I soldi non comprano la stabilità e la sicurezza. Potrebbe essere questo il
titolo delle recente visita in Italia e dal Papa del ministro degli Esteri
degli Emirati Gargash, seguita poi dalla conferenza in Barhein sul bombastico
piano di pace per la Palestina da 50 miliardi di dollari, già morto prima
ancora di essere attuato. Ma c’è un passaggio nelle interviste lasciate dal
ministro degli Emirati che lascia di stucco, sia su di lui che sul nostro
governo.
In poche parole Gargash dice che gli Emirati _ minuscolo Emirato che però spende 22 miliardi l’anno per la difesa (quasi come l’Italia) _ hanno sostenuto in Libia il generale Haftar ma che sono contrari a un attacco americano all’Iran, dirimpettaio nel Golfo degli sceicchi. Solo un Paese di stupidi come l’Italia può tollerare un’affermazione simile. Il ministro in pratica dice che si può fare la guerra nel cortile di casa nostra e lontano dall’Emirato ma non la si deve fare in casa sua perché altrimenti si rischia un disastro. Interessante punto di vista
Naturalmente nessuno ha avuto nulla da obiettare alle parole del ministro perché l’Italia nel 2018 ha esportato negli Emirati arabi uniti circa 220 milioni di euro di armamenti e bombe destinate come in Arabia Saudita a essere usate in Yemen.
Gli Emirati infatti in Yemen sostengono una sorta di esercito mercenario che si oppone ai ribelli Houthi appoggiati dall’Iran. Da quando nel marzo 2015 è iniziato il conflitto dello Yemen, gli Emirati arabi uniti hanno ricevuto dall’estero armi per un valore di oltre 3,5 miliardi di dollari. Si tratta di armi pesanti convenzionali (come aerei e navi militari) ma anche di bombe e armi leggere.
Riepilogando: il ministro degli Esteri degli Emirati, che sostiene di essere un pilastro per la stabilità regionale, ci è venuto a dire che con le nostre armi _ non solo italiane ovviamente ma anche di altri Paesi europei e degli americani _ lui può condurre guerre per procura in Libia o nello Yemen contro i civili ma che non vuole un conflitto nello Stretto di Hormuz perché mette a rischio la sicurezza del suo stato, diventato per gli armamenti una sorta di Sparta del Golfo.
E noi cosa facciamo? Ringraziamo il ministro per la sua magnanimità anche se sostenendo il generale Haftar in Libia ha minato la stabilità del già fragile governo del premier Sarraj a Tripoli, sostenuto dall’Italia e riconosciuto dalla comunità internazionale.
Vedete bene in che genere di contraddizioni cade il nostro Paese e il mondo occidentale in generale pur di vendere un po’ di armi a degli irresponsabili che fomentano guerre devastanti. I palestinesi, che vorrebbero indietro la loro terra secondo le risoluzioni dell’Onu, non hanno quindi partecipato alla riunione in cui sovrani ed emiri arabi promettono tanti soldi a patto che rinuncino alle loro rivendicazioni. La leadership palestinese ha commesso molti errori, è deficitaria e corrotta ma forse ha capito che questo è denaro avvelenato: non porta la pace ma soltanto altri guai. Anche noi dovremmo pensarci.
In poche parole Gargash dice che gli Emirati _ minuscolo Emirato che però spende 22 miliardi l’anno per la difesa (quasi come l’Italia) _ hanno sostenuto in Libia il generale Haftar ma che sono contrari a un attacco americano all’Iran, dirimpettaio nel Golfo degli sceicchi. Solo un Paese di stupidi come l’Italia può tollerare un’affermazione simile. Il ministro in pratica dice che si può fare la guerra nel cortile di casa nostra e lontano dall’Emirato ma non la si deve fare in casa sua perché altrimenti si rischia un disastro. Interessante punto di vista
Naturalmente nessuno ha avuto nulla da obiettare alle parole del ministro perché l’Italia nel 2018 ha esportato negli Emirati arabi uniti circa 220 milioni di euro di armamenti e bombe destinate come in Arabia Saudita a essere usate in Yemen.
Gli Emirati infatti in Yemen sostengono una sorta di esercito mercenario che si oppone ai ribelli Houthi appoggiati dall’Iran. Da quando nel marzo 2015 è iniziato il conflitto dello Yemen, gli Emirati arabi uniti hanno ricevuto dall’estero armi per un valore di oltre 3,5 miliardi di dollari. Si tratta di armi pesanti convenzionali (come aerei e navi militari) ma anche di bombe e armi leggere.
Riepilogando: il ministro degli Esteri degli Emirati, che sostiene di essere un pilastro per la stabilità regionale, ci è venuto a dire che con le nostre armi _ non solo italiane ovviamente ma anche di altri Paesi europei e degli americani _ lui può condurre guerre per procura in Libia o nello Yemen contro i civili ma che non vuole un conflitto nello Stretto di Hormuz perché mette a rischio la sicurezza del suo stato, diventato per gli armamenti una sorta di Sparta del Golfo.
E noi cosa facciamo? Ringraziamo il ministro per la sua magnanimità anche se sostenendo il generale Haftar in Libia ha minato la stabilità del già fragile governo del premier Sarraj a Tripoli, sostenuto dall’Italia e riconosciuto dalla comunità internazionale.
Vedete bene in che genere di contraddizioni cade il nostro Paese e il mondo occidentale in generale pur di vendere un po’ di armi a degli irresponsabili che fomentano guerre devastanti. I palestinesi, che vorrebbero indietro la loro terra secondo le risoluzioni dell’Onu, non hanno quindi partecipato alla riunione in cui sovrani ed emiri arabi promettono tanti soldi a patto che rinuncino alle loro rivendicazioni. La leadership palestinese ha commesso molti errori, è deficitaria e corrotta ma forse ha capito che questo è denaro avvelenato: non porta la pace ma soltanto altri guai. Anche noi dovremmo pensarci.
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