È stato sempre un problema, per la Firenze di oggi, il rapporto con la sua storia. E che storia, letteraria e culturale e di pensiero! Uno di quei pesi che ti schiacciano, se non li sai usare nella maniera giusta. Uno di quei pesi che hanno reso, per molti aspetti, Firenze una città più provinciale di quanto si pensi, incapace di liberarsi – appunto – degli antichi fasti. Compreso il Rinascimento. Compreso Machiavelli.
C’è chi, invece, pensa che si possa
ancora cavalcare la pesantissima eredità fiorentina, sicuro che il suo
stereotipo possa ancora aprire una breccia in un parterre internazionale. E
d’altro canto, come fargliene una colpa, a Matteo Renzi? Firenze ospita fior di
università americane ed è la sede della più prestigiosa istituzione europea di
studio e ricerca, l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole. C’è la
tradizione dei cosiddetti anglobeceri, della comunità intellettuale non solo
anglofona che ha scelto Firenze come sua nuova patria culturale e spirituale. E
anche chi scrive a Firenze deve molto di quello che sa, per i quasi cinque anni
trascorsi a formarsi e vivere in un museo a cielo aperto, per un dottorato in
storia delle relazioni internazionali.
Parto dunque proprio da Firenze. E parto
da un altro sindaco che aveva una visione internazionale, una visione
decisamente antitetica a quella di Matteo Renzi. Parto da Giorgio La Pira,
l’uomo della pace. Non perché tutti si debba essere santi, idealisti e
visionari. Ma perché, come La Pira, si cammini. Non è un esercizio poi così
difficile. Si mette un piede appresso all’altro e si cammina, si percorrono le
strade, si incontrano le persone, si guardano i luoghi, si impara molto della
terra e della dignità degli altri.
Giorgio La Pira, come Matteo Renzi,
andava oltre i confini della città di Firenze. Andava nella Mosca sovietica
assieme a Vittorio Citterich, Vittorino, come lo chiamava lui. Erano i tempi in
cui le chiese erano sostanzialmente chiuse e vigeva l’ateismo di Stato, e
quando – durante la visita in una chiesa ortodossa di Mosca – Vittorio
Citterich si lamentò col suo mentore che a pregare c’era solo una vecchina, La
Pira lo rimproverò perché proprio quella vecchina dimostrava che c’era una
chiesa viva (lo raccontò proprio Citterich negli ultimi anni di vita, con il
suo solito sorriso sornione).
Quando invece andava al Cairo –
perché La Pira andava anche al Cairo, a Gerusalemme, ad Algeri, spesso
accompagnato proprio da Citterich -, il sindaco di Firenze si recava a Shubra,
alla scuola dei salesiani, quella che ancora oggi forma i ragazzi egiziani a
diventare meccanici, falegnami, tecnici. Incontrava, insomma, la gente, le
persone. Non visitava solo i palazzi del potere, ma per aiutare la pace e la
comprensione degli equilibri mediterranei, incontrava la realtà e di questo si
faceva forte per i suoi colloqui di pace che poi, questi sì!, resero famosa e
molto meno provinciale Firenze, tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Anni, è bene
ricordarlo, in cui il peso specifico della nostra politica estera ed energetica
era di altro tipo e spessore. C’era La Pira. C’era Enrico Mattei, l’ex
partigiano cattolico Enrico Mattei che, con l’Eni, stravolgeva gli equilibri
petroliferi delle Sette Sorelle e si poneva come nuovo interlocutore con i
regimi che stavano uscendo dal giogo coloniale. Un interlocutore che, per
esempio in Algeria, in Libia, sino in Iran, offriva dividendi maggiori e
decisamente più dignitosi ai governi che stavano aprendo una nuova stagione
nazionale e di decolonizzazione.
Si sa come andò a finire, per Enrico
Mattei. E neanche il sogno del Mediterraneo come un nuovo lago di Tiberiade,
immaginato da Giorgio La Pira, ha poi visto la luce. Forse per questo Matteo
Renzi ha scelto una strategia opposta? Forse per questo, durante tutta la sua
carriera politica e di governo, Renzi ha pensato di poter mettere nel cassetto
la questione dei diritti e di mediazioni equilibrate di pace? Perché tanto con
gli ideali non si fa politica e neanche affari economici, e quindi meglio
schiacciarsi sulla solita Realpolitik? D’altro canto, viene considerato un
sempreverde con cui non si sbaglia mai. I soldi arrivano, gli affari pure, e il
Cairo e Ryadh valgono bene un funerale celebrato sui diritti umani.
Il problema è che, a ben guardare, per
ciò che Renzi ha fatto da presidente del consiglio dei ministri e ora da
senatore della Repubblica, il guadagno per l’Italia non è stato un granché.
Siamo stati, se proprio ci è andata di lusso, semplici esecutori senza una
strategia di spessore, a scapito – peraltro – della nostra immagine costruita
in decenni di vecchia politica dell’equidistanza.
Gli esempi sono sempre lì, nel
Mediterraneo, proprio il Mediterraneo che La Pira conosceva così bene…
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