevoli sul futuro
dell’epidemia, aprire le sue colonne a chiunque, noto o meno, sia disposto a
combattere il flagello. Sostenere il morale della popolazione, comunicare le
direttive delle autorità e in sintesi chiamare a raccolta tutte le persone di
buona volontà decise a lottare efficacemente contro il male che oggi ci
colpisce». In realtà il giornale si è ben presto limitato a pubblicare annunci
di nuovi prodotti infallibili per prevenire la peste.
Politica
La peste
diventava polmonare. Il giorno stesso, nel corso di una riunione, i medici allo
stremo avevano chiesto e ottenuto da un prefetto disorientato nuove misure per
evitare il contagio, che nella peste polmonare avveniva per via aerea. Come al
solito, nessuno sapeva niente.
Precauzione
(massima)
– Mi dica
sinceramente è convinto che sia la peste?
– Il problema è mal posto. Non è una questione di parole, è una questione di tempo.
– Lei pensa, disse il prefetto, che se anche non si trattasse della peste dovrebbero comunque essere applicate le misure di profilassi previste in caso di peste?
– Se proprio devo pensare qualcosa, sì, penso a questo.
I medici si consultarono, e alla fine Richard disse:
– Dobbiamo quindi assumerci la responsabilità di agire come se la malattia fosse la peste.
La formula fu caldamente approvata.
– È d’accordo caro collega?
– Non mi importa la formula, disse Rieux, diciamo solo che non dobbiamo agire come se non ci fosse il rischio che mezza città venga uccisa, poiché in tal caso lo sarebbe.
– Il problema è mal posto. Non è una questione di parole, è una questione di tempo.
– Lei pensa, disse il prefetto, che se anche non si trattasse della peste dovrebbero comunque essere applicate le misure di profilassi previste in caso di peste?
– Se proprio devo pensare qualcosa, sì, penso a questo.
I medici si consultarono, e alla fine Richard disse:
– Dobbiamo quindi assumerci la responsabilità di agire come se la malattia fosse la peste.
La formula fu caldamente approvata.
– È d’accordo caro collega?
– Non mi importa la formula, disse Rieux, diciamo solo che non dobbiamo agire come se non ci fosse il rischio che mezza città venga uccisa, poiché in tal caso lo sarebbe.
Responsabilità
So che è
necessario prestare la massima attenzione, per non rischiare in un attimo di
distrazione di respirare in faccia ad un altro e di passargli l’infezione. La
sola cosa naturale è il microbo. Il resto, la salute, l’integrità e la purezza
in un certo senso sono frutto della volontà e di una volontà che non deve mai
venire meno. L’uomo giusto, quello che non infetta quasi nessuno, è quello che
si distrae il meno possibile. E ce ne vuole di volontà e di tensione per non
distrarsi mai.
Rinascita
Tutti
gridavano e ridevano. La scorta di vita accumulata nei mesi in cui ciascuno
aveva messo l’anima in attesa, la spendevano quel giorno. Era come il giorno
della rinascita: l’indomani sarebbe cominciata la vita vera e propria, con le
sue cautele. Per il momento persone di estrazione diversa stavano gomito a
gomito e fraternizzavano. L’uguaglianza che la presenza della morte non aveva
di fatto realizzato, era la gioia della liberazione a stabilirla per qualche
ora almeno.
Speculazioni
Non
mancavano però altri motivi di preoccupazione. A seguito delle difficoltà
crescenti di approvvigionamento, queste avevano favorito la speculazione e
alcuni prodotti di prima necessità che scarseggiavano nel mercato legale si
offrivano ora a prezzi astronomici.
Statistiche
(della morte)
Nonostante
questi spettacoli insoliti sembrava che i nostri concittadini avessero
difficoltà a capire ciò che stava accadendo loro. C’erano sentimenti condivisi
come la separazione o la paura, ma tutti continuavano a mettere in primo piano
anche le preoccupazioni personali. Nessuno aveva ancora davvero accettato la
malattia. Quasi tutti erano in primo luogo sensibili a ciò che interferiva con
le loro abitudini o toccava il loro interesse. Ne provavano fastidio,
irritazione: e non sono questi i sentimenti che è possibile contrapporre alla
peste. La loro prima reazione, per esempio, fu di prendersela con la pubblica
amministrazione. La risposta del prefetto alle critiche riprese dalla stampa
(«non si potrebbe prevedere un alleggerimento delle misure adottate?») fu
alquanto inattesa. Finora né i giornali né l’agenzia Infsdoc avevano ricevuto
una comunicazione ufficiale con le statistiche della malattia. Il prefetto le
trasmise giorno dopo giorno all’agenzia, pregandola di fare un comunicato settimanale.
Anche in questo caso però la reazione dell’opinione pubblica non fu immediata.
L’annuncio che nella terza settimana di peste si erano contati 302 morti
rimaneva infatti qualcosa di astratto. In primo luogo forse non tutti erano
morti di peste. E in secondo luogo nessuno sapeva quante persone morissero la
settimana in tempi normali. La città contava 200.000 abitanti. Nessuno aveva
idea se quella percentuale di decessi fosse nella media. Si tratta anzi del
genere di dettagli di cui non ci si cura mai nonostante l’indubbio interesse
che presentano. In un certo senso all’opinione pubblica mancavano i termini di
paragone. Solo con il passare del tempo, constatando l’aumento dei decessi, ci
si rese conto della verità. La quinta settimana si ebbero infatti 321 morti e
la sesta 345: l’incremento se non altro era eloquente, ma non era abbastanza
elevato perché i nostri concittadini non serbassero pur nell’inquietudine
l’impressione che si trattasse di un incidente certo increscioso, ma tutto
sommato temporaneo. Continuavano così a girare per le strade e a sedersi ai
tavoli dei caffè. Nel complesso non erano spaventati, si scambiavano più
battute che lamentele e sembravano accettare di buon grado certi inconvenienti
evidentemente passeggeri.
Tamponi
La
somministrazione dei sieri preventivi continuava a essere riservate alle sole
famiglie già colpite: per generalizzarle nell’impiego ce ne sarebbero volute
quantità industriali.
Tormentone
Ha sentito i
dati stasera?
Turismo
Peraltro era
sicuro che i viaggiatori avrebbero continuato a lungo evitare la città: quella
peste era la rovina del turismo.
Vacanze
Era questa
una delle grandi rivoluzioni della malattia: tutti i nostri concittadini
accoglievano abitualmente l’estate con esultanza, la città si spalancava allora
sul mare e riversava giovani sulle spiagge. Quell’estate, invece, il mare pur
vicino era inaccessibile: e il corpo non aveva più diritto alle sue gioie.
Vino
Si beveva
molto, in effetti. Dopoché un caffè ebbe esposto il cartello «Il buon vino
uccide i microbi» si rafforzò nell’opinione pubblica l’idea, già diffusa fra la
gente, che l’alcool preservi dalle malattie infettive.
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