Israele si rifiuta di confessare i suoi legami con il
sanguinario regime hutu che 25 anni fa compì il genocidio in Ruanda. Ma
documenti del Ministero degli Esteri mostrano che Israele era a conoscenza dei
massacri contro la minoranza tutsi negli anni ’60 e che chiuse gli occhi.
Il 6 aprile 1994, ore
dopo che un missile terra-aria aveva abbattuto un aereo che trasportava i
dittatori del Ruanda e del Burundi, il regime hutu al governo del Ruanda iniziò
a compiere un genocidio ben pianificato contro la minoranza Tutsi. In 100
giorni furono assassinati 800.000 Tutsi, come pure gli Hutu moderati che si
opponevano alle uccisioni di massa. Questo massacro è considerato uno dei più
grandi genocidi dalla seconda guerra mondiale. Negli ultimi mesi, i Ruandesi
hanno ricordato i 25 anni dal genocidio.
Nonostante le ripetute
richieste, Israele ha sempre rifiutato di rivelare i suoi legami con il regime
che ha compiuto il massacro, anche a fronte dei vari rapporti che affermano che
il governo israeliano fornì sostegno militare al regime hutu durante la guerra
civile ruandese che infuriò fino al 1994. Secondo tali rapporti, Israele
continuò a inviare armi, inclusi cannoni, munizioni e granate, agli Hutu anche
quando questi diedero il via al genocidio.
Nonostante il rifiuto
di Israele di rivelare i suoi legami con il regime durante gli anni ’90, i
documenti pubblicati rivelano che durante gli anni ’60 e ’70 Israele era ben
consapevole della gravità della crisi in Ruanda, così come del pericolo di
massacri nel Paese. Tuttavia, secondo quanto riferito, continuò a sostenere la
dittatura.
Le radici coloniali
del genocidio.
Le radici del
genocidio ruandese risalgono al diciannovesimo secolo, ai tempi del dominio
coloniale. Fino ad allora, non vi era alcuna rigida distinzione tra i gruppi
etnici tutsi e hutu. I Tedeschi, che formalizzarono il loro dominio sul Ruanda
nella Conferenza di Berlino del 1884, stabilirono il loro regime coloniale basandolo
su di una monarchia feudale gestita da un’élite della minoranza tutsi, creando
così una gerarchia razziale tra loro e gli Hutu.
I Belgi, che
conquistarono il Ruanda durante la prima guerra mondiale, consolidarono quelle
distinzioni razziali, tra cui la supremazia dei Tutsi e l’oppressione e lo
sfruttamento della maggioranza hutu. A partire dal 1935, i Belgi iniziarono a
costringere i Ruandesi a portare con sé carte d’identità nazionali che
riportavano la loro classificazione etnica, bloccando così la possibilità di
“passare” da un gruppo all’altro.
Negli ultimi anni del
loro dominio, i Belgi cambiarono posizione e iniziarono a sostenere gli Hutu,
dopo che questi si rivoltarono contro il regime tutsi nel 1959. La gerarchia
razziale si rovesciò e l’élite hutu iniziò a opprimere i Tutsi. Dopo che il
Ruanda conquistò l’indipendenza nel 1962, con il sostegno del Belgio quella
stessa élite hutu continuò con la sua politica di oppressione razziale.
Il neo-indipendente
stato ruandese era guidato da Grégoire Kayibanda, un membro dell’élite hutu.
Governò il paese con un pugno di ferro fino a che fu rovesciato da un colpo di
stato militare nel 1973 e sostituito dal suo Ministro della Difesa, Juvénal
Habyarimana. Habyarimana guidò il Paese fino al suo assassinio nell’incidente
aereo del 1994.
Come il regime
coloniale prima di loro, Kayibanda e Habyarimana mantennero una dittatura
etnica, costringendo i cittadini ruandesi a portare le stesse carte d’identità.
Quelle carte dettavano il destino di ogni cittadino, comprese le possibilità di
essere accettati in un’università, di lavorare nel servizio civile o di aprire
un’attività. I massacri e i pogrom contro i Tutsi continuarono sotto Kayibanda
e Habyarimana.
