La Fundação
Nacional do Índio (Funai) ha confermato la morte, il 23 luglio, del cacique
Emyra Wajãpi, torturato e assassinato vicino al villaggio di Mariry, dopo
l’invasione da parte di un gruppo di garimpeiros (cercatori d’oro abusivi)
della Terra Indígena Wajãpi (TIW), nello Stato Brasiliano settentrionale
dell’Amapá, al confine colla Guyana Francese.
Cosa è
successo lo spiega Conselho das Aldeias Wajãpi che fa parte
dell’Articulação dos Povos e Organizações Indígenas do Amapá e Norte do Pará
(Apina): «Lunedì 22 luglio, nel tardo pomeriggio, il capo Emyra Wajãpi è
stato ucciso in modo violento nella regione del suo villaggio di Waseity,
vicino al villaggio di Mariry. La morte non ha avuto nessun testimone ed è
stata notata e la sua notizia è stata diffusa in tutti i villaggi solo la
mattina successiva (martedì 23). Nei giorni seguenti, i parenti hanno esaminato
il sito e hanno trovato tracce e altri segni del fatto che la morte era stata
causata da persone non indios provenienti dall’esterno della Terra Indigena.
Venerdì 26, i Wajãpi del villaggio di Yvytoto, nella stessa regione, hanno
trovato un gruppo di non indios armati alla periferia del villaggio e hanno
trasmesso l’allarme via radio gli altri villaggi. Di notte, gli invasori sono
entrati nel villaggio e si sono stabiliti in una delle case, minacciando gli
abitanti del villaggio. Il giorno successivo, i residenti di Yvytotõ sono
fuggiti per la paura in un altro villaggio della stessa regione (villaggio dei
Mariry). La del 26 abbiamo informato Funai e il MPF (Ministério Público
Federal ndr) dell’invasione e abbiamo chiesto alla PF (Policia
Federal, ndr) di attivarsi. All’alba da venerdì a sabato, i
residenti del villaggio di Karapijuty hanno visto un invasore vicino al loro
villaggio. Sabato 27 abbiamo iniziato a diffondere la notizia ai nostri alleati
nel tentativo di accelerare l’arrivo della polizia federale. Un gruppo di
guerrieri Wajãpi di altre regioni della Terra indigena si è recato ella regione
del Mariry per sostenere gli abitanti fino all’arrivo della polizia federale.
Il 27 pomeriggio, i rappresentanti di Funai sono arrivati nella TIW e sono
andati nel villaggio di Jakare per intervistare i parenti del capo morto che
erano andati lì. I rappresentanti Funai sono tornati a Macapá per convocare la
polizia federale. I guerrieri Wajãpi hanno fatto la guardia vicino alla
posizione degli invasori e nei villaggi mentre uscivano dalla Terra Indigena.
Di notte, si sono uditi degli spari nella zona del villaggio di Jakare vicino
alla BR 210, dove non c’erano Wajãpi. Il 28 mattina un gruppo di poliziotti
federali e del BOPE ((Batalhão de Operações Policiais Especiais, ndr) è arrivato nella a TIW e si è diretto verso la
scena del crimine per arrestare gli invasori».
Secondo
alcune testimonianze, decine di garimpeiros sono entrati nella riserva protetta
del popolo Wajãpi proprio per catturare e torturare il loro cacique. Con
una nota la
Coordenação das Organizações Indígenas da Amazônia Brasileira (Coiab) e le sue
organizzazioni di base a livello statale, regionale e locale, in
particolare l’Apina, esprimono pubblicamente «Piena solidarietà e sostegno agli
indigeni Waiãpi, visti i recenti eventi di invasione del loro territorio da parte
dei garimpeiros, esprimendo al contempo il nostro profondo e a e veemente
ripudio verso questo tipo di azione, che è stata particolarmente incoraggiata
dalle posizioni intransigenti, irresponsabili, autoritarie, preconcette,
arroganti e irrispettose dell’attuale governo, in particolare del Presidente
della Repubblica, soprattutto verso i diritti territoriali già garantiti nelle
terre indigene completamente demarcate regolarizzate alla luce della
Costituzione federale del 1988 e che questo governo ha costantemente cercato di
rottamare».
Un omicidio
efferato che ha fatto indignare anche l’Alto commissario per i diritti umani
dell’Onu, l’ex presidente socialista del Cile Michelle Bachelet, che ha
sottolineato: «L’assassinio di Emrya Wajãpi, capo del popolo autoctono Wajãpi,
è tragico e condannabile in sé. Ma l’assassinio del cacique Wajãpi è un sintomo
inquietante del problema dell’invasione delle terre autoctone – in particolare
le foreste – da parte di minatori, dei taglialegna e degli agricoltori del
Brasile».
La Bachelet
tira in causa direttamente il presidente neofascista brasiliano Jair Bolsonaro:
«La politica proposta dal governo brasiliano per aprire ancora di più delle
aree dell’Amazzonia allo sfruttamento minerario potrebbe provocare degli
incidenti violenti, delle intimidazioni e omicidi simili a quelli inflitti al
popolo Wajãpi la settimana scorsa. E’ essenziale che le autorità reagiscano
rapidamente ed efficacemente per indagare su questo incidente e tradurre di
fronte alla giustizia tutti i presunti responsabili, in piena conformità con la
legge. Inoltre, devono essere prese delle misure efficaci per salvare la vita e
l’integrità fisica dei Wajãpi, in particolare per la protezione del loro
territorio da parte delle autorità».
L’Onu
ribadisce che «La protezione dei popoli autoctoni e della terra sulla quale
vivono rimane una questione importante, non solo per il Brasile ma per tutto il
mondo» e la Bachelet aggiunge: «Benché siano stati realizzati dei progressi in
questi ultimi anni, abbiamo ugualmente constatato una debole applicazione delle
leggi e delle politiche esistenti e, in alcuni casi, lo smantellamento dei
quadri istituzionali ambientali e autoctoni esistenti, questo sembra essere
adesso il caso del Brasile».
Per questo
l’Alto responsabile per i diritti umani dell’Onu ha esortato il governo di
destra di Brasilia a «prendere delle misure decisive per mettere fine
all’invasione dei territori autoctoni e garantire l’esercizio pacifico da parte
dei popoli autoctoni dei loro diritti collettivi sulle loro terre. Quando I
popoli autoctoni vengono espulsi dalle loro terre, non si tratta unicamente di
un problema economico. Come indica chiaramente la Dichiarazione delle Nazioni
Unite sui diritti dei popoli autoctoni, questo riguarda il loro modo di vivere.
Chiedo al governo brasiliano di rivedere la sua politica riguardo ai popoli
autoctoni, per fare in modo che la morte di Emrya Wajãpi non annunci una nuova
ondata di violenza mirante a terrorizzare le popolazioni nelle loro terre
ancestrali e a permettere la distruzione della foresta tropicale».
La Bachelet
ha concluso ricordando, «le conseguenze scientificamente provate della
distruzione dell’Amazzonia sull’esacerbazione del cambiamento climatico».
da qui
Nessun commento:
Posta un commento