Ecco – in ordine di arrivo – quel che la
“bottega” ha ricevuto
da Michele Licheri
… è decollato altrove l’angelo di
Coney Island:
resta la sua poesia – vera ricchezza
condivisa –
tra cielo e mare
e si è incardinata ovunque
tra le anime e le arterie vitali della
terra
generando fiori di libertà.
Addio fratello, zio, nonno, magico
libertario:
la tua voce è in noi.
Eri forse caparbio? Avevi classe.
Un vento ponentino -stasera- mi sussurra i
tuoi versi
ed io sorrido pensando alle tue forti
spalle
da uomo della frontiera
da editore
da poeta
che l’Amerika perbenista dei kapò
non riuscì a piegare.
Prono mai! Piuttosto libero.
Ti sia lieve il volo, Lawrence:
leggera la terra.
da Giovanni Trimeri
redattore – a suo tempo – della
rivista «abiti/lavoro»
Addio a te, Lawrence Ferlinghetti
della stirpe che ha segnato la strada
della poesia, che ha insegnato
la poesia della strada
nella luce fredda di anni miopi
nella luce fioca di città impaurite.
Addio a te, poeta, che i poeti
hai invitato a scendere
dalle torri d’avorio e boria
aprire le porte e le finestre
per liberare i versi nell’universo.
da Giorgio Chelidonio
“Lay me down”, un saluto mentale a Lawrence Ferlighetti
Ieri, alla veneranda età di 101 anni,
Lawrence Ferlinghetti si è “trasferito” nella sua, personalissima “nowhereland”
(1). Provo a salutarlo con un doppio link:
– “Non
posso morire finchè c’è Trump” diceva a Giada Diano, sua stretta e
fedelissima
collaboratrice per oltre 20 anni. ….Lawrence mi ha insegnato che il silenzio
è sempre complicità e che la cosa più rivoluzionaria di tutti è la tenerezza.
Mi ha insegnato la gentilezza e l’ostinazione
del sogno“ (2).
– una suggestione, che la misteriosa complessità della mente, mi ha regalato
stamattina: forse è
scaturita dall’associazione con la sua San Francisco e la “West Coast
music”(3). Comunque sia, la
musica e il testo sono quelli di “Lay me down”, tratta dall’album
“Crosby & Nash” (2004).
David Crosby (4) e Graham Nash sono fra gli ultimi rappresentanti di questo
filone musicale, che amo definire “beat/Folk”, probabilmente per come l’ho
percepita e “vissuta” fra la metà degli anni ’60 e i primi anni ’70 “del secolo
scorso” (che impressione dirlo!). E ascoltarla (5) mi ha confermato, anche
emozionalmente, questa peculiare associazione mentale.
LINKS
1.
Non è facile tradurre il significato di “Nowhereland”: forse “non luogo” o
forse la stessa “utopia”?… “Quanto è grande Nowhereland?
Non ho idea di quanto lungo sia il viaggio che mi appresto a compiere. Non so
se ci metterò un paio di giorni, oppure medi o anni. Ma sono giovane e non ho
dove tornare. Il tempo non è un problema.”
3.
https://it.wikipedia.org/wiki/West_Coast_(rock)
4.
https://it.wikipedia.org/wiki/David_Crosby
5.
https://it.wikipedia.org/wiki/Graham_Nash
6.
https://www.youtube.com/watch?v=NgIDLSvnENM + https://www.youtube.com/watch?v=Z3HyHetkk2A (dal vivo 22.3.2014)
Lay me down (testo)
Driving out through the windmills
And some of them were still
Sometimes it’s hard to catch the wind
And bend it to your will
Even though it’s hard to know
Just how the story ends
The road is long and it takes its time
On that you can depend
Lay me down in the river
And wash this place away
Break me down like sand from a stone
Maybe I’ll be whole again one day
Lay me down, lay me down
Maybe I’ll be whole again
Lay me down, lay me down
Maybe I’ll be whole again
Somewhere between Heaven and Hell
A soul knows where it’s been
I want to feel my spirit lifted up
And catch my breath again
Lay me down in the…
Traduzione (ricordando che tradurre è un po’ tradire)
Guidando attraverso i mulini a vento.
