cominciamo dai
totem, e precisamente dal totem più in voga nelle cronache di questi giorni, il
“curriculum vitae”; mentre il curriculum mortis ha una sua solennità,
trattandosi dell’epitaffio scolpito da altri sulla pietra tombale di un
trapassato, anche con risultati poetici gravidi di verità come nell’antologia
di spoon river, il curriculum vitae è quanto di più sciocco e falso il cammino
della civiltà abbia potuto inventare,
trattandosi del ritratto che un individuo dipinge sulla mitizzazione di se
stesso, con risultati comici quale quello offerto in ultimo dal premier in
pectore del governo italiano;
la redazione del proprio c.v. prende forma in un gioco di specchi, lo
specchio del committente nel quale sono inscritti i protocolli che egli ha
selezionato come “oggettivamente” importanti e lo specchio dell’offerente nel
quale tu selezioni gli elementi della tua figura sociale che ritieni
“oggettivamente” corrispondenti a quei protocolli; la presunzione che in tal
modo la domanda e l’offerta vadano oggettivamente a combaciare va quindi a
fondarsi, in realtà, su una mutua specularità di millanterie, per es. l’alta
professionalità dello sportello di un call center o di un ufficio di consulenza
bancaria e l’alta professionalità di te operatore nel dipingerne la merce al
cliente; ovvero l’alto prestigio della carica di ministro o addirittura di
premier e l’incarnazione di tale compito nella laurea della ministra valeria
fedeli o nei master del premier giuseppe conte, il primo capo di governo della
storia dotato di certificato di garanzia secondo gli standard di un
elettrodomestico;
poiché le innovazioni sociali caratterizzate da monumentale stupidità
necessitano di una vera e propria pseudopedagogia, il rito di iniziazione al
totem del c.v. è stato introdotto nella scuola italiana sugli indirizzi del
ministero di luigi berlinguer, e precisamente col pittoresco protocollo dei
“crediti formativi”; quanto sia improbo ponderare certificazioni quali
insegnamento di catechismo, iscrizione ai giovani comunisti, partecipazione al
comitato della festa di santa cordelia, e non poter considerare l’affanno di
compagni di banco che devono aiutare il babbo nella mungitura o la mamma nel
tenere i fratellini è evidente a ogni istituzione dotata di senno, meno che ai
protocolli di valutazione scolastica; l’altra faccia del portafoglio comprende
ovviamente il protocollo dei debiti, e qui la giungla dell’oggettività è
comparabile a quella delle bollette delle’enel o dei tassi sui mutui e sui
debiti bancari;
passiamo ora al più potente di tutti i totem, quello della statistica,
limitandoci al sacro tabernacolo della “media”; con la media statistica si può
individuare l’aspettativa media di vita, e di conseguenza si può calcolare
l’età ottimale per il pensionamento nonché l’importo medio della pensione; si
può calcolare il reddito procapite, quindi la quota virtuale di debito pubblico
in capo a ogni cittadino, quindi il pareggio di bilancio, quindi i parametri,
le procedure di infrazione, lo spread, il rating spazzatura ecc.; la media
statistica, m.s., cioè quella cosa per cui se io mangio quattro polli e tu zero
in realtà ne abbiamo mangiato due per ciascuno, è il mistero della
transustanziazione grazie al quale l’ineguaglianza appare come uguaglianza,
l’ingiustizia diventa giustizia ed la criminocrazia diventa meritocrazia: si
dice di gesù che trasformò l’acqua in vino e che una volta fece comparire pesci
e pane in una scampagnata, ma nemmeno lui riuscirebbe a fare i miracoli di cui
è capace l’oggettività della “media statistica”;
la scuola italiana, in quanto vorrebbe poter impostare definitivamente il
“curriculum scolastico” su un protocollo di debiti e crediti, da oltre
vent’anni è diventata quel luogo di neolingua, di bispensiero e di coreografie
multimediali cui manca solo la videosorveglianza per un sistema orwelliano
perfetto; poiché l’atto rituale simbolicamente più importante è l’ “esame
finale”, e dentro questo la “prima prova”, questa prima prova che in realtà è
lo svolgimento di un tema è blindata da un tabù, il tabù della soggettività; in
tutte le varianti rituali consentite, saggio breve, articolo di giornale,
analisi del testo letterario, esplicazione di vicende storiche o di scoperte
scientifiche, il totem dell’oggettività comporta il tabù della soggettività;
naturalmente gli argomenti proposti sono selezionati per la loro freddezza o
per la loro distanza: mai che essi possano richiamare la tua soggettiva
situazione di felicità o di angoscia, l’ansia per una persona cara,
l’evocazione della morte, la precarietà della vita familiare, la contraddizione
interna al vivere così, l’immedesimazione nel verso di una poesia, la rabbia
per i soprusi, la desolazione per l’inumanità, l’incertezza, la possibilità,
l’immaginazione: niente di tutto questo, l’oggettività è l’essere perfettissimo
creatore e signore del web globale e della sua spiritualità; in nome di questo
onnipotente si sono imposti i suoi idoli, i suoi p.o.f., le sue l.i.m., i suoi
smart, web, net, coach, ed altri assurde santificazioni monosillabiche, e si è
imposta la trasmutazione dei docenti delle discipline in diaconi
dell’impostura;
se dite amen, l’oggettività trionfa e voi siete morti; se dite vaffanculo
l’oggettività si dissolve nel suo falso, e voi siete risorti
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