Se in Europa sembra superato e demodé (anche se
sarebbe il caso tornasse “di moda” e si facesse sentire) il femminismo in Africa è più
che mai vivo e dinamico. E non segue certo orme antiche lasciate in Occidente o
dall’Occidente, ma è dotato di proprie caratteristiche intrinseche, di scelte
di lotta personalissime e originali.
In ambienti dove regna il patriarcato, dove certe
pratiche sono ancora pressanti (i matrimoni precoci, per dirne una, che spesso
sono una “soluzione” alla povertà di mezzi e di educazione della donna), e dove
una società conservatrice si affida all’oscurantismo religioso per tenere sotto
controllo le donne (Dio è maschio, in iconografie ed espressioni) il femminismo
diventa un’arma di lotta da tenere in pugno
quotidianamente. E questo varrebbe anche per il resto del mondo. Perché
la discriminazione di genere è forse l’unico elemento che unisce il genere
femminile ad ogni latitudine.
L’Africa in questa
lotta sembra oggi correre in avanti e mostrare che non c’è da stare
sedute su presunte conquiste – sempre in bilico, in realtà. E corre con lo
strumento che consente oggi una condivisione aggregante e veloce, il web.
Negli ultimi anni sono nati blog, collettivi, siti di
informazione e accademici che svelano l’universo femminile – e femminista –
africano. Navigare attraverso questi siti permette – a chi voglia approfondire
– una comprensione più ampia dei fenomeni sociali africani. Come scriveva Minna Salami qualche tempo
fa, le femministe africane stanno usando Internet per cambiare la vita delle donne.
Proprio lei, Minna – un mix di Nigeria, Finlandia e Svezia – con l’ormai
celebre MSAfropolitan scandaglia storie e situazioni
– in Africa e nel mondo – per presentarne una lettura critica e una riflessione
al femminile.
Ma che cos’è il femminismo africano?
L’exursus storico – offerto nell’articolo della Salami – che porta a conoscere
le donne che lottarono per i propri diritti e contro il patriarcato in epoca
pre coloniale, coloniale e poi via via verso i nostri giorni, con le battaglie
della millennial generation, aiuta a farci un quadro di
un’evoluzione che non ha mai avuto bisogno di “copiare” quanto stava avvenendo
in Europa o Nord America.
Uno dei momenti più significati per le femministe
africane fu l’elaborazione della Charter of Feminist Principles for African Feminists nel
2006 quando ad Accra si riunirono donne attiviste provenienti da ogni parte del
continente. Nel documento veniva ribadito l'”impegno a smantellare il
patriarcato in Africa in tutte le sue manifestazioni ”
È nostro dovere difendere e far rispettare
i diritti di tutte le donne, senza differenze. Ci impegniamo
a proteggere l’eredità delle nostre antenate femministe che hanno
fatto sacrifici in modo che noi oggi possiamo godere di
maggiore autonomia.
Un “patto” che ha visto negli anni crescere l’adesione
e i contenuti. Anche grazie – come si diceva – alle possibilità offerte dalla
Rete.
Cominciamo citando il Forum delle
femministe africane dove è possibile mettersi in
contatto con le attiviste, venire a conoscenza di un evento o registrarne uno
proprio, leggere la storia delle femministe nere ante litteram.
Nell’ambito dei blog spicca African
Feminism, uno spazio panafricano che “esplora i femminismi africani attraverso esperienze di vita“.
Un progetto di scrittura aperto a molte donne/scrittrici il cui obiettivo è
sfidare gli stereotipi basati sul genere in qualunque ambito del quotidiano. Un
progetto aperto che raccoglie testimonianze, riflessioni, e anche inviti a
movimenti e campagne.
Ci sono poi spazi personali, che pur essendo
fortemente caratterizzati hanno un impatto su un pubblico femminile assai
ampio. È il caso di Rosebell Kagumire,
ugandese. Scrittrice, giornalista multimediale, attivista per i diritti umani,
Rosebell lavora a tutto raggio nell’osservare e analizzare la politica e
la società del suo Paese perché – come lei stessa afferma – “sono il prodotto delle moltitudini del mio Paese e sono il
prodotto del mio nemico“. Questo nemico, qualunque nome esso abbia,
va affrontato e battuto sul suo stesso campo. Il femminismo di Rosabell sta nel
suo stesso percorso di giornalista e il suo blog è una
spina nel fianco di quelli che amano lo status quo.