Nel corso degli anni,
centinaia di migliaia di Tutsi fuggirono dal Paese. Nell’ottobre del 1990, il
Fronte Patriottico Ruandese, guidato dai rifugiati tutsi, invase il paese
dall’Uganda, segnando l’inizio della guerra civile. Vi è un’ampia
documentazione di massacri contro i Tutsi in Ruanda durante la guerra civile,
compresi gli squadroni della morte del regime hutu.
La situazione raggiunse
il culmine con l’abbattimento dell’aereo di Habyarimana nel 1994. Radio
Télévision Libre Des Mille Collines trasmise continue chiamate per sterminare i
Tutsi, anche leggendo nomi, indirizzi e targhe di automobili di Tutsi e di Hutu
moderati. Alcuni degli ordini per eseguire lo sterminio furono trasmessi direttamente
dalla stazione radio, tanto che gli assassini insieme alle armi spesso si
portavano anche una radio a transistor. I Tutsi erano considerati “scarafaggi”
che dovevano essere sterminati.
E sebbene il genocidio
fosse stato pianificato dalla dittatura, con le sue ben addestrate squadre
della morte, fu anche perpetrato da cittadini medi: i mariti uccisero le mogli,
le mogli uccisero i mariti, i vicini si uccisero a vicenda. La maggior parte
delle uccisioni furono eseguite con il machete, oltre che con fucili e
mitragliette.
Penetrare nei sistemi
di sicurezza.
Uno sguardo ai file
del Ministero della Difesa israeliano, che possono essere trovati negli Archivi
Nazionali di recente aperti al pubblico, rivela che durante la dittatura di
Kayibanda tra il 1963 e il 1973 Israele fu coinvolto nella costituzione delle
forze di sicurezza ruandesi e che cercò di beneficiare politicamente delle
divisioni etniche.
Le missive inviate dai
rappresentanti israeliani in Ruanda dimostrano che sapevano benissimo delle
attività del dittatore e dei militari. In una lettera che Meir Yaffe inviò da
Kigali il 18 giugno 1968, si legge: “È possibile che sia ancora troppo presto
per predire che il Ruanda stia marciando verso una dittatura militare, anche se
recentemente ho sentito speculazioni da vari ambienti… Pertanto, è positivo che
stiamo penetrando nel loro sistema di sicurezza (servizi di sicurezza, affari
giovanili, una visita in Israele da parte di un gruppo di ufficiali, una visita
del Ministro della Difesa in Israele, proposte di appalti), anche se non ci
aspettiamo nulla in cambio”.
In una lettera inviata
il 2 dicembre 1968, Yaffe chiede di ricevere un rapporto da un ufficiale
ruandese che aveva guidato un tentativo di colpo di stato militare. Secondo la
lettera, l’ufficiale aveva visitato Israele tre mesi prima con un gruppo di
altri ufficiali ruandesi e aveva molto apprezzato ciò che vedeva. “Durante la
loro breve visita, hanno imparato molto di più che durante i loro due mesi di
formazione in Belgio”, scrive Yaffe.
In una lettera del 3
febbraio 1969, Yaffe descrive le celebrazioni del “Giorno della Democrazia” ,
che si era tenuto solo pochi giorni prima. Il Presidente Kayibanda,
scrive Yaffe, ha pronunciato un discorso in francese destinato ai diplomatici
stranieri, per poi tenere un discorso nella lingua locale che è durato cinque
volte di più e che ha descritto le epurazioni compiute nel partito al governo.
Lou Kedar, che era a
capo della Divisione Africa del Ministero degli Esteri israeliano, rispose con
una lettera del 12 febbraio. “Non riesco a capire il pensiero del Presidente
ruandese: maledice e insulta in modo molto pesante persone che erano deputati
del suo Partito, mentre allo stesso tempo li consiglia di formarne uno loro.
Penso che secondo lui il termine “democrazia” sia molto ampio.”
