immaginando che possa esistere un termometro della repulsione razziale non
sarebbe azzardata oggi l’ipotesi che una parte chiassosa del cosiddetto popolo
sardo, proprio lui, possa ormai battere tutte le classifiche repulsive sulla
piazza: eppure, stando ai fatti (“i fatti”) le coste sarde sono le meno battute
da scafi e gommoni; la percentuale regionale sarda dei comuni résisi
disponibili all’accoglienza è l’ultima fra quelle di tutte le regioni italiane;
inoltre in sardegna non esiste un partito politico che istighi al respingimento
di migranti, come è per es. la lega nelle regioni settentrionali; e che
provveda a strutturare questo sentimento di ostilità brutale; e per pura
comparazione le coste del più povero sud (sicilia e calabria) non hanno mai
registrato assembramenti di folle ostili all’eventualità di approdo di una nave
con migranti a bordo, nonostante esse siano teatro quotidiano di approdi ormai
senza numero;
se l’onda xenofoba italiana ed europea ha colto tutti di sorpresa, tanto da
avere sbriciolato di fatto le grandi correnti politiche uscite dalla seconda
guerra mondiale, la sbornia xenofoba sarda lascia senza parole per la sua
faciloneria e la sua bruttezza: per il suo carattere di ripetizione senza
coscienza, dove si vale nella misura in cui si ripete l’ululato, che poi è solo
l’amplificazione dei guaiti echeggianti gli umori del padrone;
all’interno di questo osceno quadretto ecco qua la barzelletta degli
indipendentisti razziali con le loro dichiarazioni di guerra o semplicemente di
disprezzo, per una volta felici di poter essere apprezzati come ventriloqui del
razzismo di scuola; e a loro volta sorpresi del fatto che le ragioni
“politiche” dell’indipendentismo sardo, come di ogni indipendentismo sano di
mente e di cuore, sono esattamente opposte a queste logiche di branco e ne
comportano l’ assoluto ripudio;
questa situazione va oltre il sintomo febbrile determinato da salvini e
dalla nave aquarius: essa indica in sardegna direttamente la malattia; la
malattia consiste nella permeabilità crescente del senso comune e del legame
sociale collettivo ad appelli di chiusura e di rivalsa violenta contro un
invasore inesistente; è il quadro di una società che quanto più è sfibrata nel
suo tessuto (spopolamento, denatalità, sottoocupazione, regresso economico)
tanto più si aggrappa ai suoi filamenti identitari più deteriori;
l’archetipo antropologico sardo della giustizia (deve piangere il
colpevole, non deve piangere l’innocente) altrimenti noto come codice della
vendetta ma insieme come codice della pacificazione e come codice
dell’ospitalità, comportava sempre il suo riferimento all’individuo: nemico,
pacificatore o ospite che fosse, ma riconosciuto nella sua piena indiscutibile
individualità; non era un codice facile e poteva essere crudele; ma questo
decadimento attuale non ha niente a che fare con quello: questa è la brutta
copia per colonizzati dell’osceno copione dei colonizzatori;
è chiaro che qui si è ormai aperto ben di più che quel mitico solco della
memoria sardista: si è aperto un abisso; di qui si rende necessario parlare
alla società sarda senza ambiguità e senza miscele polifoniche; come ho letto
poco fa da qualche parte tra le inquietudini dei nostri bravi compagni, il
nostro valore costitutivo è l’umanità.
fa qui
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