martedì 9 febbraio 2021

questioni di storia e memoria

 

10 febbraio: l’equivoco della memoria condivisa - Claudia Cernigoi

 

Va innanzitutto detto che è necessario distinguere tra storia e memoria: la storia è una materia scientifica, una raccolta di fatti inequivocabili: le interpretazioni e le valutazioni possono poi essere diverse (e sono queste che creano “memoria), ma è un dato di fatto, ad esempio, che il 28 ottobre si compì la Marcia su Roma, evento che per i fascisti rappresenta una giornata di festa, mentre per gli antifascisti significa la fine della democrazia; così come il 25 aprile, giorno in cui si celebra la Liberazione dal nazifascismo, è per i nazifascisti giornata di lutto.

Premesso questo, possiamo considerare che è ormai da più di trent’anni (dal cosiddetto “crollo del comunismo”) che stiamo assistendo alla progressiva distruzione della memoria storica di tutto quanto di positivo avevano fatto i paesi socialisti, soprattutto nella lotta contro il nazifascismo (va ribadito che in termini di perdite umane l’URSS e la Jugoslavia furono i Paesi che percentualmente ebbero più morti durante la Seconda guerra mondiale).

Di conseguenza abbiamo visto anche di anno in anno aumentare la criminalizzazione della Resistenza comunista, la ricostruzione delle vendette (vere o presunte) del dopoguerra, patrimonio all’inizio dei nostalgici del fascismo, che dopo avere messo a ferro e fuoco la propria Patria, massacrando i propri concittadini non omologati al regime golpista di Salò in una guerra fratricida, non avevano accettato di avere perso la guerra e di conseguenza avere anche subito regolamenti di conti ed esecuzioni capitali. In questo contesto, volendo parlare (ad esempio) del “triangolo rosso” dell’Emilia Romagna, dell’eccidio di Schio e dell’eccidio di Codevigo del Veneto, e molti altri casi simili, i testi che fino all’inizio degli anni ’90 erano stati patrimonio esclusivo della destra neofascista nostalgica hanno iniziato ad essere mutuati anche da insospettabili esponenti di “sinistra”, come i libri di Pansa che minimizzano i crimini fascisti per stigmatizzare la ferocia dei comunisti antifascisti.

Ma la cosa peggiore è avvenuta relativamente alla propaganda sulle “foibe” al confine orientale, con l’istituzione a partire dal 2005 del Giorno del ricordo, fissato il 10 febbraio, a ridosso della Giornata della memoria, in modo da collegare i due eventi in un tutt’uno, portando a termine quello che ancora negli anni ’70 lo storico triestino Giovanni Miccoli aveva definito “accostamento aberrante”, cioè il paragonare le “foibe” alla Risiera.

Il 27 gennaio si commemorano i milioni di morti causati dalla politica nazifascista che per raggiungere il proprio fine di “nuovo ordine europeo” aveva programmato a tavolino il genocidio di interi popoli, l’eliminazione totale degli oppositori politici e di quelle che venivano considerate “esistenze zavorra”, cioè pesi per la società, disabili, omosessuali, non autosufficienti. Il 10 febbraio, due settimane dopo, vengono commemorati allo stesso livello anche i morti genericamente attribuiti “all’espansionismo jugoslavo”, senza considerare che furono per la maggior parte militari morti nei campi di prigionia o fascisti e collaborazionisti condannati a morte dai tribunali jugoslavi (che avevano lo stesso diritto delle altre corti alleate di processare i criminali di guerra) o vittime di quella giustizia sommaria che fu comune a tutta l’Europa e che anzi nelle zone controllate dagli Jugoslavi fu di gran lunga inferiore a quella del resto d’Europa.

E, lo diciamo per inciso, noi che riportiamo dati storici a conferma delle nostre analisi che smentiscono la propaganda che parla di “migliaia” di “infoibati”, siamo noi ad essere criminalizzati come “negazionisti” ai quali dovrebbe essere vietato di parlare (cosa che spesso purtroppo avviene, in quanto le istituzioni ci negano le sale pubbliche, accogliendo le proteste della canea neofascista che ci vuole silenziati), mentre i diffusori di menzogne, bufale, quelle che oggi va di moda definire fake news, sulle foibe vengono invitati a parlare a convegni istituzionali, con un’esibizione di simbologia fascista che non sembra fare scandalo.