Haim Harari, un diplomatico
israeliano a Kigali, descrive in una missiva dall’11 agosto 1969 l’evento per
l’inaugurazione della nuova sede del Partito al potere, che comprendeva marce
di scolari e di attivisti del partito e dove “la maggior parte delle canzoni
riguardava Kayibanda e il suo Partito, un vero culto della personalità”. In
un’altra lettera dello stesso giorno, Harari scrive: ”Viviamo in una situazione
molto strana qui in Ruanda, non esiste un solo quotidiano o settimanale, e
quando accade qualcosa, la radio locale trasmette in francese e ignora le
notizie locali “.
In una missiva del 26
settembre 1969, Harari spiega che poiché il 90% della popolazione era
analfabeta, durante le precedenti elezioni gli elettori si erano rivolti a un
rappresentante del regime presente ai seggi per chiedere assistenza, cosa
che ovviamente aveva influenzato l’esito del voto. Per quanto riguardava le
prossime elezioni, il Paese aveva deciso un metodo di voto diverso e
“originale”, in base al quale il giorno prima delle elezioni ogni elettore
avrebbe ricevuto una busta con i nomi dei candidati. L’elettore, ricevuta a
casa la lettera, sarebbe stato aiutato da un familiare che sapeva leggere. Il
giorno seguente sarebbe dovuto andare alla cabina elettorale con la busta
sigillata, dopo avere indicato la sua scelta. In una lettera del 6 ottobre
1969, Harari aggiunge che Kayibanda aveva vinto un ulteriore mandato con il
supporto del 99 percento degli elettori.
Nessuna di questi
avvenimenti, tuttavia, impedì a Israele di aiutare il regime a farsi
propaganda. Il 10 gennaio 1969, Yaffe scrive di aver aiutato il regime a
preparare un opuscolo di propaganda per incoraggiare il turismo in Ruanda e che
il Ministro degli Esteri ruandese gli chiedeva di stamparne altre 10.000
copie.
Gli Israeliani
sapevano.
In seguito a una serie
di massacri, in quel periodo centinaia di migliaia di Tutsi fuggirono dal
Ruanda. Nel dicembre del 1963, in risposta agli attacchi della guerriglia dei
rifugiati tutsi in Burundi, il regime ruandese uccise 10.000 cittadini tutsi
nell’arco di quattro giorni. Il regime hutu usò la violenza della guerriglia
per giustificare l’oppressione dei Tutsi che erano rimasti in Ruanda (circa il
10% della popolazione), per etichettarli come invasori stranieri indegni dei
diritti umani e civili e quindi passabili di stupri, torture e uccisioni.
I rappresentanti israeliani
erano a conoscenza della persecuzione, dell’espulsione e dello sterminio dei
Tutsi. L’8 maggio 1962, Hanan Bar On, un consigliere dell’ambasciata israeliana
a Washington DC, scrive una lettera in cui afferma che la situazione in Ruanda
preoccupava il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti forse più di ogni altro
problema in Africa. La partenza del Belgio, scrive, non ha lasciato “alcuna possibilità
per le Nazioni Unite di mantenere la pace in Ruanda-Burundi e non c’è nessuno
in grado di riempirne il vuoto, tanto che si potrebbe arrivare a una guerra
civile.”
In una lettera del 10
luglio 1962, l’ambasciatore israeliano presso l’ONU, Michael Comay, aveva
elogiato la decisione dell’ONU di inviare una delegazione in Ruanda e Burundi
per sovrintendere le forze belghe e addestrare i poliziotti locali. “Tutti
sapevano che senza di loro, con l’indipendenza, ci sarebbe stato un serio
pericolo di guerra tribale e di spargimento di sangue, soprattutto in Ruanda”.
In una lettera del 29
novembre 1968, Harari descrive i contatti tra le forze di sicurezza israeliane e
quelle della dittatura ruandese in Burundi, avvenuti con lo scopo di
collaborare contro i gruppi di guerriglieri rifugiati tutsi. “I Tutsi sono
stati sterminati dagli Hutu, che governano il Ruanda”, scrive Harari in una
lettera datata 25 agosto 1969. Un mese dopo, il 29 settembre, Harari scrive che
unità dell’esercito ruandese erano di stanza al confine con il Congo, con il
Burundi e con l’Uganda “per paura di un’invasione dei rifugiati Tutsi, conosciuti
in Kinyarwanda (la lingua locale) come” Inyenzi ” o “scarafaggi”.