E alcuni di loro erano immobili.
A volte è difficile prendere il vento
E piegarlo alla tua volontà.
Anche se è difficile sapere
proprio come finisce la storia
La strada è lunga e ci vuole tempo,
su quello puoi fare affidamento.
Distendimi nel fiume
e lava via questo posto.
Frantumami come la sabbia da una pietra,
forse un giorno sarò di nuovo intero.
Distendimi, distendimi,
forse sarò di nuovo intero.
Distendimi, distendimi,
forse sarò di nuovo intero.
Da qualche parte tra il paradiso e
l’inferno
un’anima sa dov’è stata,
voglio sentire il mio spirito sollevato
e riprendere il mio fiato.
Distendimi, distendimi …
Forse, un giorno, sarò tutto me stesso.
da Alberto Masala
Gli piaceva essere chiamato Lorenzo. Era
fiero e felice delle sue origini italiane.
Ora tanti ricordi…
Su tutti l’ultima visita in Italia. Mi era
stato chiesto di tradurlo (Underwear) e accompagnarlo a Roma per affiancarlo
nella lettura dei suoi testi in italiano. Lì ebbi una lezione di vita che non
dimentico.
Insieme a Laura Zanetti ero nella hall del suo albergo al centro di Roma, poco
prima di andare al Campidoglio dove gli avrebbero concesso la cittadinanza
onoraria. Aspettavamo che venissero a prenderlo. Io stavo in un angolo
della hall col muso lungo e soprappensiero, preda dei miei problemi di
coscienza. Avevano appena eletto Gianni Alemanno a sindaco di Roma, il quale
ereditava dalla precedente amministrazione Veltroni le pratiche
già in corso. Fra queste, appunto, la cittadinanza a Ferlinghetti.
“Io non vado da un sindaco fascista, non ci riesco” dissi a testa
bassa senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi. Ma non volevo essere un
problema né un fastidio, né tantomeno mettere ombra sulla contentezza di
Lawrence, che si vedeva italianizzato e riconosciuto da quella che considerava
la sua vera patria d’origine. Per lui questo evento era una festa grande e
molto importante. “Ti accompagno lì e ti aspetto fuori. Quando hai
finito mi trovi sulla porta”.
Lui mi guardò fisso con i suoi occhi di cielo e, con la sua voce velata
e tranquilla, mi disse: “Io non vado a parlare con un sindaco,
vado ad incontrare i romani”. Ecco smontate le mie stupide rigidità dalla
sua dolce sicurezza e determinazione. Non avevo parole.
Entrai nella sala riempita da un centinaio di giornalisti che, come da sempre
vedevo fare con i Beats, erano alla ricerca della nota di colore o
in attesa della stranezza. Ferlinghetti si comportò con la solita
eleganza di gesti che lo distingueva. Dopo una patetica introduzione di
Alemanno, che aveva acrobaticamente preso a pretesto i Beats per parlare di
Pound e dei campi Hobbit che avevano formato la sua gioventù, ci fu il suo
discorso che cominciava così:
“Da giovane ero anarchico, poi contro la guerra in Vietnam e col movimento
del sessantotto, poi col Che Guevara, infine col comandante Marcos. Adesso sono
Zapatista”.
A quell’affermazione dalla schiera dei cento giornalisti si levò limpida una
voce che ne definiva inesorabilmente la caratura: “Nel senso di
Zapatero?”. L’improvvido giornalista si era consegnato all’eternità insieme
al suo degno sindaco. Era il compendio che mi ripagava di tutti i precedenti
dubbi: era stato giusto essere lì e poter vedere fino in fondo.
Chiudo questo discorso ricordandone la
generosità…
A Lawrence Ferlinghetti devo molta
riconoscenza: mi ha sempre sostenuto in tanti modi con quella sua leggerezza
che non chiedeva mai niente in cambio.
