Gli inviti all’annessione della Cisgiordania occupata
sono all’ordine del giorno sia a Tel Aviv che a Washington. Ma Israele e i suoi
alleati americani dovrebbero stare attenti riguardo a ciò che auspicano.
Annettere i Territori Palestinesi Occupati non farà che rafforzare l’attuale
ripensamento della strategia palestinese, invece di risolvere i problemi che
Israele stesso si provoca.
Incoraggiati dalla decisione dell’amministrazione di
Donald Trump di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme, i
dirigenti del governo israeliano ritengono che questo sia il momento giusto per
annettere l’intera Cisgiordania.
Infatti, “non vi è momento migliore di questo” è stata
la frase esatta usata dall’ex Ministra della Giustizia israeliana Ayelet
Shaked, quando ha sostenuto l’annessione in una recente conferenza a New York.
Certo, in Israele è nuovamente una stagione
elettorale, poiché il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu non è
riuscito a formare un governo dopo le ultime elezioni di aprile. Durante queste
campagne politiche si assiste a molte dimostrazioni di forza, dato che i
candidati fanno la voce grossa in nome della ‘sicurezza’, della lotta al
terrorismo, eccetera.
Ma i commenti di Shaked non possono essere liquidati
come effimere scaramucce elettorali. Rappresentano molto di più, se considerati
all’interno di un più ampio contesto politico.
Sicuramente, da quando Trump è arrivato alla Casa
Bianca, per Israele le cose non sono mai – e ripeto, mai – andate così bene. È
come se il programma più radicale del governo di destra fosse diventato una
lista dei desideri per gli alleati di Israele a Washington. Questa lista
include il riconoscimento USA dell’annessione illegale da parte di Israele
della Gerusalemme est palestinese occupata, delle Alture del Golan siriane
occupate e l’abbandono totale del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi.
Ma non è tutto. Affermazioni fatte da influenti
dirigenti USA indicano un iniziale interesse per la completa annessione della
Cisgiordania occupata o almeno di larga parte di essa. L’ultimo di questi
auspici è stato fatto dall’ambasciatore USA in Israele David Friedman.
“Israele ha il diritto di annettere parte…della
Cisgiordania”, ha detto Friedman in un’intervista, citata dal New York Times
l’8 giugno.
Friedman è molto coinvolto nel cosiddetto accordo del
secolo, uno stratagemma politico sostenuto soprattutto dal primo consigliere e
genero di Trump, Jared Kushner. La palese idea che sorregge questo ‘accordo’ è
cancellare le fondamentali richieste dei palestinesi, rassicurando al contempo
Israele sulla sua ricerca di maggioranza demografica e sulle preoccupazioni
riguardo alla ‘sicurezza’.
Altri dirigenti USA che spalleggiano gli sforzi di Washington
a favore di Israele sono l’inviato speciale USA in Medio Oriente, Jason
Greenblatt, e l’ex ambasciatrice USA alle Nazioni Unite, Nicki Haley. In una
recente intervista al giornale di destra israeliano ‘Israel Hayom’ Haley ha
detto che il governo israeliano “non dovrebbe preoccuparsi” riguardo ai
dettagli dell’accordo del secolo, che devono essere ancora del tutto svelati.
Conoscendo l’amore di Haley – e la sua sfrontata
difesa – per Israele presso le Nazioni Unite, non dovrebbe essere troppo difficile
capire il sottile ed ovvio significato delle sue parole.
Ecco perché il richiamo di Shaked all’annessione della
Cisgiordania non può essere liquidato come un banale discorso da periodo
elettorale.
Ma Israele può annettere la Cisgiordania?
In pratica sì, lo può fare. È vero che sarebbe una
flagrante violazione del diritto internazionale, ma questo concetto non ha mai
disturbato Israele, né gli ha impedito di annettere territori arabi o
palestinesi. Per esempio, ha occupato Gerusalemme est e le Alture del Golan
rispettivamente nel 1980 e 1981.