Questo “accorpamento” delle due ricorrenze ha portato ad un’interessante evoluzione del concetto di “memoria condivisa” perché le stesse autorità che il 27 gennaio nella Risiera di San Sabba a Trieste commemorano le vittime del nazifascismo, il 10 febbraio si recano invece alla foiba di Basovizza a ricordare coloro che causarono quelle vittime, se risultano in qualche modo “infoibati”, cioè arrestati dalle autorità jugoslave e scomparsi.

Così il 27 gennaio commemoriamo nella Risiera di San Sabba i caduti della missione alleata del capitano Valentino Molina (Gino Pelagalli, Sante de Fortis e la loro basista Clementina Tosi vedova Pagani), mentre il 10 febbraio, come “infoibati”, commemoriamo (in quanto furono arrestati dall’Ozna nel maggio 1945) i componenti del Gruppo Baldo agli ordini delle SS (Giovanni Burzachechi, già carabiniere entrato nelle SS da prima dello scioglimento dell’Arma, Ermanno Callegaris, Alfredo Germani e Remo Lombroni), che causarono l’arresto e la morte di Molina e dei suoi collaboratori.

Il 27 gennaio commemoriamo anche gli agenti di custodia deportati nei lager dove persero la vita, tra i quali Francesco Tafuro e commemoriamo gli ebrei triestini scomparsi nei campi di sterminio; ma il 10 febbraio si rende omaggio tra gli altri al capo degli agenti di custodia Ernesto Mari, che si trovò per alcuni mesi anche a tenere il registro degli ingressi al Carcere triestino del Coroneo, e che firmò il registro d’entrata di molti ebrei, tra cui i tre fratellini Simeone, Michele ed Isacco Gruben, rispettivamente di 11, 8 e 3 anni, imprigionati senza i genitori, l’ottantunenne avvocato Oscar Pick ed il settantottenne Adolfo Deutsch. Mari firmò anche la scarcerazione di questi, consegnandoli alle SS, che provvederanno ad inviarli tutti ad Auschwitz, dove trovarono la morte; Mari fu anche il responsabile dell’internamento in Germania di Tafuro (e di altri agenti di custodia che fortunatamente rientrarono dalla prigionia e testimoniarono contro di lui), ma, essendo stato arrestato in seguito alle accuse mossegli dai suoi ex sottoposti, fu ucciso e gettato nell’abisso Plutone da un gruppo di criminali comuni infiltratisi nella Guardia del popolo: perciò viene considerato “infoibato” e quindi commemorato in sede ufficiale degno (gli è stato persino intitolato il carcere triestino).

Il 10 febbraio vengono inoltre commemorati i 67 agenti dell’Ispettorato Speciale di PS che furono arrestati dalle autorità jugoslave a Trieste alla fine del conflitto, in quanto si erano resi responsabili di rastrellamenti, arresti arbitrari, esecuzioni sommarie, torture e violenze varie (come Alessio Mignacca e Domenico Sica, che picchiarono una donna facendola abortire); e citiamo anche l’agente Mario Suppani, responsabile dell’arresto (e della successiva esecuzione capitale) dell’anziano militante del Partito d’Azione Mario Maovaz, fucilato il 28 aprile 1945 e degli arresti di altri esponenti del CLN giuliano, tra i quali il democristiano Paolo Reti, poi ucciso in Risiera (commemorato il 27 gennaio, un paio di settimane prima di chi lo fece arrestare).

Il caso però più eclatante è quello dell’ultimo prefetto di Zara italiana, Vincenzo Serrentino (fondatore del Fascio in Dalmazia, squadrista, ufficiale della Milizia e nel Direttorio del PFR) che aveva anche svolto il ruolo di giudice a latere (assieme a Pietro Caruso, che fu poi fucilato a Roma alla fine della guerra) del Tribunale Straordinario per la Dalmazia (presieduto dal generale Gherardo Magaldi), che si spostava in volo da Roma per emanare condanne a morte ad antifascisti. Denunciato come criminale di guerra alle Nazioni unite, si era rifugiato a Trieste, dove fu arrestato l’8/5/45; sottoposto a processo, fu condannato e fucilato a Sebenico un paio di anni dopo. I familiari di Serrentino hanno ricevuto l’onorificenza prevista dalla legge sul Giorno del ricordo. Come sarebbe considerata un’eventuale onorificenza attribuita oggi ai familiari di Pietro Caruso, che con le stesse accuse fu fucilato dalle autorità italiane?