A San Francisco, grazie alle traduzioni e alla cura del caro Jack
Hirschman, ho pubblicato tre libri. Appena uscivano, trovavano
immeritatamente posto nella vetrina di City Lights insieme ai prestigiosi
titoli italiani di Dante, Calvino e Pasolini, suoi amori mai assenti. Mi
emozionano ancora le foto che mi spediva Jack… Così In the
Executioner’s house, Alphabet of Streets, e soprattutto Taliban (in due diverse edizioni)… si
esaurivano in poco tempo. E da quella stessa libreria partirono gli assegni
delle mie vendite a sostegno del RAWA…
A lui, oltre alla pubblicazione (tra gli
altri) di Kerouac e Burroughs, il merito di aver combattuto e, dopo essere
finito in prigione, aver vinto in tribunale per Howl, il grandissimo
capolavoro di Allen Ginsberg, l’Urlo simbolo di un’intera generazione che è
arrivato a noi grazie alla sua fermezza.
E come dimenticare che quando Gregory (Corso) abitava a casa mia era
sempre lui il santo a cui si rivolgeva per ogni difficoltà? E che puntualmente lui
rispondeva spedendogli soldi (insieme a qualche libro per me).
Grazie
di tutto, Lorenzo… Grazie per sempre.
UNA POESIA SCELTA DA FABRIZIO
“L’ASTROFILOSOFO”
Invecchiando percepisco
che la vita ha la coda in bocca
e gli altri poeti gli altri pittori
non significano più alcun genere di
competizione
È il cielo a lanciare la sfida
il cielo ha bisogno di decifrare
anche se gli astronomi si sforzano di
sentirlo
con le loro enormi orecchie elettriche
il cielo che ci sussurra costantemente
gli ultimi segreti dell’universo
il cielo che respira dentro e fuori
come fosse l’interno di una bocca
del cosmo
il cielo che è anche la sponda della terra
e anche quella del mare
il cielo con le sue molte voci e nessun
dio
il cielo che racchiude un mare di suoni
e di echi che ci rimanda
come in un’onda contro la parete del mare
Poesie intere dizionari interi
arrotolati in un rombo di tuono
E ogni tramonto un action painting
e ogni nuvola un libro di ombre
attraverso le quali volano selvagge
le vocali degli uccelli che stanno per
gridare
E il cielo è chiaro per il pescatore
anche se è coperto
Lo vede per quello che è:
uno specchio del mare sul punto di
crollare su di lui
sulla barca di legno al cupo orizzonte
Dobbiamo pensarlo come poeta per sempre
faccia a faccia con la vecchia realtà
dove gli uccelli non volano mai prima
della tempesta
E lui sa quello che verrà giù
prima dell’alba
e lui è la sua migliore vedetta
ascoltando il suono dell’universo
e cantando le sue visioni
della terra dei vivi
Lawrence Ferlinghetti, “Poeta Pescatore“,
tratto dalla raccolta “A Coney Island of The Mind” (Minimum Fax, 2018)
nella traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan
da Sandro Sardella
CARTOLINE PER FERLINGHETTI DISCANTO
1
oggi 24 febbraio 2021 mentre spargevo
letame
nell’orto .. ti pensavo Lawrence
Ferlinghetti .. mentre
tagliavo e spaccavo legna ti pensavo
Lawrence
Ferlinghetti .. ti pensavo le tue pitture
di vigorosi
nudi dai colori acidi .. ti pensavo le tue
poesie pop
innervate di cultura francese e dai tuoi
scatenati
amici beat .. ti pensavo in San Francisco
nel 2012
quando Jack ti presenta il “poeta
italiano” e ..
mentre stavo per farfugliare il mio
maccheronico
inglese .. Tu candidamente che mi dici ..
