lunedì 6 aprile 2020

Scrittore e assassino - Ahmet Altan




(traduzione di Barbara La Rosa Salim)



In quell’immenso carcere che è la Turchia di questi anni è rinchiuso, fra gli innumerevoli, anche Ahmet Altan; fa parte di una generazione di intellettuali che osano criticare il potere.

Ricordo che la civilissima Europa (noi compresi) è complice di questo stato di cose, paga per non vedere, per non sentire, per non far parlare. Quelli che in Europa sono diritti inalienabili, altrove, come in Gran Bretagna, per Julian Assange, in Turchia, per milioni di persone, in Israele e nei Territori Occupati e a Gaza, per milioni di palestinesi vittime di apartheid, nell’Egitto dei militari, per coloro i quali marciscono torturati nelle galere, insomma per tutti quanti vivono fuori dall’Europa la nostra vita è un sogno.
A quei pazzi di migranti che rischiano l’ultima goccia del loro sangue per fuggire dall’inferno di tutti i giorni, nei loro paesi, per raggiungere l’Europa (che non sarà il paradiso, ma qualsiasi purgatorio, pensano, sarà sempre meglio dell’inferno), l’Europa ha chiuso le porte, è diventata un’immensa ZTL.

Scrittore e assassino racconta di uno scrittore che si autoesilia per cambiare vita, per ritrovare l’ispirazione, per scrivere. Arriva in una cittadina contesa da diversi clan, in una lotta prima psicologica, poi con qualche atto di forza, per finire in una carneficina, lui è benvoluto, è un intellettuale e uno scrittore, utile per tutti, per scrivere documenti e per farsi vedere in giro con qualcuno migliore di loro. Lo scrittore ha anche delle storie d’amore, pericolose, in quel posto, e si confronta con Dio, entrambi dei creatori, ciascuno a suo modo.
Non dico altro, scopritelo da soli, è un libro potente, lungo e ogni pagina è necessaria e vedrete che si tratta di uno scrittore davvero straordinario.
Intanto, se volete, potete firmare QUI un appello di Amnesty per la sua scarcerazione.



Narrazione che si svolge seguendo un libero diario mentale del protagonista, e dove i capitoli si susseguono in una generale alternanza tra sfera pubblica (le relazioni, gli incontri, i dialoghi con i potenti del luogo, i discorsi attorno a una tavola apparecchiata) e sfera privata (le notti carnalmente passionali trascorse, oltre che con Zuhal, con le molte altre donne del romanzo), destinate però inevitabilmente a contaminarsi e influenzarsi. Il tutto commentato da un intenso dialogo che lo scrittore porta avanti con Dio, a tutti gli effetti un suo alter ego, l’autore di romanzi imperfetti e di annunciati sequel ultraterreni con cui il protagonista instaura un continuo confronto. Ed è proprio in questo dialogo che Altan esplicita l’assimilazione tra scrittore e Dio, entrambi impegnati con una materia cui dare forma narrativa, da cui modellare personaggi e storie che andranno poi a seguire, in maniera più o meno fedele, i percorsi tracciati dall’autore stesso.
La vita del protagonista si intreccia inoltre con quella di molte altre figure, che giocano sulla scacchiera del paese in una continua serie di mosse e contromosse: i già citati sindaco Mustafa e il suo avversario Raci Bey; il figlio Rahmi e la moglie, Kamile Hanım; i componenti delle bande rivali; e poi la prostituta Sümbül, la donna delle pulizie Hamiyet, e un falegname che sembra osservare la vita cittadina da una distaccata prospettiva filosofica.
Scrittore e assassino, oltre ad essere un noir dalla trama ben scritta e ben condotta, è anche un’interessante riflessione sul romanzo e sulle sue dinamiche. Se la vita del paese si anima e collassa solo dopo che il protagonista vi si stabilisce, come ne catalizzasse e insieme disinnescasse tutte le tensioni, è perché gli stessi fattori entrano in gioco quando lo scrittore mette mano al proprio romanzo, e decide di animarne i personaggi. Suo compito è quello di far emergere, agli occhi del lettore, ciò che si nasconde al di sotto della realtà immediatamente visibile, in un gioco continuo tra apparenza e sostanza, tra virtuale e reale, tra vita sognata e vita vissuta. Con il rischio, come accade al protagonista del romanzo, di rimanerne tragicamente coinvolti.

