Le regole
sono state fissate, e il gioco è diventato noiosamente prevedibile.
Durante la
notte – di solito tra il giovedì e il sabato – una persona bianca di una certa
notorietà che tante altre persone, bianche e nere, consideravano un essere
umano abbastanza per bene, all’improvviso perde completamente il controllo.
Nascosto
dietro un’identità nemmeno troppo fittizia, e di solito sotto l’effetto di
qualche sostanza inebriante, lui o lei pubblica su Facebook, Twitter o un’altra
piattaforma digitale una serie di affermazioni stupide, vergognose e
sconclusionate, la maggior parte delle quali è tratta in maniera quasi
letterale da alcuni dei più espliciti e osceni dizionari del razzismo
coloniale.
L’uscire
allo scoperto di questi razzisti celati prende spesso la forma di un esercizio
di volgarità, che comporta il lanciare improperi nei confronti dei sud-africani
o degli africani neri, la cui umanità viene messa in discussione e, come nel
passato recente, profondamente svilita.
Questa forma
nano-tecno-digitale di linciaggio, spesso indiscriminato, di solito viene
seguita da una serie di manifestazioni di furiosa indignazione.
Il polverone
in genere si placa dopo che al razzista fino a quel momento celato è stata
estorta una riluttante richiesta di scuse.
Ma, nel
profondo, tanto il presunto colpevole quanto i suoi accusatori sanno bene che
si tratta di un gesto palesemente ipocrita e inautentico.
E si va
avanti così, almeno fino al prossimo round, quando verrà di nuovo intonato il
ritornello che solleverà in risposta la stessa tempesta e la stessa ipocrisia.
Che basti
così poco per calmare rapidamente gli animi su un tema fondamentale quanto il
razzismo può significare solo una di queste due cose: o il Sud Africa non si
aspetta molto da se stesso, oppure è a tal punto infarcito di malafede da
raccontare a se stesso menzogne a cui né i suoi cittadini né il resto del mondo
possono continuare a credere.
Come si
spiega altrimenti il fatto che ogni volta sembri prevalere lo stesso invito a
lasciare correre? Forse non abbiamo sconfitto il razzismo – ci viene detto – ma
almeno, a differenza di altre società, ne discutiamo apertamente.
Un’affermazione
tanto negativa di solito viene seguita dall’appello a presenziare a un
dibattito, come se un’altra di queste vetrine in cui si tengono discorsetti
senza fine che apportano solo ulteriore malafede potesse arginare la marea di
razzismo che sta montando all’interno del paese.
Mentre sotto
Thabo Mbeki il razzismo contro i neri era stato costretto a ritirarsi nella
sfera privata, gli anni di Jacob Zuma lo hanno visto riemergere in maniera
prepotente nella sfera pubblica.
Davanti allo
scenario di una venalità, un clientelismo e un’incompetenza assoluti, i
razzisti di tutte le risme hanno ripreso coraggio.
Opportunamente
sorvolando su decenni di crudeltà e malgoverno, adesso sostengono che le cose,
sotto l’apartheid, andavano meglio.
Da quando i
neri hanno preso le redini del governo, proseguono, il paese viaggia sulla
strada di una conclamata cleptocrazia.
Secondo la
brigata razzista, Zuma e i suoi compari hanno riscattato i bianchi da qualsiasi
senso di colpa, vergogna o responsabilità.
A torto o a
ragione, Zuma in particolare sembra confermare i peggiori stereotipi che il Sud
Africa razzista ha sempre alimentato nei confronti dei neri e dei loro costumi.
A questo
punto, per recuperare il terreno perso, ci sono alcune cose che vanno fatte con
la massima urgenza.
La fine
dell’apartheid non mette fine al razzismo contro i neri. Questo razzismo non è
né casuale né episodico. È strutturale, culturale e sistemico.
Solo un
attacco prolungato e altrettanto sistemico può sconfiggerlo.
Questo
attacco deve iniziare con la ricostituzione di un capitale intellettuale senza
il quale difficilmente potremo fare qualcosa contro le trasformazioni del
razzismo in atto sul piano sia locale sia globale.
Servono più
istituzioni e programmi dedicati alla ricerca applicata al trasformarsi delle
questioni legate alla razza e al razzismo nel Sud Africa contemporaneo.
Negli ultimi
ventidue anni, sui temi legati alla lotta contro il razzismo, il governo ha
adottato un atteggiamento improntato al laissez faire.
È venuto il
momento di organizzare una campagna nazionale dedicata esclusivamente a
monitorare gli atti di razzismo, riferire gli eventi di natura razzista e, dove
necessario, assicurare che nei confronti dei più eclatanti tra questi si
proceda per via legale in modo sistematico.
Per essere
pienamente efficace, un’organizzazione di questo genere deve disporre di un
fondo legale.
E deve
mirare a sollevare contro il razzismo un vasto movimento sociale che riunisca i
sindacati, le imprese, le chiese, le università, gli artisti e la società
civile in generale.
È anche il
momento di rimpolpare la legislazione esistente e introdurre, dove necessario,
nuove leggi per combattere il razzismo.
Se
l’apartheid era un crimine contro l’umanità, ogni apologia dell’apartheid – di
qualsiasi tipo – dovrebbe a sua volta essere criminalizzata.
Il razzismo
online rappresenta una delle forme di estremismo più insidiose per il Sud
Africa contemporaneo. Come possiamo stroncare i discorsi improntati all’odio
diffusi online senza limitare la libertà di parola?
Finché i rapporti
di proprietà privata e le relazioni finanziarie rimangono distorti e i livelli
di disuguaglianza continuano ad aumentare non faremo molti passi avanti nella
direzione di una società libera dal razzismo.
Possiamo
derazzializzare i rapporti di proprietà privata senza provocare la collera
delle classi capitaliste transnazionali?
I muri
ufficiali della segregazione saranno anche caduti, ma la spinta a rinchiudersi
in enclavi non è mai stata così forte come oggi.
Per
abbattere i muri dell’ignoranza e dell’indifferenza, soprattutto fra le nuove
generazioni, c’è disperatamente bisogno di una politica giovanile orientata al
futuro, non di parte, che privilegi le attività extrascolastiche e promuova le
amicizie interrazziali.
In tutto il
paese sono in atto un’infinità di esperimenti per costruire ponti tra persone
di colore diverso. Bisognerebbe dare loro maggiore riconoscimento nella sfera
pubblica.
È il momento
di alzare drasticamente il costo dell’essere razzisti in Sud Africa.
Per
raggiungere questo obiettivo, dobbiamo creare un ambiente in cui essere
razzisti significhi mettere a repentaglio il proprio patrimonio, la
reputazione, il prestigio professionale, le amicizie e le connessioni
internazionali.
Dobbiamo
rendere l’esistenza dei razzisti che vivono fra noi così difficile da non
lasciare loro altra scelta, a parte raccogliere le proprie cose e partire.
(Traduzione
di Caterina Grimaldi)
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