La storia è unica, si diceva, ma la memoria è diversa. E se pure è difficile creare una memoria condivisa tra i parenti di Maovaz e quelli di Suppani, il parlamento italiano ci è riuscito perfettamente istituendo due giornate diverse per ricordare in ciascuna di esse l’una e l’altra categoria di morti.

Non mettiamo in dubbio che anche i partigiani che lottarono per il comunismo e la libertà commisero degli errori, “ebbero dei difetti”, come scrisse Pinko Tomažič, fucilato dai fascisti nel 1941: ma se li confrontiamo con i fascisti va considerato che erano diversi gli ideali di partenza, ideali di amore e non di morte, ideali di giustizia e non di prevaricazione.

A tutto coloro che oggi pretendono di assimilare il comunismo al fascismo, agli amministratori che accettano labari di formazioni fasciste e collaborazioniste alle manifestazioni ufficiali, ai magistrati che minimizzano i saluti romani in quanto non rappresenterebbero apologia di fascismo, agli eurodeputati che hanno votato l’immonda mozione di cui sopra, dedichiamo queste frasi di Italo Calvino (che di fascismo e antifascismo ne sapeva qualcosa).

… dietro il milite delle brigate nere più onesto, più in buona fede, più idealista, c’erano i rastrellamenti le operazioni di sterminio le camere di tortura le deportazioni l’olocausto…

… mentre dietro il partigiano più ladro, più spietato c’era la lotta per una società più pacifica più democratica e ragionevolmente più giusta.

Claudia Cernigoi, gennaio 2021.

(*) ripreso da http://www.diecifebbraio.info                                            

 


RIFLESSIONI SULLE FOIBE

di Francesco Mandarano, antifascista militante


In una Italia che non ha mai fatto i conti con il proprio passato fascista e colonialista, né su piano storico-culturale, né su quello politico, è invalsa l’abitudine scorretta di parlare di un singolo episodio della nostra storia, senza minimamente inquadrarlo nel periodo storico in cui tale evento si è verificato.

Sarebbe come se, alla mostra del Cinema di Venezia venissero proiettate soltanto le ultime scene di un film, senza alcun riferimento alle scene precedenti.

Questa è una concezione culturale errata e serve a manipolare la Storia, in tale concezione si inserisce la “giornata del ricordo”, che verrà celebrata il giorno 10 Febbraio 2021.

In tale giorno, ci saranno una serie di iniziative dove si parlerà delle Foibe e dell’esodo Giuliano-Dalmata. Nessuno penserà di parlare della prima e della II guerra mondiale, nonché del fascismo e del nazifascismo. Singolare è, poi, il fatto che l’Italia ricordi un episodio finale del II conflitto mondiale, ma che nessuno pensi ad istituire il “giorno della vergogna”, che dovrebbe essere fissato per il 10 Giugno di ogni anno.

In tal modo gli Italiani potrebbero finalmente riflettere in assemblee e convegni sulla inutilità e sui danni che una guerra produce, tanto più quando essa è condotta contro potenze storicamente alleate, come la Gran Bretagna, od addirittura culturalmente molto vicine come la Francia.

Premesso quanto precede, abbiamo l’obbligo culturale e morale di esprimere un giudizio equilibrato sulla vicenda delle Foibe, prima che la propaganda neofascista della Meloni e dei suoi sodali ci inondi di dati completamente errati e di psedo-riflessioni volutamente sbagliate.

Purtroppo, queste pseudo-considerazioni trovano credito su alcune TV e su alcuni giornali, dove si parla di “Italiani infoibati”, senza, però, ricordare che quelli Italiani durante il ventennio erano stati mandati da altre regioni nell’Istria e nella Dalmazia, proprio per italianizzarla e sottomettere i popoli di lingua slava.

