È passato un decennio dalla fine della Rivoluzione tunisina. In occasione di questa ricorrenza, l’Università di Pisa ha organizzato un convegno internazionale al quale hanno partecipato degli ospiti di primo piano nel panorama intellettuale.
Rivoluzione
della dignità, è uno dei
nomi con cui i manifestanti hanno definito la rivoluzione che ha portato alla
caduta del regime dittatoriale di Zine el-Abidine Ben Ali il 14 gennaio 2011.
Il convegno
è stato dedicato alla memoria di Lina Ben Mhenni, blogger e
attivista deceduta nel 2020. Ma anche a tutte le donne che hanno sostenuto e
portato avanti la rivoluzione riuscendo a ottenere la liberazione del proprio
paese da dittatura e paura.
L’azione
svolta in Tunisia rappresenta lo spunto dal quale numerose proteste e rivolte
si sono propagate negli ultimi anni in tutta la regione araba. Si è così
generata un’onda di dimensioni notevoli che ancora oggi si riversa nelle piazze
in Tunisia, in nord Africa e Medio Oriente per contrastare la fame, chiedere
giustizia e combattere per la dignità e la libertà.
Lina è stata
una delle figure più importanti della rivoluzione tunisina. Attraverso il suo
blog “A Tunisian girl” è stata tra le prime a raccontare
in Tunisia e al mondo intero quello che stava succedendo tra il dicembre 2010 e
il gennaio 2011. È stata tra le prime a denunciare la violenza della
repressione e a scendere nelle piazze per chiedere la caduta del dittatore Ben
Ali.
Le donne
hanno giocato un ruolo fondamentale nella stagione delle rivolte nel mondo
arabo nel 2010 e nel 2011. Ancora oggi continuano a essere protagoniste come
agenti forti di cambiamento. Queste donne mettono continuamente in pericolo i
loro corpi e le loro intelligenze per ottenere dei governi giusti e democratici
capaci di garantire a ogni individuo diritti e libertà.
Il loro coraggio
le ha portate a scendere in piazza non solo in Tunisia, ma anche in Marocco,
Egitto, in Siria, in Libano, in Iraq e l’elenco non si ferma qui. Ancora oggi
nei paesi arabi le piazze sono in fiamme.
Ma come sta
andando la giovane democrazia tunisina a un decennio di distanza? Sono state
svolte elezioni libere, ma la politica si è trovata spesso in tumulto. Durante
questo decennio e nel mezzo di una crisi economica, circa 13 governi diversi
hanno governato il paese.
Gramsci con
il termine “rivoluzione passiva” intendeva una trasformazione delle strutture
politico istituzionali che però di fatto non portano a sostanziali mutamenti
nell’ordine stabilito. Ma nel contesto tunisino non si parla di una falsa
rivoluzione. Si parla di una rivoluzione che affronta difficoltà causate da
progressive crisi e diversi ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione.
In poche parole la rivoluzione passiva non scaturisce dalla lotta delle classi
ma si impone dall’alto tendendo a sfruttare l’assenza o l’impossibilità di una
forte iniziativa popolare con la conseguenza che, secondo Gramsci, il
cambiamento rischia di essere lasciato nelle mani delle classi dominanti.
Quindi il gruppo portatore delle idee è quello borghese e intellettuale, e non
quello subalterno o svantaggiato.
Nonostante
sia stata l’unica nazione in cui le rivolte hanno avuto successo, in realtà ha
avuto e ha ancora molti problemi nella sua transizione. Norberto Bobbio
ha suggerito una riflessione in merito alla nozione molto complessa del termine
“rivoluzione”. Bobbio ha individuato i tratti caratterizzanti dell’evento della
rivoluzione nel “movimento” e nel “mutamento”, i quali rappresentano
reciprocamente la causa e l’effetto della rivoluzione stessa. Perciò, per
definire al meglio la rivoluzione occorre specificare di quale tipo di
movimento e di mutamento si tratta.
Nel contesto
tunisino, il movimento che ha caratterizzato la rivoluzione è il risultato di
una società civile preparata. Già da decenni alimentava con sacrificio e
coraggio la passione per la libertà, per i diritti e per la democrazia pagando
prezzi altissimi. Dunque la competenza della società civile in Tunisia è tra le
principali cause che hanno portato a un destino diverso rispetto agli altri
paesi investiti dalle rivolte del 2011. Per quanto riguarda il mutamento
prodotto dalla rivoluzione, gli effetti principali che si rilevano sono la
scrittura di una nuova costituzione, e il nuovo ordine delle libertà e dei
diritti che l’ordinamento tunisino sta consolidando, diversamente da quanto
avviene negli altri paesi intorno alla Tunisia.
Nonostante
tutto, il processo di transizione sta avvenendo tra tante difficoltà e molte
incoerenze. D’altronde non è esistita alcuna rivoluzione, soprattutto se
orientata al riconoscimento dei diritti che non abbia generato transizioni
molto lunghe e dolorose, caratterizzate da crisi e regressioni. O ancora, una
rivoluzione alla quale non sia stata criticata la propria efficacia.
Ma il lavoro
che viene fatto in Tunisia con coraggio e determinazione potrebbe essere fonte
di grande ispirazione per tutta la comunità internazionale.
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