Incontro con Frei Betto (*): Assisi, cittadella della Pro Civitate Christiana, il 16 maggio 2019
Incontrare Frei Betto è un’esperienza che ricollega a un filo che tiene insieme gli ultimi 50 anni di storia fra Sud America e Europa, fra Brasile e Italia. Ma soprattutto è partecipare a un’analisi della realtà fra le più lucide e importanti dell’ultimo secolo: a partire da quegli anni ’60 in cui iniziò la dittatura militare in Brasile (ne so ben poco, lo riconosco) che durò fino alla metà degli anni ’80.
Frei Betto, come ha ripetuto Luigino Ciotti – organizzatore dell’incontro – è stato in carcere e torturato durante la dittatura militare. Da lì parte la testimonianza di Frei che è domenicano, teologo, scrittore, insignito del prestigioso premio letterario brasiliano Jubuti e tra i fondatori della teologia della liberazione.
Dice subito parole chiare che vanno all’essenza della sua ispirazione e del messaggio cristiano. «Io sono discepolo di un prigioniero politico, Gesù era un prigioniero politico, e in quanto tale è stato arrestato, torturato, e giudicato da due poteri politici: quello dei giudei (Sacerdoti e Scribi in primis) e quello dell’Impero romano. E perché è stato ucciso? Perché era un sovversivo, in quanto non riconosceva il potere dell’Impero romano, annunciando un altro Regno e obbedendo solo alle leggi del Regno dei cieli. Gesù non era buono né “amoroso” né “tutto spirituale” come ce lo fanno immaginare, fu il secondo della sua famiglia a essere condannato a morte, prima di lui stessa sorte era capitata a suo cugino Giovanni il Battista».
Ascoltandolo si ha l’impressione di sentire una voce che attualizza in modo semplice e spiazzante, lucido e limpido quello che spesso viene letto e sentito lontano, aleatorio, spiritualizzato fino all’alienazione: cioè la lettura del Vangelo.
Frei Betto fa notare che Gesù annuncia il Regno di Dio, non la costituzione di una Chiesa: «Il Regno di Dio appare 122 volte nel Vangelo e solo 2 volte invece appare la parola Chiesa». Il Regno di Dio – continua, il monaco domenicano – è espressione di un progetto politico, perché Gesù si è opposto alla politica di Cesare.
L’espressione «Venga il tuo Regno» – sottolinea Betto – è un progetto da realizzare in questo mondo. «Indica un tipo di relazione sociale: la condivisione dei beni. La disuguaglianza, di contro, produce necessariamente violenza, è espressione di violenza». Betto fa qualche esempio: ci sono 14 mila bombe nucleari nel Pianeta, e sono in grado di distruggere 36 volte l’intero globo. Potrà esserci pace sulla Terra solo quando ci sarà giustizia. Queste idee potrebbero sembrare “fuori moda”, in un tempo in cui poche persone immaginano l’impegno o il fare analisi approfondita della realtà storica e politica. Persi come siamo nella frammentazione e nella superficialità dei social e dell’alienazione post moderna. Ma queste idee erano il pane quotidiano per molte persone che avevano 20 anni negli anni ’70. Ed è questo “pane quotidiano” che Betto riporta a noi, dalla terra in cui lui abita, dove è stato ministro della Cultura nel governo Lula.
Oggi in Brasile è presidente Jair Bolsonaro, del quale Steve Bannon – lo ricordava Tonio Dell’Olio che ha introdotto la testimonianza di Betto – ha detto: «Oggi nel mondo ci sono due importanti statisti che stanno segnando il corso della storia: Bolsonaro e Salvini». Luigino Ciotti nel suo intervento ha detto che Bolsonaro è il presidente del «ritorno alla dittatura militare in Brasile»: più di 150 componenti del governo sono militari o provengono dalla carriera militare.
Bannon – ha ricordato Frei Betto – oltre a essere il braccio destro di Trump all’epoca della sua elezione a presidente, è uno che ha comprato per 20 milioni di euro un monastero non lontano da Roma, da dove sta provando, «a dare l’assalto a quello che secondo Bannon è il nemico pubblico numero 1: papa Francesco».
