sabato 13 luglio 2019

Libia e Iran, l’irresistibile leggerezza dei media: Alberto Negri arrabbiato - Alberto Negri



Assaggio. Perché l’Italia non ci becca mai in politica estera
Il motivo è semplice: vengono accreditati come esperti persone mai viste da nessuna parte in 30 e passa anni di guerre. Ma come fanno a conoscere i posti, cosa pensa la gente, l’indole degli abitanti? Mistero. E i politici, di solito sprovveduti mai stati oltre i confini nazionali, gli danno pure retta, senza nemmeno leggere i rapporti degli ambasciatori, relegando la Farnesina a una scatola vuota guidata da un ectoplasma. I modesti risultati, Libia compresa, li vedono tutti.

Inganno e memoria labile
L’irresistibile leggerezza dei media. Alla fine la gente ci crede pure che sia l’Iran ad avere violato l’accordo sul nucleare del 2015. Come ripetono ogni giorno tv e giornali in un bombardamento mediatico pari a quello che investe la tragedia libica dei migranti con affermazioni tendenziose. Teheran ha violato ora l’intesa in maniera quasi simbolica -dopo anni in cui 15 rapporti dell’Aiea ne hanno confermato la piena adesione- per lanciare un avvertimento all’Europa che lascia colpevolmente nelle mani di Trump le chiavi della pace e della guerra.

L’insostenibile leggerezza dei media
L’insostenibile leggerezza dei media è inaccettabile. L’Iran minaccia di uscire dell’accordo sul nucleare: questo è il ritornello. È stato Donald Trump non solo a rendere carta straccia l’accordo ma anche ad applicare sanzioni all’Europa e a tutti coloro che commerciano con Teheran.
All’Iran hanno fatto la guerra nel 1980 (un milione di morti) e quando nel 2014 è comparso l’Isis a combattere i jihadisti in Siria e Iraq c’erano gli iraniani (e i curdi) non gli americani e gli europei che con le monarchie del Golfo usavano gli estremisti contro Assad. Chi ha fatto gli attentati in Europa? Non gli iraniani ma i jihadisti ispirati dall’ideologia retrograda degli alleati dell’Occidente.
E ora per coprire questi fallimenti e tenere in piedi le monarchie del Golfo e Israele bisogna fare la guerra all’Iran. Ecco chi ci minaccia davvero: le bufale dell’informazione manipolata. Se ne sono accorti anche i maggiori giornali americani, non i nostri.
«Vista la politica americana degli ultimi decenni i leader iraniani sono stati matti a non sviluppare un armamento nucleare come deterrenza», scrive sul New York Times John Mearsheimer, professore di scienze politiche all’Università di Chicago, conosciuto per un saggio sulla lobby israeliana negli Stati uniti e per un altro dedicato alla grande illusione del liberismo.
In realtà oggi Trump e il suo cerchio magico, il segretario di Stato Pompeo e quello alla sicurezza Bolton, stanno minacciando l’esistenza stessa dell’Iran come stato sovrano, scrive Mearsheimer. Mentre lo strangolano economicamente e impongono a tutto il mondo le sanzioni contro Teheran, i bravi ragazzi della Casa Bianca si vantano di negoziare con la Corea del Nord e Trump, attraversando il confine del 38° parallelo, non ha fatto altro che legittimare l’arsenale atomico di Kim Jong-un. Una mossa che serve a un’altra legittimazione: quella per l’Arabia saudita del principe assassino Mohammed bin Salman di possedere la sua atomica, un arsenale limitato ma di “prestigio” da far convivere accanto alle testate di Israele. È lo schema di “pace” cui vogliono arrivare gli Stati uniti: un terrore generalizzato sui cui regnare sovrani.

In fondo alla scala i sovranisti italiani
In fondo alla scala, ultime ruote del carro, vengono i sovranisti italiani, cittadini di un protettorato americano che promette di durare all’infinito. Sono i più beceri di tutti perché si stanno allineando sulle posizioni Usa contro l’Iran dopo che Teheran aveva promesso nel 2015, 30 miliardi di euro di commesse all’Italia. L’idea è che gli Stati uniti di Trump li sosterranno in Europa se schiereremo le navi militari a «difesa» dei porti. Anche se tutti ritengono assai improbabile che affonderemo gommoni di migranti e navi delle Ong. I nostri militari non sono così stupidi.
Paghiamo però pesantemente il prezzo dei nostri errori. Ma i nostri media fanno finta di ignorarli. All’errore di non dissociarsi dal bombardamento contro Gheddafi nel 2011 ne abbiamo aggiunto un altro ancora più esiziale. Abbiamo concesso le nostre basi a francesi, inglesi e americani e poi ci siamo uniti ai raid. Bombardavamo il nostro maggiore alleato, sperando forse che gli altri, come accadde già nei Balcani nel ’99, non se ne accorgessero: stavamo andando incontro alla peggiore sconfitta dalla seconda guerra mondiale con un altro storico tradimento. La decisione fu presa dal presidente Napolitano mentre il premier Berlusconi, allora indebolito e incerto, si affidò al Quirinale.
La guerra a Gheddafi ha avuto due conseguenze. La prima è che nessuno stato europeo e del Mediterraneo ha più creduto a una sola parola dell’Italia in politica estera: abbiamo perso ogni credibilità. E infatti ci hanno trattato a pesci in faccia, dalla Francia all’Egitto, agli Usa. La seconda conseguenza è stata che in sede internazionale non abbiamo potuto reclamare ad alta voce contro i responsabili della disgregazione della Libia. Mentre la Germania, dopo avere accolto un milione di profughi siriani, spingeva l’Europa a pagare Erdogan per tenersi 3 milioni di rifugiati, la Libia veniva lasciata nel caos.

Quindi abbiamo subito un altro contraccolpo. I nostri alleati hanno sostenuto il generale Haftar che si oppone al governo di Tripoli: un’altra fregatura perché di fatto l’Italia appoggia i Fratelli Musulmani che tutti osteggiano, tranne Turchia e Qatar. Altro che navi da guerra, è venuta l’ora di autoaffondarci nel Mediterraneo in un dignitoso silenzio dei politici e dei media.


Nessun commento:

Posta un commento