Come se questo non bastasse, dopo l’8 Settembre 1943, questi Italiani erano stati “ceduti” da Mussolini ad Hitler.

Infatti, l’ex “duce”, Mussolini, oltre ad asservire dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943, l’Italia del centronord ad Hitler con la creazione della repubblica fantoccio di Salò, ha ceduto letteralmente al terzo reich molte regioni italiane, quali il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige e la provincia di Belluno.

L’insieme di queste regioni costituivano la “zona di operazione” ed erano parte integrante della Germania nazista. Questa vicenda dimenticata è molto triste e dimostra che l’istrione Mussolini, che per ben venti anni aveva parlato di “Patria” di “Italia” e di “Italiani” al momento opportuno dimenticava questi concetti e regalava la sua patria ed il suo popolo ad Hitler, facendo così perdere a quelle popolazioni persino la loro identità di italiani.

La rabbia è tanta quando si pensa che dopo oltre 20 anni di retorica patriottarda si constata che tra i territori della Repubblichina di Salò e le zone di “occupazione” c’era persino una frontiera, a riprova che le zone del confine orientale non facevano più parte né del regno d’Italia, né della repubblica fantoccio di Salò.

Premesso quanto precede, abbiamo l’obbligo culturale di diffondere a tutti i democratici i risultati delle nostre ricerche.

Tali ricerche ci consentono di affermare che per oltre venti anni il fascismo ha condotto sul confine orientale, cioè in Istria, Croazia e Dalmazia, una sistematica politica di pulizia etnica, abolendo le lingue slave e deportando molti abitanti di quelle zone in varie regioni d’Italia, dalla Puglia alla Sardegna.

Inoltre, il fascismo ha italianizzato tutti i cognomi di origine slava delle persone abitanti in Italia.

Per quanto riguarda le provincie orientali dell’Italia di allora in tutte le scuole di ogni ordine e grado era obbligatoria la lingua italiana, senza alcun riguardo per le popolazioni di lingua croata o slovena che avrebbero voluto mantenere le loro tradizioni e la loro identità.

Per di più, il 10 giugno 1940 Mussolini entrava in guerra accanto alla Germania nazista nella impreparazione bellica più assoluta, tanto che il nostro esercito non solo non ha vinto la II guerra mondiale, ma non è stato neanche in grado di vincere una battaglia.

Mussolini avrebbe fatto bene ad assecondare il desiderio di pace degli Italiani, anziché mandarli in guerra allo sbaraglio.

Per quanto riguarda le Foibe, c’è da dire che per venti anni in quelle cavità carsiche erano finiti gli Antifascisti, sia Italiani che Sloveni o Croati. Quando, poi, le sorti della guerra sono cambiate i partigiani di Tito hanno spinto nelle Foibe non gli Italiani, in quanto tali, bensì i fascisti, che li avevano oppressi e perseguitati per oltre venti anni.

Dal momento che i numeri hanno un loro significato e che oggi circolano cifre assolutamente esagerate, c’è da affermare che in totale il numero degli Infoibati non supera i 700, prendendo in considerazioni i due periodo cruciali quello dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e quello di fine guerra di Aprile-Maggio 1945; tenuto conto dei cadaveri identificati e delle persone scomparse.

E’ bene sottolineare ancora una volta che quelli Italiani che sono finiti nelle Foibe erano dei fascisti di provata fede, che spinti dalla propaganda di Mussolini, volevano colonizzare quelle terre e schiavizzare la popolazione.

Questo fenomeno delle Foibe, che oggi viene ingigantito ad opera della destra politica e culturale italiana, nell’immediato dopo guerra non è stato trascurato né dagli Inglesi né dagli Americani, che hanno condotto delle inchieste in merito.

Tali inchieste hanno, però, portato alla conclusione che il fenomeno dell’infoibamento c’era stato, ma era di portata irrilevante, tenuto anche conto dello sconvolgimento che la guerra aveva portato in parecchi stati d’Europa.

In ogni caso, è da sottolineare che i Partigiani Italiani sono fuori da questa storia.

In tutta la guerra di Liberazione c’è stato un solo scontro tra i partigiani bianchi e rossi, a Porzùs.