Inoltre in Israele il clima politico è sempre più
disponibile a compiere un simile passo. Un sondaggio condotto dal quotidiano
israeliano Haaretz lo scorso marzo ha rivelato che il 42% degli israeliani è
favorevole all’annessione della Cisgiordania. Questa percentuale è destinata a
crescere nei prossimi mesi, dato che Israele continua a spostarsi a destra.
È anche importante notare che diversi passi sono già
stati compiuti in questa direzione, compresa la decisione della Knesset
[parlamento israeliano, ndtr.] di applicare ai coloni ebrei illegali in
Cisgiordania le stesse leggi civili applicate a chi vive in Israele.
Ma è qui che Israele si trova di fronte al suo più
grande dilemma.
Secondo un sondaggio condotto congiuntamente
dall’università di Tel Aviv e dal Centro palestinese per la Politica e la
Ricerca nell’agosto 2018, più del 50% dei palestinesi si rende conto che la
cosiddetta soluzione dei due Stati non può più reggere.
Inoltre un crescente numero di palestinesi ritiene
anche che la coesistenza in un unico Stato, in cui ebrei israeliani e arabi
palestinesi (sia musulmani che cristiani) vivano fianco a fianco, sia la sola
formula possibile per un futuro migliore.
La dicotomia per i dirigenti israeliani che cercano di
mantenere una maggioranza demografica ebraica e la marginalizzazione dei
diritti dei palestinesi, è che non hanno più alternative valide.
Anzitutto comprendono che l’occupazione senza fine dei
territori palestinesi non può essere sostenibile. La perdurante resistenza
palestinese all’interno e la nascita del movimento di Boicottaggio,
Disinvestimento e Sanzioni (BDS) all’estero stanno minacciando la stessa
legittimità politica di Israele in tutto il mondo.
In secondo luogo, devono anche tenere conto del fatto
che, dal punto di vista dei dirigenti ebrei israeliani, l’annessione della
Cisgiordania con milioni di palestinesi moltiplicherà proprio la “minaccia
demografica” che hanno temuto per molti anni.
Terzo, la pulizia etnica di intere comunità palestinesi
– la cosiddetta opzione “trasferimento” – come quella che fece Israele alla sua
fondazione nel 1948, e nuovamente nel 1967, non è più possibile. Né i Paesi
arabi apriranno le loro frontiere per i genocidi utili a Israele, né i
palestinesi se ne andranno, per quanto il prezzo sia alto. Il fatto che gli
abitanti di Gaza siano rimasti là, nonostante anni di assedio e di feroci
guerre, ne è un esempio.
Al di là delle messinscene politiche, i dirigenti
israeliani capiscono che non sono più al posto di comando e, nonostante la loro
superiorità militare e politica rispetto ai palestinesi, sta diventando
evidente che la potenza di fuoco ed il cieco sostegno di Washington non sono
più sufficienti a determinare il futuro del popolo palestinese.
È altresì chiaro che il popolo palestinese non è, e
non è mai stato, un soggetto passivo del proprio destino. Se Israele mantiene
la sua occupazione da 52 anni, i palestinesi continueranno a resistere. Quella
resistenza non verrà indebolita o domata da alcuna decisione di annettere la
Cisgiordania, in parte o del tutto, esattamente come la resistenza palestinese
a Gerusalemme non è cessata dopo la sua illegale annessione da parte di Tel
Aviv quarant’anni fa.
Infine, l’annessione illegale della Cisgiordania può
solo contribuire alla irreversibile consapevolezza tra i palestinesi che la
loro lotta per la libertà, i diritti umani, la giustizia e l’uguaglianza può
essere meglio sostenuta attraverso una battaglia per i diritti civili
all’interno dei confini di un unico Stato democratico.
Nella sua cieca arroganza, Shaked e la sua genia di
destra non fanno che accelerare la scomparsa di Israele come Stato etnico e
razzista, mentre avviano una fase di possibilità migliori della continua
violenza e apartheid.
(da Middle East Monitor)
Le opinioni espresse in questo articolo sono
dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle
East Monitor.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
Nessun commento:
Posta un commento