Lo scorso marzo, ho ricevuto una telefonata da
Pozzallo. Era don
Michele, parroco di Santa Maria di Portosalvo. Mi invitava nel comune in provincia
di Ragusa perché la parrocchia aveva deciso di assegnare a me La palma della pace – Giorgio La Pira. Ho messo subito
le mani avanti, ricordandogli che da tempo ho fatto la scelta di non accettare
premi di sorta, ma don Michele ha insistito che andassi anche per sostenere ciò
che la comunità sta facendo in termini di accoglienza dei migranti.
Don Michele
e il suo vice don Paolo non hanno voluto sentir ragioni e così sono andato il
25 marzo, domenica delle Palme. Ancorata in porto, la nave Open Armsdella ong spagnola
ProActiva, approdata il 12 marzo e posta sotto sequestro dalla procura di
Catania per favoreggiamento dell’immigrazione.
Nel suo ultimo intervento, Open Arms ha salvato più
di duecento migranti tra cui un ragazzo eritreo di ventidue anni, malnutrito da
mesi e affetto da tubercolosi. Pesava trentacinque chili ed è morto il giorno
dopo lo sbarco. Roberto
Ammatuna, sindaco di Pozzallo e primario del pronto soccorso dell’ospedale
Maggiore di Modica, ha detto:
«Quando l’ho visto, mi sono venute in mente le immagini delle persone
scheletrite trovate nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1945».
Durante l’incontro, i due preti impegnati sul
versante migranti mi hanno raccontato le vicende della comunità. Ho sentito nelle loro parole una
passione che mi ha molto colpito. Dal
2016, il paese ha accolto almeno ventimila migranti. Don Michele ha ospitato
per mesi oltre quattrocento minori.
La sera,
nella chiesa di Santa Maria di Portosalvo, c’è stata la solenne celebrazione
delle Palme, presieduta dal vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò. Il
vescovo mi ha invitato a tenere l’omelia; mi sono riferito alle splendide
parole che i vangeli dedicano alla Passione per spiegare la mia passione per i
poveri.
Dopo la
messa, in un breve intervento, ho portato la solidarietà alla comunità
cristiana, ai sacerdoti e a tutti coloro che stanno facendo giorno dopo giorno
un lavoro straordinario. Ho ribadito la mia indignazione per quanto accaduto ai
volontari della nave Open Arms: è sconcertante e assurdo che chi salva vite
umane finisca sotto inchiesta.
Ho
ringraziato la gente e il sindaco. E ho augurato a Pozzallo di continuare a
essere città di accoglienza. La capacità di essere aperti è fondamentale. In questo momento storico chi fa
accoglienza è discriminato in Italia e in Europa. Europa che deve
cambiare se non vuole naufragare come patria dei diritti.
Quella che
arriva dai cittadini di Pozzallo è davvero una richiesta di solidarietà e di
attenzione. Perché si sentono un po’ messi da parte e perché la situazione non
è facile: hanno addosso forti pressioni e hanno
bisogno di sentirsi sostenuti e incoraggiati.
Certo, siamo
di fronte a una comunità solida. Basti pensare che è partita una staffetta di digiuno per contestare
la decisione della procura di sequestrare la nave. E poi, in queste
settimane, cinquanta persone della diocesi di Noto andranno a Butembo nella
regione del Nord Kivu (Repubblica democratica del Congo)
per portare solidarietà a chi vive in una situazione di conflitto.
Sì, quello
di Pozzallo è stato un incontro che mi ha fatto bene.
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