In un report preparato
l’8 ottobre 1971, Harari scrive che “il regime del Ruanda è uno dei regimi più
stabili del continente africano a causa dell’unità della lingua e della mancanza
di dispute tribali, a parte quella con la tribù dei Tutsi, sconfitta dalla
maggioritaria tribù degli Hutu, che costituisce il 90% della popolazione … Con
l’eliminazione del regime dei Tutsi in Ruanda nel 1959 e la loro fuga nei Paesi
vicini, a tutt’oggi questa componente non ha mai smesso di preoccupare i
governanti ruandesi. La considerano come una potenziale minaccia per il loro
regime e ciò deve essere considerato al fine di valutare correttamente la
politica del Ruanda verso i suoi vicini “.
Una guerra congiunta
contro i rifugiati.
Invece di preoccuparsi
del destino dei rifugiati Tutsi fuggiti dal loro Paese, i leader israeliani
ritennero opportuno sfruttare la paura ruandese dei rifugiati per spingere il
governo di Kigali a sostenere Israele nei forum internazionali sulla questione
dei profughi palestinesi. “Il Ruanda non ha alcun motivo logico per non
sostenere la nostra posizione”, scrive Aryeh Levin, un diplomatico israeliano a
Kigali, il 21 febbraio 1966. “Comprendono il problema dei profughi poiché
decine di migliaia di Tutsi sono presenti oltre il confine ed è ben noto che
sono sostenuti dagli Arabi (ci sono uffici tutsi al Cairo, ad Algeri e Rabat).
Negli ultimi mesi il Ruanda è stato nuovamente minacciato dall’invasione dei
rifugiati tutsi, alcuni dei quali hanno preso parte alle ribellioni in Congo “.
L’8 giugno 1966,
l’ambasciatore israeliano in Ruanda riporta una conversazione che aveva avuto
con il ministro degli Esteri del Ruanda. Per affrontare il problema dei
guerriglieri tutsi, l’ambasciatore suggerisce un corso di intelligence che il
Mossad “sarebbe interessato a offrire ai Ruandesi”.
In una lettera del 9
ottobre 1966, Levin riporta una conversazione con un diplomatico ruandese
all’ONU in vista delle audizioni all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
“Gli ho ricordato che nell’ultimo anno siamo rimasti delusi dal Ruanda e che
speriamo che questa volta siano in grado di dimostrare comprensione e amicizia.
Le posizioni fondamentali del Ruanda e di Israele sono molto simili,
specialmente per quanto riguarda il problema dei rifugiati. Problemi come, tra
gli altri, l’OLP, e l’istituzione della Custodian of Absentee Property
dovrebbero essere compresi dal Ruanda forse più che da altri Paesi “.
Secondo Levin, un
rappresentante del Ruanda all’ONU rispose che “il Ruanda non sarà sempre in
grado di seguirvi sul filo del rasoio: i nostri problemi sono estremamente
complicati e chiediamo ai nostri amici di capire le sfumature della nostra
argomentazione, cosa che non è sempre possibile. Oltretutto fedeli alleati di
Israele come gli Stati Uniti, la Francia e l’Italia, così come la maggior parte
degli Africani, ci hanno abbandonato”.In risposta, Levin gli disse che “Molti
Paesi africani con una minore comprensione, rispetto al Ruanda, del problema
dei rifugiati, votano per noi. ”
In una lettera del 21
ottobre 1966, Levin afferma di aver incontrato Kayibanda, a cui aveva spiegato
la posizione di Israele nei confronti della questione dei profughi e gli aveva
detto: “Ci aspettiamo comprensione e cooperazione da parte dei nostri amici,
specialmente da coloro ai quali questa questione non è estranea.” Kayibanda
espresse il suo sostegno alla posizione di Israele sulla questione dei
rifugiati e aggiunse che il sostegno internazionale ai rifugiati doveva essere
contrastato, poiché era un’apertura a un intervento nei loro affari interni.
