«Se Salvini volesse davvero combattere contro Bruxelles, come afferma,
dovrebbe spingere affinché il governo smetta di rimborsare i 360 miliardi di
euro di titoli italiani, detenuti dalla Bce. Mi potrà smentire, ma credo che
non lo farà, altrimenti entrerebbe in contraddizione con i banchieri italiani e
le istituzioni finanziarie che lo sostengono». Così lo storico e
politologo Eric Toussaint,
di Cadtm, rispondendo a una domanda sul contesto italiano, nell’ambito di un
incontro sul debito nella sede dell’agenzia Di.re.
Nel corso dell’evento di Roma è stato presentato il suo libro, Il Sistema, Storia del debito sovrano e del
suo ripudio (prefazione
di Marco Bersani, edizioni Bordeaux), così come a Taranto, Parma e Milano.
È stato messo in evidenza come il sistema del debito come strumento di dominazione sia l’architettura del capitalismo. Il braccio operativo è costituito da istituzioni come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, l’Organizzazione mondiale del commercio, che destabilizzano mercati e Stati, attraverso il ricatto del debito, imponendo politiche di ’salvataggio’ alle condizioni da loro stabilite. A farne le spese i popoli dei paesi più poveri, i quali, messi di fronte all’obbligo di restituire i debiti pregressi, cedono risorse, terre, prodotti. Le grandi multinazionali, col sostegno dei governi occidentali, monopolizzano le attività estrattive minerarie, impongono i loro prodotti, distruggono la piccola economia contadina, devastano i territori.
È stato messo in evidenza come il sistema del debito come strumento di dominazione sia l’architettura del capitalismo. Il braccio operativo è costituito da istituzioni come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, l’Organizzazione mondiale del commercio, che destabilizzano mercati e Stati, attraverso il ricatto del debito, imponendo politiche di ’salvataggio’ alle condizioni da loro stabilite. A farne le spese i popoli dei paesi più poveri, i quali, messi di fronte all’obbligo di restituire i debiti pregressi, cedono risorse, terre, prodotti. Le grandi multinazionali, col sostegno dei governi occidentali, monopolizzano le attività estrattive minerarie, impongono i loro prodotti, distruggono la piccola economia contadina, devastano i territori.
Anche le istituzioni europee, come Bce e Commissione europea, hanno
istituito dei dispositivi che costringono gli stessi Stati dell’euro-zona a
ricorrere al mercato speculativo per finanziarsi.
Il debito non è una calamità naturale, né l’effetto di una
spesa sociale troppo alta: la sua odiosità discende dalla sua composizione e
dagli effetti antipopolari che ne discendono.
Toussaint ha sostenuto che il
debito odioso può essere ripudiato, come hanno cercato di fare molti popoli e
governi nel corso della storia degli ultimi due secoli. «Affinché
un debito contratto da un governo regolare in un modo altrettanto regolare
possa essere considerato odioso occorre dimostrare che gli obiettivi, per i
quali i debiti furono contratti, fossero palesemente contrari agli interessi di
tutto o di una parte del territorio e che i creditori al momento dell’emissione
del prestito fossero al corrente della finalità odiosa».
Le cause del debito pubblico italiano sono: i salvataggi bancari (13,5 mld), i mancati introiti fiscali per effetto delle riduzioni di cui hanno beneficiato i redditi più alti (295
mld), le speculazioni finanziarie (467
mld solo negli anni 1992/207/2011)), gli interessi sul debito (dal 1992 al 2017 2.094 miliardi, di cui
1.299 a debito), elusione ed
evasione fiscale (mediamente 120 mld l’anno). Alla luce di questi
dati e delle altre spese, come ad esempio quelle per armamenti e grandi opere
inutili e dannose, può essere ripudiato il debito pubblico italiano?
Noi pensiamo di sì, a patto di saper costruire un vasto fronte di opposizione e di interconnessioni,
intrecciando le analisi e concentrando l’attacco alle condizioni di vita e di
lavoro. Per accogliere questa sfida dobbiamo considerare che, mentre oggi vi
sono molti linguaggi, ma un unico pensiero, noi dovremmo avere più espressioni
di pensiero ma un unico linguaggio, comune e di lotta, che si esprima
attraverso la costruzione di un’etica condivisa, con l’obiettivo di una vita
dignitosa per tutti i viventi del territorio, dentro un altro modello di
società.
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