giovedì 18 febbraio 2021

Pablo Hasel arrestato




 

L'hanno portato via ieri mattina all'alba, tra gli applausi di una cinquantina di manifestanti che si erano barricati con lui nell'università di Lleida, in Catalogna, accatastando sedie e banchi per intralciare la polizia. Un arresto scenografico quello di Pablo Hasel, il rapper diventato un simbolo della libertà di espressione dopo una condanna a nove mesi per il reato di «glorificazione del terrorismo» e insulti alla monarchia.

 

«Morte allo Stato fascista» ha gridato lui con il pugno chiuso in alto mentre gli agenti dei Mossos d'Esquadra lo facevano entrare nell'auto della polizia. «Vinceremo, non ci piegheranno con la loro repressione, mai!», aveva detto poco prima davanti alle telecamere delle tv.

 

Il mandato d'arresto era stato emesso lunedì dalla Corte nazionale dopo che l'artista non si era presentato in prigione volontariamente per scontare la condanna. Lui aveva reso chiaro di ritenere «un'umiliazione indegna» la sentenza e aveva spiegato su Twitter, dove ha oltre 125 mila follower: «Il prossimo potresti essere tu». Come a dire: non viviamo in uno Stato libero e democratico.

 

La sua battaglia ha trovato appoggi illustri come quelli del regista Pedro Almodóvar, dell'attore Javier Bardem e del cantante Joan Manuel Serrat, che hanno firmato, insieme con altre 63 mila persone, la petizione di Amnesty International in cui si chiedeva di evitargli il carcere e di cambiare la cosiddetta ley mordaz a, la legge bavaglio del 2015: «L'incarcerazione di Pablo Hasel è una spada di Damocle sulla testa di tutte le figure pubbliche che osano criticare apertamente le istituzioni dello Stato - si legge nel testo - . Siamo consapevoli che se consentiamo che Pablo venga imprigionato, domani potranno inseguire ognuno di noi, finché non saranno riusciti a silenziare ogni sospiro di dissidenza».

 

La questione imbarazza la coalizione di sinistra al governo, e in particolare il Partito socialista. Tanto che la scorsa settimana, pur senza citare espressamente Hasel, l'esecutivo ha promesso una riforma del codice penale, affinché gli «eccessi verbali nell'ambito di manifestazioni artistiche, culturali o intellettuali» non costituiscano più reato e non portino a pene detentive.

 

La proposta, tuttavia, era stata respinta dall'opposizione conservatrice del Partito popolare e dall'estrema destra di Vox. Ieri, dopo l'arresto, la vicepremier Carmen Calvo aveva detto alla stampa che «mettere in carcere le persone su questioni di libertà d'espressione non dovrebbe accadere in una democrazia come quella spagnola».

 

Hasel, all'anagrafe Pablo Rivadulla Duró, classe 1988, ha scoperto il rap a dieci anni e ha cominciato a registrare le sue canzoni nel 2005. I suoi sono testi crudi e rivoluzionari come «Morte ai Borbone», in cui accusa la famiglia reale di essere l'erede del regime franchista.

 

Il rapper era stato condannato nel 2018 per una canzone sull'ex re Juan Carlos e 64 tweet, tutti pubblicati fra il 2014 e il 2016, che, oltre a descrivere l'ex monarca come un boss mafioso, accusavano la polizia di torturare e uccidere manifestanti e migranti, incitavano all'insurrezione, tirando in ballo più volte l'Eta e il Grapo, due noti gruppi armati ormai estinti, e paragonavano i giudici ai nazisti.

 

Ma ci sono dei precedenti. Hasel era stato accusato in altre tre occasioni di aggressione, violazione di domicilio, insulti alla monarchia, apprezzamento di gruppi armati. Nel 2014 era stato condannato a due anni di carcere per apologia di terrorismo ma non era stato incarcerato perché incensurato. L'anno dopo altri sei mesi per aver aggredito un giornalista. Questa volta, però, è finito in cella.

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