“Parlami
in italiano! Mi piace sentire la lingua
italiana! .. “
ed io da antico rokkettaro che mi faccio
poi firmare
la copertina di un tuo libro .. ti pensavo
dentro ai
tanti passi della mia passione di poesia
nella strada
fuori dalle muffe accademiche dalle
conventicole ..
ti pensavo dentro il mondo e dalla parte
degli
sfruttati degli ultimi …. contro il potere
.. contro la
guerra .. ti pensavo Lawrence Ferlinghetti
.. nelle
fotografie di Eric Toccaceli .. nelle
parole di Nanda
Pivano .. nel brillio degli occhi di Omar
Pedrini e di
Igor Costanzo .. nel fraterno potente
Arcano che ti
dedicò Jack Hirschman per i celebrare il
50° della
City Light Books and Bookstore .. oggi 24 febbraio
2021 ti pensavo Lawrence Ferlinghetti .. ..
2
l’aria appiccicosa dei molti molteplici
coccodrilli per
la morte di Lawrence Ferlinghetti .. è
ricca di umori
di stornellate di oli imbalsamatori .. per
forse voler
chiudere una epica epopea di controcultura
.. ma
questo sfavillante sfarfallare di bla bla
di pagine di
parole .. spargerà semi prolifici nei
cuori e nelle
menti libertarie e desideranti e .. sabbia
nei voraci
meccanismi del cataclismatico Kapitale ..
..
3
in una mail “Caro Augurio 2021” inviatami
da Mauro
Aprile Zanetti .. segretario di
Ferlinghetti .. il Poeta
Magnifico con vivace lirica ironia declama
una quasi
rodariana strofetta zen : “Mangia bene /
Ridi spesso
/ Ama molto “ .. i suoi occhi acquosi la
voce flebile ..
la corona di alloro .. il recitare in
italiano .. e ..
l’averlo stimato imparato incontrato non è
poca
cosa in questo mondo .. che si può .. si
deve cambiare
anche con la Poesia ..
4
brindo con un vivace spumante di
Franciacorta .. terra
d’origine del tuo padre tanto cercato ..
in un’Italia per
Lui sempre mitica .. brindo .. …
Ferlinghetti è morto W FERLINGHETTI
…………………….
da Lucilla Red
«IL MONDO E’ UN POSTO
BELLISSIMO»
Il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa che la felicità
non sia sempre
così divertente
se non t’importa un po’ d’inferno
di tanto in tanto
proprio quando tutto va bene
perchè perfino in paradiso
non si canta tutto il tempo
Il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa che qualcuno muoia sempre
o forse solo muoia di fame
ogni tanto
cosa che poi non è così terribile
se a morire non sei tu
Oh il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa troppo
di alcune teste perse
nei posti di comando
e a una o due bombe
di tanto in tanto
sul tuo viso alzato
o ad altre simili scorrettezze
a cui questa nostra società “di marca”
si dedica
con i suoi uomini che vogliono distinguersi
e con quelli destinati a estinguersi
e i suoi preti
e altri poliziotti
e le sue svariate segregazioni
e indagini parlamentari
e altre costipazioni
di cui la nostra povera carne è erede
Sì il mondo è il posto migliore di tutti
per un sacco di motivi come
far una scena da ridere
e far una scena d’amore
far una scena di tristezza
e cantare canzoni con toni bassi
e avere l’ispirazione
e andare in giro
e guardare tutto
e odorare i fiori
e dare una pacca sul sedere alle statue
e perfino pensare
e baciare la gente e
fare bambini e indossare i pantaloni
e agitare cappelli e
ballare
e andar a nuotare nei fiumi
o durante i picnic
nel pieno dell’estate
e così in generale
“viversela”
Sì
ma proprio sul più bello
arriva ridendo
l’impresario delle pompe funebri
Oggi (26 febbraio) sul quotidiano «il
manifesto» un articolo di Alberto Negri riprendeva questi versi: “Il mondo è un
posto bellissimo / in cui nascere / se non t’importa che qualcuno muoia sempre
/ o forse solo muoia di fame / ogni tanto / cosa che poi non è così terribile /
se a morire non sei tu”. Ironia e consapeolezza politica di un grande poeta e
un grande uomo. Rileggete tutti i versi e fermatevi su «i suoi preti e altri
poliziotti» oppure su«persino pensare» [nota di Lucilla che la “bottega” ringrazia
doppiamente anche perchè si fa viva… una volta l’anno. La nostra proposta però
è di cambiare il calendario: per Lucilla anni più brevi, tutti di 19 giorni].
