Aimé Césaire è stato tra i più noti intellettuali afro-caraibici, padre del movimento letterario e politico della Negritudine e ispiratore dei movimenti anticoloniali del dopoguerra. Una curiosa storia lega la sua opera più famosa, fondamento teorico dell’anticolonialismo del dopoguerra, al paese balcanico
Aimé Césaire
nasce nel 1913 a Basse-Pointe, nell’isola caraibica di Martinica ancora oggi
appartenente alla Francia. Pur provenendo da una famiglia modesta, i genitori
riescono a mandare il giovane Césaire nella scuola secondaria dell’isola. Nel
1934 Aimé ottiene una borsa di studio per l’École Normale Supérieure di Parigi,
uno degli istituti d’élite del paese.
Lì conosce il suo collega croato Petar Guberina, che
diverrà in seguito uno dei maggiori esperti mondiali di fonetica e fondatore
dell’Istituto di Studi Africani a Zagabria. Tra i due nasce una forte e sincera
amicizia tanto che, durante l’estate del 1935, Guberina invita Césaire nella
casa di famiglia a Šibenik (Sebenico), cittadina sulla costa dalmata a pochi km di distanza da
Spalato.
Ai tempi
Šibenik faceva parte del Regno di Jugoslavia, istituito nel 1929 dal Re
Aleksandar Karađorđević. L’intenzione iniziale di Césaire era quella di tornare
a casa per le vacanze estive ma le difficoltà economiche gli impedivano di
intraprendere quel lungo e costoso viaggio. Decide così di accettare l’invito
dell’amico e di recarsi in Croazia, dove passò ben quattro mesi.
L’arrivo di
Césaire aveva lasciato stupiti molti abitanti, per nulla abituati a vedere un
nero tra le strade del proprio paese. La vera sorpresa però l’avrebbe
ricevuta proprio Aimé Césaire. Come raccontato in un testo di
Francoise Vergès, attivista femminista decoloniale, appena arrivato a casa
della famiglia Guberina, Césaire si affacciò alla finestra. Guardando la penisola di fronte la città il paesaggio gli ricordò
subito quello della sua isola natia. Chiese così all’amico il nome di quel
luogo. Guberina rispose «Martinska». Césaire rimase stupito e affermò
«Martiniska! Tradotto in francese significa Isola di San Martino, ma è
Martinica!». Esattamente come casa sua. Guberina regalò un
quaderno all’amico che, affacciato a quella finestra, cominciò a scrivere la
sua opera forse più famosa Cahier d’un retour au pays
natal (Diario del ritorno al paese natale).
Quel paesaggio, così simile a casa, stimolò le
riflessioni più significative elaborate poi nel Diario. L’opera, pubblicata per
la prima volta nel 1939, è considerata il fondamento teorico delle lotte
anticoloniali del dopoguerra. In quest’opera Césaire guarda alle proprie
origini liberandosi progressivamente dalle lenti della sua formazione
progressista europea, rapportandola dunque con le reali condizioni di esistenza
delle colonie, fatte di povertà, spoliazione, negazione. La Negritudine, che viene espressa in maniera strutturata per la
prima volta, è il dispositivo con cui il poeta martinicano rivendica il rifiuto
dell’identità imposta dai colonizzatori attraverso la presa di coscienza della
propria condizione, del proprio essere nero.
Lo stesso
Césaire non avrebbe mai potuto immaginare che, a distanza di 26 anni dal suo
soggiorno croato, la Jugoslavia, questa volta quella socialista guidata dal
Maresciallo Josip Broz Tito, sarebbe stata la capofila del Movimento dei Paesi
Non Allineati. Nato nel 1961 a Belgrado, il Movimento rappresentò il cosiddetto
“terzo blocco” riunendo 28 paesi in via di sviluppo in una sorta di alleanza
anticoloniale in grado di fornire assistenza, anche militare, alle lotte di
indipendenza nazionale portate avanti sopratutto in Africa.
Qualche anno
prima, nel 1956, Césaire rompeva con il Partito Comunista Francese attraverso
una lettera indirizzata al Segretario, dal 1930 al 1964, Maurice Thorez. In
quella lettera Césaire cita la Jugoslavia come un’eccezione
in mezzo a tanti paesi europei dove «burocrazie usurpatrici lontane dal popolo
[…] sono riuscite ad ottenere […] il penoso miracolo di trasformare in un
incubo ciò che l’umanità ha, così a lungo, nutrito come un sogno: il
socialismo». Una dimostrazione del grande rispetto e ammirazione,
alimentata dal rapporto con Guberina, per il sistema socialista jugoslavo,
alternativo allo stalinismo sovietico.
La storia
del soggiorno sebeniciano di Césaire ha cominciato ad esser sempre più
conosciuta grazie al lavoro di Maja Klarić e dell’associazione Fotopoetika che
negli ultimi anni, sostenuta dall’impegno della città di Šibenik per il turismo
culturale, ha organizzato diversi eventi sul tema. Come ci ha spiegato Klarić, “il principale obiettivo di questi
eventi era quello di far conoscere la storia e iniziare la traduzione del
libro. Era una vergogna che non fosse stato tradotto proprio lì dove cominciò
ad essere scritto”.
Il libro,
tradotto da Vanda Mikšić grazie anche al contributo dall’Ambasciata francese e
della città di Šibenik, è stato presentato venerdì 27 novembre nella biblioteca
comunale. L’appuntamento è stato organizzato dall’associazione Mladi u EU in
collaborazione con l’Ambasciata del Belgio a Zagabria, la Casa dei diritti
umani di Zagabria e la Wallonie-Bruxelles International. L’anno scorso il
comune aveva già posto una targa nella casa natale di Petar Guberina ma senza
nessun accenno alla visita di Césaire.
La vicenda è
stata raccontata anche in due documentari. Il primo, del 1991 intitolato Martinska-Martinique, del regista keniota Lawrence
Kiiru. Il secondo, del 2013, dal titolo Notebook of return to the
homeland di Véronique Kanor e Fabienne Kanor.
Riferimenti
Dattiloscritto
del Diario di un ritorno al paese natale, Assemblea
nazionale francese, www.assembly-nationale.fr
F. Vergès,
A. Césaire, G. Gnisci (trad.), Negro sono e negro resterò.
Conversazioni con Françoise Vergès, Città aperta, 2006
A.
Césaire, Lettera a Maurice Thorez, 1956, in M. Mellino, A. R.
Pomella, (a cura di): Marx nei margini. Dal marxismo
nero al femminismo postcoloniale, Alegre, Roma, 2020, pp.
45-55.
Nessun commento:
Posta un commento