Kayibanda chiese a Levin di inviare una lettera al Ministero degli Esteri del
Ruanda dettagliando le richieste di Israele rispetto alle varie votazioni e
promettendo che avrebbero cercato di di agire secondo tali richieste.
Nonostante Israele
avesse usato la paura del governo ruandese verso i rifugiati tutsi per ottenere
sostegno nella sua posizione contro i Palestinesi, i rappresentanti israeliani
sapevano che i rifugiati Tutsi non costituivano una vera minaccia al regime di
Kayibanda. “I Ruandesi sanno che attualmente in Uganda vivono più di mezzo
milione di Ruandesi, tra cui 150.000 rifugiati tutsi, in attesa
dell’opportunità di tornare in patria per liberarsi del regime hutu, guidato
dal Presidente Kayibanda”, scrive Harari il 5 luglio del 1971. “È francamente
difficile credere che un tale passo possa essere portato a termine, ma i
Ruandesi, che sono già naturalmente sospettosi e temono i Tutsi che vivono tra
di loro, in quanto visti come una quinta colonna, sono preoccupati del pericolo
che potrebbe arrivare dal Nord. ”
La formazione del
Mossad e le basi Nahal.
Le lettere mostrano
che la dittatura ruandese sperava che Israele l’avrebbe aiutata nelle sue
relazioni con i vicini, Congo e Uganda, poiché lo Stato ebraico forniva
sostegno militare a quei regimi. Secondo una missiva di Yaffe del 15 novembre
1968, il direttore del Ministero degli Esteri del Ruanda aveva chiesto aiuto
nei confronti del regime di Mobutu in Congo, considerando che “Israele ha
ottimi rapporti con Kinshasa e che forniamo al Congo risorse tecniche e
assistenza alla sicurezza, oltre al fatto che notoriamente Mobutu
sostiene Israele “.
Il Ruanda chiese anche
il sostegno di Israele per agire come mediatore con il Presidente ugandese Idi
Amin dopo che questi aveva chiuso il confine con il Ruanda. A quel tempo
Israele forniva ad Amin sostegno militare e, secondo i documenti del settembre
1971, il Ruanda e il Belgio sospettavano che gli esperti israeliani aiutassero
le forze armate ugandesi nelle loro ostilità contro il Ruanda. In seguito alla
richiesta del Ruanda, sia il capo della Divisione Africa del Ministero degli
Esteri israeliano che un rappresentante del Mossad discussero la questione con
Amin, cercando di convincerlo ad aprire il confine. Gli sforzi portarono frutto
e nell’ottobre 1971 Israele riuscì a convincere Amin a ristabilire i legami con
il Ruanda.
Ma i legami non erano
solo politici. Una lettera inviata dall’ambasciatore israeliano in Uganda l’11
agosto 1967 afferma che il ministro della Difesa ruandese Juvénal Habyarimana, che
sarebbe diventato il capo del Paese fino al suo assassinio nell’attacco aereo, aveva
inviato una richiesta ufficiale di assistenza alla sicurezza israeliana.
L’ambasciatore scrive
che “per esaminare questo problema in particolare, il Col. Bar-Saber si è
recato in Ruanda e si è incontrato con il Ministro della Difesa. Per
riassumere, vorrei sottolineare due questioni che sembrano degne di essere
menzionate: la prima riguarda la richiesta del Ministro della Difesa di
mandargli un consulente per l’istituzione di un servizio di sicurezza che sia
in grado di istituire corsi di base; il secondo è relativo al Nahal (Fighting
Pioneer Youth, un programma paramilitare dell’IDF che combina il servizio
militare con la creazione di insediamenti agricoli in tutto Israele – EM)”. I
documenti dimostrano che Israele adempì ai suoi obblighi, aiutando nella
creazione di un nuovo servizio di sicurezza così come nella creazione di un
movimento giovanile stile Nahal.
