C’è una cosa che affascina i cittadini delle democrazie di questi ultimi anni. È l’idea che ci sia un solo mondo possibile. Sono passati vent’anni dallo slogan “un altro mondo è possibile” e quell’immagine che mostrava una lotta aperta al compromesso, un’utopia disponibile al dialogo… quell’immagine è svanita del tutto. Ora l’unica rivoluzione che il cittadino medio (categoria che occupa il 99 per cento del totale) si permette di immaginare è che un solo mondo è possibile: speriamo che arrivi uno bravo che ce lo costruisce.
In Italia siamo un’avanguardia. Ha cominciato Berlusconi mettendo
in pratica quello che Craxi aveva solo sperato di creare. Poi
è stato un arrembaggio continuo. Bossi che porta i Celti alla
conquista di Roma ladrona; Fini che sdogana i post
fascisti; Di Pietro che mescola giustizialismo e
strapaese; Grillo che raccoglie i cocci dei movimenti e offre
un megafono a qualsiasi rivendicazione, poi traduce tutto in un partito e
deposita il marchio; Renzi che va avanti a colpi di
guerriglia, conquista un fortino alla volta, perde pezzi, non punta mai a
vincere una guerra, ma procede per sabotaggi; e poi c’è il capitolo a parte dei
tecnici, versione intelligente dei pirati sopracitati: Dini, Ciampi,
Prodi, Monti e Conte, per non parlare dei colonnelli della Protezione
Civile & co.
Ora s’affaccia alla storia italiana il più tecnico di tutti. Christian Raimo
sostiene che “Draghi non fa la cacca: emette incenso”. Sono tutti entusiasti di
potersi entusiasmare all’unisono. Perfino quelli che probabilmente resteranno
fuori si affrettano a dichiarare che voteranno le misure che ritengono
opportune. Che lo fanno per rispettare il regolamento di condominio
sottoscritto dai loro inquilini. Anche Avvenire si esalta e lo inquadra come un
esemplare di umanità e eleganza. “Ascolta, prende appunti, non interrompe,
tutt’al più rassicura e invita ad avere fiducia”. E con la sua classe converte
anche il barbaro Salvini. Quello che schifava l’Europa e voleva pieni poteri è
felice di concederli a una colonna della Troika.
I motivi di quest’innamoramento sono tanti.
C’è il ripiegamento del politico nel privato, l’ansia e la solitudine che
ne derivano, la crisi della rappresentanza, il vuoto ideologico, il
pettegolezzo e la superficialità che sono usciti dal recinto del bar per finire
nella piazza di internet, ma soprattutto il mito dell’inevitabilità. I
cittadini delle nuove democrazie sono convinti che il futuro sia uno soltanto. Si può amare,
disprezzare o fregarsene, ma inevitabilmente stiamo tutti finendo nel collo
dello stesso imbuto.
Ma Draghi e i suoi tanti sostenitori hanno un motivo in più per infilarsi
nell’imbuto. Oggi quel futuro è più concreto e, soprattutto, meno legato alle
esperienze del Novecento, un secolo così pieno di partecipazione e pensieri.
Oggi bisogna correre verso soldi e salute. Qualsiasi idea divisiva diventa
secondaria. Il futuro inevitabile che ci vendeva Berlusconi era debole, ci dava
libertà e benessere quando noi, tutto sommato, eravamo già abbastanza liberi e
benestanti. Mica eravamo i morti di fame incatenati usciti dalla guerra e dal
fascismo. Anche il futuro di Salvini era più fumo che arrosto. Alla patria ci
crediamo veramente solo ai mondiali, ma il campionato ci appassiona di più. E
pure tutta questa paura per gli africani scompare appena chiudiamo la pagina
facebook del Capitano per guardarci intorno e vedere che siamo circondati da
immigrati che si spaccano la schiena e si comportano meglio di noi.
Oggi i soldi che ci mostrano in televisione sono tanti. Non gli euro di
Renzi, i condoni di Berlusconi, l’abolizione della povertà e compagnia
bella. Ma tanti miliardi che superano il piano Marshall. Non
possiamo rinunciare.
Soldi e vaccino. Tutto giusto. Ma quando avremo tolto la mascherina e
usciremo di casa con le tasche piene in quale mondo sogniamo di respirare?
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