L’analisi di Betto è limpida: il sistema economico dominante, sino a qualche decennio fa, si fondava sulla produzione di merci, oggi si basa sulla produzione di denaro; oggi si fanno più soldi in Borsa o con i paradisi fiscali che nel produrre beni. Siamo dentro una finanziarizzazione del Pianeta. Ed è un processo cha aumenta in modo esponenziale le diseguaglianze economiche. Betto ci ricorda una constatazione un po’ risaputa ma non per questo priva di significati: 26 persone detengono il capitale (quindi il potere?) di 3 miliardi e mezzo di persone. Betto ha detto di aver contribuito a fare “alfabetizzazione politica” in Brasile, mentre quello che il capitalismo vuole è eliminare ogni alfabetizzazione politica, imponendo una serie di modelli di riferimento quali la fama, la ricchezza, il potere e la bellezza (nel senso di apparire belli; e non di coltivare una bellezza interiore). Il capitalismo produce frustrazione e alienazione, ambizioni smisurate. Il risultato è visibile nelle città e nei paesi: sempre più farmacie e meno librerie, palestre ovunque e meno centri (o momenti) di meditazione. «Una famiglia che abita in una casa di legno a Rio de Janheiro ha tv, almeno un cellurare, un computer però non ha accesso alla salute, ai trasporti, all’istruzione».
Betto ha concluso l’intervento dicendo che ognuno di noi deve tendere a riscattare il progetto di un altro mondo possibile (lì per lì ho risentito l’eco un po’ retorica dello slogan al Social Forum di Genova 2001, ma detto da lui ha un senso più pieno e intenso). «Tornare a una visione olistica» dice Frei Betto: «tutto preesiste, coesiste ed esiste».
Insomma, altri e alti livelli quelli respirati nelle due ore insieme a tutti i presenti (200 persone forse) nell’Auditorium della Pro Civitate Christiana. Nel pomeriggio, il Circolo Primo maggio – con l’infaticabile Luigino Ciotti alla guida – ha inaugurato insieme all’ANPI un’interessante mostra sulle leggi razziali del 1938, nella sala della piazza principale di Assisi, accanto alla sede del Municipio. La mostra durerà fino al 26 maggio. Proprio di questi giorni una “attualizzazione” delle leggi razziali, con la notizia di una professoressa di Palermo sospesa per 15 giorni perché in una tesina i suoi allievi hanno accostato le leggi razziali del 1938 al decreto Salvini. Vuol dire che ancora qualcuno ragiona, alleluja!
L’incontro con Betto è stato sostenuto da Antonio Vermigli della Rete Radié Resch che ha anche pubblicato alcuni suoi libri. I titoli più importanti sono Battesimo di sangue (in cui Betto racconta la sua esperienza durante la dittatura militare) e I sotterranei della storia.
Frei Betto ha dedicato l’incontro alla campagna Lula libero: «è detenuto nelle carceri del Brasile senza prove ma solo per convinzioni, ma si può tenere in galera un uomo per le sue convinzioni?».Lula – ha tuonato Betto – è stato arrestato per evitare la sua possibile rielezione.
Alla domanda sull’influenza dei Pentecostali nell’elezione di Bolsonaro, Betto risponde dicendo che tutto ciò, in primis, deriva dalla politica di Giovanni Paolo II che aveva squalificato i teologi della liberazione, sostituendo vescovi vicini al popolo con quelli assolutamente insensibili alle richieste di giustizia del popolo. Poi c’è anche il fatto che nelle Chiese cattoliche in Brasile trovi le classi medio alte, mentre le classi popolari e incolte sono nelle Chiese Pentecostali. Ovvio – aggiunge Betto – che questo è stato voluto da Woytila, favorendo sette di cattolici integralisti in Sud America (oltre che l’OPUS DEI e i Legionari di Cristo di Marciel Macial). Ma è dovuto anche al fatto che nelle chiese cattoliche oggi il rito è vissuto in modo asettico mentre in quelle pentecostali – ma anche anglicane e protestanti – si favorisce di più la partecipazione popolare anche con banchetti e spunti, per esempio alla fine della messa.
Betto ha raccontato l’inizio della missione di San Francesco, figlio di Bernardone, che oltre a essere un ricco commerciante di stoffe – andava a procurarsele in Francia e da qui il nome di Francesco dato al figlio – fu uno dei primi “capitalisti” del suo tempo, perché acquistò un telaio meccanico: per quei tempi significava rubare il lavoro che facevano tanti artigiani tessili. Per cui Francesco, quando si tolse gli abiti nella piazza di Assisi oggi detta della spoliazione, volle dare un messaggio chiaro rivolto al padre e al sistema che rappresentava: «Mi tolgo gli abiti prodotti da mio padre che impoveriscono altri artigiani tessili, e quindi rifiuto il sistema economico che rappresenta, e poi rimango nudo per stare vicino e per vivere sulla mia pelle la realtà e la condizione di quelli che materialmente e socialmente sono nudi». Degna conclusione di un discorso che potremmo definire una lezione di storia, politica e fede con “l’occhio del povero” (sono parole di don Tonino Bello citato nell’introduzione da Tonio Dell’Olio) pienamente in linea con il tema della serata: sovranismi, fede, politica e democrazia.
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