Nel febbraio 1968
l’ambasciatore israeliano in Uganda scrive della sua conversazione con il
Ministro degli Esteri del Ruanda a Kigali. I due concordarono che quello stesso
anno il Mossad avrebbe fornito un corso sulla sicurezza. “All’inizio di maggio,
due agenti del Mossad arriveranno per tenere un corso sulla sicurezza di base
per i membri della sicurezza, tra cui il capo del servizio di intelligence, che
durerà due-tre mesi”, scrive Yaffe nell’aprile di quell’anno. “Il Ministro
della Difesa e il capo dei servizi di sicurezza hanno ripetutamente affermato
che sarebbero stati felici se il Mossad avesse lasciato un consigliere per un
periodo di un anno o due. Naturalmente, personalmente consiglierei con tutto il
cuore di farlo, poiché questa posizione ci consentirebbe di penetrare e di
influenzare il centro nevralgico dello Stato. Spero che il Ministro della
Difesa ruandese, così come la delegazione degli ufficiali ruandesi in visita in
Israele, rafforzeranno la loro volontà di cooperare con Israele “.
Secondo una lettera
inviata dall’ambasciatore israeliano in Uganda il 24 luglio 1968: “Il Mossad ha
terminato un corso di base in Ruanda, e i servizi di intelligence si stanno
organizzando in base a ciò che hanno appreso dai due Israeliani che erano con
loro. So dagli istruttori e da Meir Yaffe che i Ruandesi chiederanno un
consulente permanente per i loro servizi di sicurezza. È improbabile che
qualcuno nel Mossad sia disponibile per questa posizione, ma considerando le
circostanze e le pressioni, potrebbero soddisfare tale richiesta anche per un
periodo di soli sei mesi”. Secondo un’altra missiva dell’ambasciatore datata 5
agosto 1968 “Il capo dei servizi di sicurezza ruandesi mi ha sinceramente
ringraziato per gli aiuti forniti a lui e al suo Paese dai due istruttori che,
secondo lui, hanno fatto un ottimo lavoro”.
Nel dicembre di
quell’anno, Yaffe riferisce sui continui contatti con il Ministro della Difesa
Habyarimana. “In una conversazione avuta con lui il 12 dicembre 1968, il
Ministro della Difesa ha detto che a causa del cambiamento del capo dei servizi
di intelligence, aveva chiesto di aspettare due o tre mesi prima di iniziare a
implementare il piano del servizio, così come era stato proposto da due dei
nostri uomini (Yehuda Gil e Meir Ben-Ami). Si è detto interessato a far venire
ancora una volta in Ruanda il signor Binyamin Rotem… al fine di stabilire
legami con il nuovo capo dei servizi e per discutere il piano proposto.
Ho acconsentito alla sua richiesta. ”
L’amore per il
dittatore.
Il piano Nahal partì
senza intoppi. Il 9 giugno 1971, Harari riferisce come il Ministero della
Difesa israeliano avesse inviato alcuni ufficiali dell’IDF per costituire un
movimento giovanile in stile Nahal in vari campi disseminati in tutto il Paese.
Un anno prima, il 6 agosto 1970, aveva scritto che Israele aveva presentato
rapporti al Ministro della Difesa ruandese sui progressi del progetto Nahal,
nonostante il fatto che nel settembre 1968, in una lettera al Maj. Menachem
Baram, Harari avesse scritto che l’attività di addestramento di Nahal si era
spostata sospettosamente dalle aree di confine a un campo militare vicino alla
capitale Kigali.
Ma ben presto non si
trattò soltanto di addestrare ufficiali dell’esercito ruandese in Israele,
inviare il Mossad per la formazione dei servizi di sicurezza e costruire un
movimento Nahal in Ruanda. Il 14 giugno 1968, il direttore della Divisione
Africana del Ministero degli Esteri israeliano, Hanan Bar-On, scrisse che il
regime hutu aveva chiesto di acquistare mortai e munizioni da Israele, nonché
di portare istruttori israeliani di artiglieria in Ruanda.