Il libro di Ahmet Altan rimane incerto tra la fiaba (la cittadina fuori dal mondo, il tesoro nascosto, una certa forzatura nel contesto generale) e il realismo (l’ambientazione è attuale è concreta, i personaggi sono sfaccettati, complessi, per nulla stereotipati); la verosimiglianza a cui a volte sembra voler tendere risulta paradossalmente un suo limite, un meccanismo che non funziona del tutto a causa del surrealismo di certe scene ed impedisce al lettore un’adesione completa alle pagine.
Le motivazioni del protagonista appaiono oscure: deciso a restare nel paese anche di fronte agli evidenti pericoli cui va incontro, sceglie di diventare complice dell’illegalità del sindaco pur di guadagnarsi la possibilità di rimanere, continuando a vivere la sua torbida storia con Zuhal. E’ attratto dai segreti, dai peccati che le persone celano e che lui invece vuole conoscere; d’altronde il Male è il motore della letteratura, che non esisterebbe senza di esso; la sessualità nascosta e dissimulata diventa così uno dei principali interessi dello scrittore, la dimostrazione per lui della repressione che ognuno di noi compie verso la propria vera identità. Non solo: conoscere la seconda vita degli altri significa avere potere su di essi…

…Un romanzo ricco di suggestioni, quello di Ahmet Altan, pieno di valori e di affettività, di Bene contrapposto al Male, di amore e sesso, di ricerca della essenza della divinità in dialogo continuo con l’uomo, che si scopre imperfetto, limitato, e, alla fine, costretto a diventare un assassino per amore. Un personaggio minore, ma non per questo meno determinante nella storia, è un vecchio falegname che immobile davanti alla sua bottega continua ad intagliare una culla per una creatura non ancora nata: il simbolo della speranza in un futuro che nella Turchia odierna sembra davvero un miraggio, sembra dirci l’autore, ripetutamente perseguitato ed arrestato nel 2016 per la sua attività in favore delle minoranze armene e curde. Un libro dalle grandi caratteristiche letterarie, certamente, ma soprattutto un libro di forte impegno politico, potente e coraggioso. Speriamo che il suo autore, difeso da Ohran Pamuk, possa continuare da uomo libero la sua attività di romanziere.

…Scrittore e assassino è un avvincente romanzo noir ma anche un raffinatissimo romanzo esistenziale, un libro che invita il lettore a riflettere a ogni pagina senza perdere mai il piacere della lettura. Una bellissima storia d’amore che, per l’atmosfera e la vicenda narrata, ricorda un altro capolavoro letterario: Il minotauro di Benjamin Tammuz. Una riflessione sul processo creativo della scrittura e un confronto affascinante tra la costruzione di un romanzo e l’intervento divino nel mondo. Di fronte a un narratore tanto seducente è difficile per il lettore non farsi trascinare nel suo mondo di piacere, ambizione, politica e morte. Scrittore e assassino è un giallo che si avvita su se stesso in maniera sognante, nello stile di Paul Auster e Graham Greene.
In questo noir letterario dall’atmosfera enigmatica, ambientato sulla costa mediterranea della Turchia, in uno scenario favoloso di mare, ulivi e vigne, ma anche teatro di conflitti ed emozioni violente, uno scrittore senza nome arriva in una piccola cittadina lacerata da lotte tra bande per il potere e il controllo dei traffici illeciti.
Quella che credeva essere una calma e assolata cittadina turca, però, si rivela essere una realtà di sospetti, paranoie e violenze. All’inizio l’uomo si tiene in disparte e cerca di approfittare della bellezza dei luoghi e della sua estraneità per ritrovare il filo della sua vocazione di scrittore, smarritosi dopo anni di successi e fallimenti. Ma l’incontrollabile passione erotica per una donna (che si rivelerà al centro delle lotte locali) lo spinge a entrare nel gioco delle alleanze e degli scontri armati, implicato in un mistero dai risvolti esistenziali. Non c’è nessuno di cui si può fidare: il sindaco della cittadina è allo stesso tempo il suo miglior alleato e il suo peggior nemico, la sua amante sembra nascondere un oscuro passato, gli abitanti sembrano decisi a fare di lui un assassino, e presto tutto quello che riuscirà a scoprire verrà usato come un’arma contro di lui. Ma noi possiamo fidarci dello scrittore? Mentre gli avvenimenti si tingono del nero dell’odio e dell’avidità, e del rosso della passione e della sensualità, il protagonista riesce a mantenere uno spazio di riflessione e di confronto con Dio sui grandi temi del destino e del libero arbitrio, per capire quanto il suo mestiere di “costruttore di trame” somigli a quello del Creatore.