In quella circostanza c’era tra i partigiani bianchi una donna, Elide Turchetti, indicata precedentemente da Radio Londra come spia dei nazisti. Pertanto, anche quell’episodio, più volte strumentalizzato, merita di essere inquadrato non come una lotta tra rossi e bianchi, bensì’ semplicemente come un tentativo dei partigiani rossi di difendersi dalle spie e dai traditori, che in quel periodo abbondavano.

A ben guardare, quelli che oggi parlano delle Foibe dell’Italia e degli Italiani, commettono volutamente un grave errore storico, in quanto dal 43 al 45 quelle zone non erano “Italia” bensì Germania nazista.

Addirittura, c’è da ricordare e sottolineare che durante la repubblichina di Salò Mussolini ha iniziato questa polemica a favore degli “infoibati italiani”, dimenticando che per il suo spirito servile quelle persone non erano più italiani ma sudditi del terzo Reich.

Parimenti, sia Mussolini che la Meloni dimenticano volutamente tutte le stragi naziste operate nel centro nord d’Italia tra il 1943 ed il 1945 dai nazisti, che apparentemente si presentavano come “alleati”. Del resto, tutti coloro che piangono lacrime di coccodrillo sui 700 morti delle Foibe non dicono una parola sui milioni e milioni di morti causati dalla II guerra mondiale, voluta da Hitler e da Mussolini.

Per di più bisogna sottolineare che l’esodo Istriano-Dalmata è stata una libera scelta delle singole persone italiane, non certo un’imposizione delle autorità jugoslave del tempo.

Addirittura, c’è da dire che in molte zone alle autorità jugoslave avrebbe fatto comodo la permanenza di persone di lingua italiana, che erano inserite nella società ed il cui allontanamento ha creato un vuoto nella struttura amministrativa di quelle regioni.

Purtroppo, dobbiamo sottolineare che l’Italia è un paese senza memoria e, dopo aver da tempo sdoganato il fascismo di Mussolini, quello al quale la borghesia ha aperto le porte il 28 Ottobre 1922, cerca ora anche di sdoganare la repubblica fantoccio di Salò.

La giustificazione di questa riabilitazione del fascismo e del nazifascismo viene rinvenuta nella circostanza che il popolo italiano, nel 1922, era stanco degli scioperi dei “rossi”.

La verità storica è ben diversa: la borghesia e gli agrari hanno armato le squadracce fasciste in funzione antioperaia e di antibracciantile.

Come se questo non bastasse, oggi storici o presunti tali, nonché fascisti di tutte le risme, riabilitano persino il nazifascismo, cioè Mussolini, Graziani e Giovanni Gentile, con le motivazioni che questi personaggi avevano costituito la repubblica fantoccio di Salò, per evitare conseguenze peggiori al popolo italiano, facendo da cuscinetto tra i nazisti inviperiti per l’armistizio dell’8 Settembre 1943, firmato dall’Italia, e la nostra popolazione.

Questa tesi è da respingere nel modo più assoluto e categorico: l’Italia del centro-nord tra il 1943 ed il 1945 ha subito stragi inaudite di popolazioni inermi, ragion per cui non c’è stato, né ci poteva essere, alcun cuscinetto tra i nazisti feroci e sanguinari per partito preso e l’inerme popolo italiano.

In questa ottica di falsificazione della Storia, si insiste nella vulgata chiaramente errata di sostenere che i Partigiani di Tito hanno condotto una pulizia etnica contro gli Italiani, in quanto tale.

La verità è ben diversa: le reazioni Jugoslave, ci sono state, non però, nei confronti degli Italiani come tali, bensì esclusivamente nei confronti degli Italiani di provata fede fascista, implicati fino al collo nelle nefandezze fasciste, che per oltre venti anni li avevano perseguitati.

Proseguendo in questa strada di voler a tutti i costi riabilitare il nazifascismo e di gettare discredito sui Partigiani Jugoslavi, si arriva a sostenere che gli “Infoibati” sono stati decine e decine di migliaia, ma non si forniscono assolutamente i nomi e i cognomi di queste persone.

Noi, per amore di verità e per serietà di studiosi, indichiamo le persone infoibate con il loro nome e cognome.