Sembrava che gli
sforzi di Israele nel Paese avessero avuto successo e, secondo una lettera di
Harari del 1 ° settembre 1969, Kayibanda mostrò “simpatia e ammirazione per
Israele”.
“La posizione del
Ruanda su Israele continua ad essere favorevole “, Harari scrive in una lettera
un anno dopo, “e probabilmente sosterrà la nostra politica sulla questione
arabo-israeliana e sulla questione dei profughi”. Il 10 agosto 1971 Harari
scrive di aver proposto al Ministro degli Esteri ruandese di aprire
un’ambasciata a Gerusalemme, cosa mai avvenuta prima.
In una panoramica
preparata l’8 ottobre 1971, un anno e mezzo prima del colpo di stato militare
che rovesciò Kayibanda, Harari giustamente pronosticò che l’unica persona che
poteva sostituire il dittatore era il suo Ministro della Difesa, Habyarimana. I
documenti appena resi pubblici, tuttavia, non forniscono alcuna risposta sulla
questione dei legami di Israele con il regime di Habyarimana fino al genocidio.
Questi documenti devono ancora essere desecretati.
Qual è stato il ruolo
di Israele nel genocidio?
Negli ultimi anni in
Israele c’è stata una serie di procedimenti legali che, insieme al prof. Yair
Oron, ricercatore sul genocidio, chiedevano di rendere pubblici i documenti del
Ministero della Difesa sulle esportazioni militari al regime hutu negli anni
’90. Questi stessi procedimenti hanno cercato di chiamare in giudizio gli
Israeliani come complici di genocidio e di crimini contro l’umanità.
In risposta, il
procuratore generale Shai Nitzan ha dichiarato che il direttore generale del
Ministero della Difesa, David Ivri, aveva ordinato il congelamento
dell’attività di sicurezza israeliana in Ruanda il 12 aprile 1994, sei giorni
dopo l’inizio dello sterminio dei Tutsi, sostenendo che solo allora egli aveva
ricevuto informazioni sullo scoppio della guerra civile. Nitzan ha affermato
che il materiale presentato dal Ministero della Difesa indicava che prima di
quella data nessun funzionario israeliano fosse a conoscenza della violenza
omicida che si stava perpetrando contro i Tutsi.
I documenti pubblicati
qui per la prima volta in merito agli anni ’60 e ai primi anni ’70 confermano
che Israele e i suoi rappresentanti hanno saputo per decenni del carattere
omicida, razzista e corrotto del regime hutu in Ruanda. Apparentemente, questo
non li interessava. Forse avevano interessi più importanti a cui tendere, come
ad esempio ottenere voti nei forum internazionali.
Anche se la Corte
Suprema ha vietato la pubblicazione dei documenti risalenti al periodo del
genocidio in Ruanda (sulla base del fatto che ciò danneggerebbe la sicurezza e
le relazioni estere di Israele), non c’è dubbio che negli ultimi anni la
consapevolezza pubblica del vergognoso coinvolgimento di Israele in Ruanda è
aumentata considerevolmente. I dettagli completi di tale coinvolgimento sono
ancora sconosciuti, dal momento che alcuni documenti del Ministero degli
Esteri, così come tutti i documenti relativi al Ministero della Difesa,
all’IDF, al Mossad e allo Shin Bet , sono ancora nascosti al pubblico. Non c’è
dubbio, tuttavia, che il coinvolgimento ci sia stato.
Il Presidente della
Francia Emmanuel Macron ha recentemente ordinato la nomina di un team di
esperti e di storici per esaminare il coinvolgimento del suo Paese negli eventi
ruandesi. Venticinque anni dopo il genocidio, è tempo di istituire una simile
commissione d’inchiesta anche in Israele.
(Eitay Mack è un
avvocato israeliano per i diritti umani che lavora per fermare gli aiuti
militari israeliani a regimi che commettono crimini di guerra e crimini contro
l’umanità. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in Ebraico su
Local Call.
Trad: Grazia Parolari
“contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org)
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