Ce ne sono poi di provocatori che affrontano temi,
come la sessualità – anche quella spinta e sfrenata – che fanno tremare e
storcere il naso ai benpensanti. Adventures from the bedrooms of
african women(Avventure dai letti delle donne africane) è uno di
questi. Nato nel 2009, il fatto che ancora produca articoli e contributi in un
panorama online in cui siti e blog tendono a nascere e morire in tutta fretta,
dimostra il forte interesse che c’è sul tema . “Si tratta di uno spazio –
si legge nella presentazione – per donne africane che vogliono
condividere le loro esperienze sul sesso e sulle nostre differenti sessualità“.
Il tipo di argomenti così come foto e immagini non lasciano dubbi: lo spazio è
libero e senza censure. E argomenti come l’omosessualità e l’educazione
sessuale sono “ovvi” e ampiamente trattati.
Del resto, spesso il femminismo si lega alle rivendicazioni della propria sessualità
e affettività. Sia essa eterosessuale o omosessuale. Molto attivo in
Ghana è il gruppo Drama Queens, che in un contesto difficile ma in cui si
intravedono le prime aperture, organizza eventi per sostenere la lotta della
comunità LGBTI. Tra loro molte sono anche attiviste del movimento femminista.
La battaglia contro le discriminazioni e l’ignoranza è
una battaglia che investe le donne africane, quelle della diaspora e persino
molti uomini. L’Africa pre coloniale – dicono non solo le femministe – era
molto più aperta, tollerante, giusta. Il patriarcato e la sottomissione della
donna furono il risultato di regole sociali e credenze religiose (quella
giudaico-cristiana) imposte. Non ci addentriamo su questo punto (gli studi sono
numerosi), segnaliamo solo che ci sono iniziative che spingono a riflettere e interrogarsi sul
ruolo e la funzione di unmatriarcato da
riconsolidare come la strada per cambiare la società.
Per tornare agli spazi in Rete riservati allo studio e
all’approfondimento della questione di genere in Africa, molti sono i siti nati
da esperienze accademiche che forniscono una messe di materiale prezioso per la
conoscenza. Uno di questi è l’African Gender Institute che ha recentemente
pubblicato Feminist
Africa.
Un altro è Feminism in
Africa. E qui – come si dice – si apre un mondo.
Bibliografia, filmografia e link raggruppati anche per
Paese. Non aggiornatissimo ma con una serie numerosa di contenuti
interessanti. Altro sito da tenere sotto osservazione è il nuovo The wide
margin, collezione di saggi su questioni economiche, politiche,
sociali e culturali “esaminati attraverso una visione femminista“.
Fondato da Varyanne Sika, Università di
Nairobi, ha finora pubblicato due saggi che non bisogna perdersi: Feminist while African (7 contributi più
l’editoriale) e The black african body (9
contributi più l’editoriale).
Le uscite contengono questa premessa:
L’ampio margine è per le femministe africane e scritto
da femministe africane. Uno spazio su Internet, vasto com’è, va bene come qualsiasi
altro, per essere rivendicato e riempito dei nostri femminismi. Noi
scriviamo e leggiamo il femminismo africano. Dobbiamo
farlo.
I femminismi
africani stanno già facendo scuola. Qualche settimana fa la
scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi
Adiche in un evento pubblico a New York ha liberamente chiesto
a Hillary Clinton come mai nel
suo account Twitter si presentasse come mamma, moglie, nonna ma niente
del genere era nella bio dell’account del marito. La Clinton si è convinta – anche se a malincuore – e ora
le definizioni di mamma, moglie e nonna vengono dopo la carriera politica.
Tornando alla Rete e al mondo in cui sta aiutando le
femministe africane e della diaspora a “conquistare spazi”, il problema rimane
quello dell’accesso a Internet. Nell’Africa
sub-sahariana bisogna fare i conti anche con il gap
di genere nell’accesso alla Rete. In qualche caso la forbice tra
ragazzi e ragazze che hanno la possibilità di usare Internet è pari al 40%.
Secondo la World Wide Web Foundation e il suo Report sui diritti
delle donne nell’uso della Rete, queste hanno la metà degli skills e della possibilità di accesso a Internet e
incontrano nella loro crescita e nel loro percorso educativo atteggiamenti
patriarcali e discriminatori.
Con il tempo, probabilmente, questo gap si ridurrà,
intanto valgono le parole di Audre
Lorde, poeta, scrittrice, femminista americana di origini caraibiche:
Scrivo
per quelle donne che non parlano, per coloro che non hanno voce perché sono
state così tanto terrorizzate, perché ci viene insegnato a rispettare la paura
più che noi stesse. Ci è stato insegnato che il silenzio ci salverebbe, ma non lo
farà.
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