Tali affermazioni secondo le quali ci sarebbero migliaia e migliaia di infoibati, sono assolutamente errate e non supportate da alcuna documentazione.

Le circostanze fondamentali che vengono taciute sono due: nelle foibe per oltre venti anni sono finiti gli Antifascisti, sia Italiani che Slavi!.

Dal Settembre 1943 al Maggio 1945, l’Istria e la Dalmazia non erano “Italia” bensì Terzo Reich, in quanto provincie italiane cedute, assieme ad altri, dal servo Mussolini al suo padrone Hitler.

In un Paese come l’Italia, dove la Storia si studia poco e male, la neofascista Meloni, già l’anno scorso ha tentato l’affondo ed è ragionevole pensare che insisterà sull’argomento anche il prossimo 10 Febbraio, giorno della memoria: i milioni e i milioni di morti causati dalla II guerra mondiale, scatenata da Hitler e Mussolini, nonché i sei milioni di persone di etnia ebraica, ma cittadini di Stati dell’est europeo, fucilati o sterminati nelle camere a gas, non hanno nessun peso e nessuna importanza.

Per la Meloni, per La Russa e per Lollobrigida e per i neofascisti di Casa Pound, Casaggi e Forza Nuova, nonché per tutti i neofascisti della galassia nera, solo gli “infoibati” meritano rispetto, gli altri milioni di morti sono “una tragedia” della storia.

Noi abbiamo rispetto per tutti i morti ma rileviamo che non tutti i morti da vivi si sono comportati allo stesso modo.

La ricostruzione dei neofascisti è di comodo, in quanto lo sterminio di milioni di persone nei lager nazisti non sono una “tragedia”, come un fulmine che cade dal cielo e che non ha paternità, è la conseguenza di una guerra di rapina, di conquista e di sterminio, voluta dai nazisti tedeschi, dai fascisti italiani e dagli imperialisti giapponesi.

A tal riguardo è bene precisare che le guerre “non scoppiano”, come un tuono improvviso, ma le guerre sono dichiarate e precedentemente preparate da uno Stato ai danni di un altro. Come dovrebbe essere risaputo, i popoli dalle guerre non hanno mai tratto beneficio e dovrebbero fare di tutto per imporre ai loro governanti di non ricorrere mai alla guerra.

Infine è bene precisare che, chi come la neofascista Meloni falsifica la Storia parlando ingiustamente di foibe, come stragi organizzate dai comunisti italiani, è la stessa persona che erige sacrari a Rodolfo Graziani, vuole mandare la marina militare contro i naufraghi del mediterraneo, organizza feste in onore dello squadrista Italo Balbo ed ha fatto intitolare piazze e vie d’Italia ad esponenti del passato regime fascista.

Difatti, sempre per ordine della Meloni, sciamana dell’era moderna, a Grosseto c’è una strada per Giorgio Almirante, mentre ad Omegna (Verbania) è stato deliberato di intitolare una strada od una piazza al generale Armando Diaz, enfaticamente chiamato il duca della Vittoria, (Vittorio Veneto 1918, I guerra mondiale), ma che in concreto è stato un generale dell’esercito italiano, che ha convinto Vittorio Emanuele III a non firmare nell’Ottobre del 1922 lo “stato di assedio” ed invece ha fatto chiamare Mussolini al governo. Il futuro duce lo ricompensò facendolo ministro della guerra nel suo primo governo.

I due marciarono insieme per alcuni anni e trovarono il modo di dare lo stipendio dello Stato italiano agli squadristi fascisti, costituendo la milizia volontaria per la difesa dello Stato: un esercito privato agli ordini ed al servizio di Mussolini.

Personaggi come Mussolini, Gentile, Graziani e Diaz, capi del regime fascista, dovrebbero essere additati alle future generazioni con l’epiteto a loro più confacente: traditori dell’Italia e della Democrazia, guerrafondai e sterminatori dei Popoli!

I Partigiani e gli Antifascisti Italiani, oggi come negli anni 1943 – 1945, hanno ben altra visione del mondo e gridano con forza al mondo intero:

Pace tra gli Stati!

Democrazia, Libertà e benessere per i Popoli!

da qui

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