«Altan butta giù le porte con su scritto “Non disturbare”. Scrittore e assassino è un romanzo profondamente politico». – The Guardian

«Una narrazione profondamente avvincente e coinvolgente sull’amore, il desiderio, la solitudine. Ahmet Altan è una delle voci più importanti della letteratura turca e ha molto da dire al mondo». – Elif Shafak, autrice de La Bastarda di Istanbul

Ahmet Altan è uno dei massimi scrittori turchi di oggi, arrestato nel settembre 2016 per la sua attività di giornalista, difensore delle minoranze curde e armene, protagonista di primo piano della vita culturale turca (il premio Nobel Orhan Pamuk ha scritto un articolo sulla vicenda e ha firmato un appello in sua difesa). È autore di cinque romanzi di successo nel suo paese. Il primo, pubblicato all’età di 27 anni, ha vinto il Grand Award of the Akademi Publishing House. Nel 2009 ha ricevuto il prestigioso Prize for the Freedom and Future of the Media dalla Media Foundation della Sparkasse Leipzig e nel 2011 il premio internazionale Hrant Dink Award.

È uno di quei libri che ci spingono a fermare tutto, perché ci fanno attraversare lo specchio introducendoci in un universo di cui non possiamo immaginare la realtà. Ahmet Altan ha scritto un libro intitolato Non rivedrò più il mondo, appena tradotto in francese e pubblicato in Italia un anno fa.
Come avrete indovinato dal titolo, Altan si trova attualmente in prigione, in Turchia, condannato all’ergastolo durante l’ondata repressiva seguita al tentativo di colpo di stato del luglio 2016.
Altan ha 69 anni ed è un famoso scrittore e giornalista, due professioni a rischio nella Turchia della deriva autoritaria del presidente Recep Tayyip Erdoğan. Arrestato insieme a suo fratello Mehmet, Altan è stato inizialmente accusato di aver inviato un messaggio subliminale durante una trasmissione televisiva.
Una parodia della giustizia
Davanti all’assurdità dell’imputazione, Altan è stato successivamente condannato per sovversione. La sentenza è stata rovesciata dalla corte suprema, ma lo scrittore resta in carcere in attesa di un nuovo processo. Nel 2017 ho assistito a un’udienza del processo contro Altan, una parodia della giustizia che avevo raccontato qui.
Nel suo libro, Altan presenta una descrizione dell’ingranaggio oppressivo del sistema turco.
Tutto comincia con l’arresto all’alba, atteso dallo scrittore che aveva già preparato i suoi effetti personali. Una scena che Altan aveva già vissuto quando suo padre era stato arrestato dalla dittatura militare, 45 anni prima. Altan ha mostrato nei confronti dei poliziotti la stessa gentilezza riservata da suo padre ai militari.
 “Questo paese si muove molto lentamente lungo il corso della propria storia”, scrive Altan.
Lo scrittore descrive da una prospettiva distaccata la vita in prigione, a cominciare dalla scomparsa degli specchi e dunque dall’impossibilità di vedere il proprio viso. “Lo specchio ti guarda, dimostra che esisti”, scrive. L’assenza di un’immagine riflessa, di contro, mina la fiducia in sé e fiacca la resistenza durante gli interrogatori.
Altan racconta tutta l’assurdità della sua esperienza. Incontra detenuti che non sanno nemmeno perché si trovano in carcere, compresi alcuni magistrati che pochi mesi prima avevano mandato in galera altre persone prima di essere denunciati da colleghi che volevano salvare la pelle.

Lo scrittore descrive la crudeltà di alcuni (una dottoressa che lo costringe a tenere le manette anche durante una visita medica) e la bontà di altri, capaci di gesti umani.
Ad Altan resta una risorsa: la sua immaginazione. “Fino a oggi non c’è stata una sola mattina in cui mi sono svegliato in prigione”, scrive. Immagina di trovarsi in un hotel parigino, o sulla rive del Danubio, aggrappandosi a ricordi di viaggio e letture.
Le ultime parole di Altan suonano come una sfida: “Non potrete mai incarcerarmi, non mi rinchiuderete mai. Come tutti gli scrittori, ho un potere magico: passo attraverso i muri”. Ahmet Altan è un grande scrittore, e sta marcendo in prigione.
(Traduzione di Andrea Sparacino)



Ahmet Altan, scrittore turco di fama mondiale, era stato appena scarcerato, il 4 novembre 2019, pur se condannato a 10 anni e mezzo di carcere con la ridicola accusa di aver “collaborato volutamente e intenzionalmente con un’organizzazione terroristica“.
Il 12 novembre 2019 è tornato in carcere a seguito del ricorso della procura contro la sentenza di scarcerazione.
Il 7 gennaio 2020 la Corte di appello di Istanbul ha confermato la condanna a ulteriori 5 anni e 11 mesi.
Dietro questa decisione non c’è altro che la volontà di punire ulteriormente una persona determinata a non restare in silenzio.
Quello che stanno facendo ad Ahmet Altan è un’ingiustizia. Lo scrittore turco è un prigioniero di coscienza e deve essere rilasciato immediatamente e incondizionatamente.

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