«Sono giorni che qui a Davos i big del capitalismo internazionale
discutono di come ridurre le diseguaglianze. Parlano di rendere il mondo un
luogo migliore ma non citano mai l’unica parola che conta: tasse. E come andare
a un convengo di pompieri dove non si parla di acqua». A fine gennaio Rutger
Bregman, un giovane economista olandese, lasciò di stucco la platea del World
Economic Forum con un discorso infuocato nel quale, in sostanza, trattava i
campioni della finanza «buonista» da sepolcri imbiancati. «Soprattutto gli
americani» raccontò qualche giorno dopo l’economista: «Mi guardavano come un
marziano mentre spiegavo che i problemi del mondo non si risolvono con la
filantropia e invitando Bono a Davos.
Adesso che diversi dei
candidati democratici alla Casa
Bianca che da stanotte si confronteranno in Florida nel primo confronto
televisivo, hanno messo nel loro programma l’aumento della tassazione sui
ricchi o una patrimoniale sui grandi patrimoni, qualcosa si muove anche nel
mondo dei super ricchi: «Tassateci di più» chiedono in una lettera aperta 18
miliardari tra i quali figurano George Soros, il cofondatore di Facebook Chris
Hughes, Abigal Disney e Liesel Pritzker Simmons.
Non capita tutti i giorni che i
ricchi chiedano allo Stato di
tassarli di più. Soprattutto in un Paese nel quale è radicata la sfiducia nella
capacità dei governi di spendere le risorse meglio dei privati. Ma non è nemmeno
la prima volta che succede: l’antesignano fu Warren Buffett che già nel 2011
chiese di essere tassato di più visto che, grazie alle riforme fiscali dell’era
Bush, lui pagava, in proporzione, meno della sua segretaria. Da allora si è
parlato molto di una Buffett rule (far pagare un minimo
del 30 per cento a chi guadagna più di un milione di dollari l’anno) che, però,
non ha mai visto la luce. Nonostante il continuo aumento delle diseguaglianze
economiche, nemmeno Barack Obama ha provato a far pagare molto di più i ricchi,
consapevole che il Congresso a maggioranza repubblicana avrebbe bloccato tutto.
Ora, però, nonostante Donald
Trump, gli umori stanno cambiando: i
candidati democratici cavalcano l’onda del malessere popolare per una
distribuzione della ricchezza che ormai, come scrivono gli stessi miliardari
nella loro lettera, fa sì che lo 0,1 per cento dei cittadini più ricchi abbia
accumulato un patrimonio pari a quello del 90 per cento dei meno abbienti. I
miliardari firmatari sono quasi tutti impegnati politicamente sul fronte
democratico e questo limita la portata dell’iniziativa. Ma i dati citati sono
oggettivi: la stessa Federal Reserve ha appena certificato che negli ultimi 30
anni il patrimonio dell’1 per cento degli americani con più risorse è cresciuto
di 21 mila miliardi di dollari, mentre quello del 50 per cento dei più poveri è
calato di 900 miliardi.
I sondaggi indicano che il 76
per cento degli elettori vuole
tasse più alte sui ricchi, mentre il 59 è favorevole alla proposta della
parlamentare democratica Alexandria Ocasio-Cortez di portare al 70 per cento
l’aliquota marginale sui redditi oltre i 10 milioni (ipotesi bollata come
radicale, ma in America era così fino ad alcuni decenni fa). Raccoglie molti
consensi (61 per cento) anche la proposta della candidata democratica Elizabeth
Warren — la stella del dibattito di stasera — di introdurre una patrimoniale
del 2 per cento su chi ha una ricchezza superiore ai 50 milioni. Frutterebbe
2750 miliardi di dollari in dieci anni: soldi da redistribuire soprattutto
attraverso la spesa sociale.
In America, comunque, molti (e non solo a destra) restano convinti che parlare
di redistribuzione della ricchezza porta a ridurre gli sforzi per farla
aumentare. E così, mentre moltissimi miliardari, compresi i progressisti della
Silicon Valley, continuano a ignorare il tema tasse preferendo mostrare i loro
buoni sentimenti attraverso donazioni filantropiche, il Wall Street Journal giudica incostituzionale la
patrimoniale della Warren. E tra gli altri candidati democratici per ora solo
Sanders, Buttigieg e Beto O’Rourke hanno dato molto spazio nei loro programmi
all’aumento delle tasse sui ricchi.
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