Ferlinghetti, quando «Autobiography» aveva il ritmo del jazz
di Luigi Onori (*)
Possono la poesia e la narrativa beat
essere intese senza un rapporto sinergico con la musica, soprattutto jazz (non
trascurando il rock)? Fin dal 1951 Jack Kerouac aveva scoperto quella che
chiamava prosa spontanea-forma pazza-prosodia bop, teorizzando il flusso di
scrittura al pari dell’assolo di un sassofonista. Del resto lo stesso Kerouac
aveva celebrato San Francisco con i suoi «San Francisco Blues» e la Città della
Baia ci porta dritti a Lawrence Ferlinghetti.
Il poeta, libraio, editore appena scomparso
condivideva con molti scrittori beat la passione per Count Basie, Thelonious
Monk e, naturalmente, Charlie Parker. Del resto Ferlinghetti considerava la sua
poesia «materia orale», cui bisognava dar vita attraverso i reading nei club di
San Francisco dove poeti e soprattutto jazzisti – accomunati da una similare
visione della vita – si mescolavano. Al The Cellar Lawrence Ferlinghetti
leggeva i suoi «messaggi orali» e l’esteso Autobiography, accompagnato
da una band.
Alla metà degli anni Cinquanta il fenomeno
dei reading – sia sulla East ma soprattutto sulla West Coast – divenne di moda
(si possono ascoltare The Jack Kerouac Collection e The
Beat Generation, editi dall’etichetta Rhino); aveva importanti precedenti
nell’opera del poeta afroamericano James Langston Hughes.
Uno degli epicentri californiani fu proprio The Cellar, luogo per gente che non
aveva sonno, per seminari di poesia, reading, recital jazz e rock. La strada e
i club furono, in un certo senso, i luoghi topici e tipici della Beat
Generation e, per rimanere a San Francisco, ce n’erano svariati come Coffee
Gallery, El Matador, Jazz Workshop (vi suonava spesso Ornette Coleman che diede
vita al suo «free jazz» in California).
Oralità e poesia, musica e versi si
intrecciarono altre volte nell’esistenza di Lawrence Ferlinghetti: il 13
ottobre 1955 si tenne alla Six Gallery di San Francisco un reading di poesia in
cui Allen Ginsberg lesse per la prima volta in pubblico Howl!,
poema denso di materia sonora e feeling. Il testo venne pubblicato dalla casa
editrice di Ferlinghetti, collegata alla sua libreria City Lights Books, nella
serie Pocket Poets Series; gli scandali che ne seguirono
determinarono l’inizio del successo del Ferlinghetti editore e della sua
libreria, vero punto di coagulo e riferimento per le avanguardie letterarie, e
non solo, statunitensi.
In area californiana mosse del resto i
suoi primi passi il contrabbassista e compositore Charles Mingus che nel 1958
incise con il citato poeta Langston Hughes l’album The Weary Blues, divenendo
una figura chiave nel movimento che avvicinava jazz e poesia. In precedenza
Mingus aveva suonato con Kenneth Patchen, inciso jazz poetry insieme a Melvin
Stewart (testi di Lonnie Elder, Scenes in the City, 1957). Come afferma il
critico Krin Gabbard, «i ‘beat’ lo conoscevano e gli mandavano i loro libri. Le
pareti del suo appartamento erano coperte di volumi di Ferlinghetti, Patchen,
Rexroth, Corso e Ginsberg».
Gran parte di quei volumi erano stati
pubblicati proprio dal fondatore della City Lights Books, perché poesia beat e
jazz avevano molto comune.
(*) pubblicato su «il manifesto» del 25
febbraio
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