“Da qualche giorno, informa ilare il sito del ministero dell’Istruzione, è
disponibile “la piattaforma per la compilazione del Curriculum dello Studente:
il nuovo documento debutta quest’anno all’esame di Stato del secondo ciclo di
istruzione”. Il curriculum che mezzo milione di maturandi dovranno compilare è
diviso in tre parti: Istruzione e Formazione, Certificazioni, Attività
Extrascolastiche. In quest’ultima parte i ragazzi sono invitati a inserire
“informazioni sulle attività svolte in ambito extrascolastico e sulle
certificazioni che possiedono, con particolare attenzione a quelle che possono
essere valorizzate nell’elaborato e nello svolgimento del colloquio”. E “al
termine dell’esame, il Curriculum sarà allegato al diploma e messo a
disposizione di studentesse e studenti all’interno della piattaforma”.
Non è un’idea del ministro Patrizio Bianchi, era una delle “innovazioni”
contenute nella Buona Scuola di Renzi: per fortuna finora lasciata inattuata da
ministri con un residuo di consapevolezza della missione della scuola della
Repubblica e della Costituzione. Ma l’economista ferrarese a cui Mario Draghi ha
affidato la scuola ha rotto gli indugi, varando il Curriculum. Si tratta di una
delle decisioni che chiariscono meglio la natura di questo governo: un
gabinetto paleoliberista di destra, guidato dalle idee di Giavazzi e
dell’istituto Bruno Leoni.
Il curriculum mette tra parentesi il diploma a cui è allegato: perché al
mercato non basta il valore legale del titolo di studio, e nemmeno il voto. Il
mercato vuole sapere cosa sta comprando. E così il ministero glielo dice:
rendendo ben chiaro che la scuola deve servire non a formare cittadini, e prima
persone umane, ma a piazzare capitale umano sul mercato del lavoro. E questo
curriculum serve egregiamente a far capire che tipo di “pezzo di ricambio” è il
ragazzo a cui sta attaccato – proprio come un cartellino sta su un pezzo di
carne, sul bancone del supermercato. Ma il peggio deve venire, ed è legato alle
Attività Extrascolastiche. Le commissioni della maturità si troveranno a
interrogare e a valutare anche in base a un esplicito documento dell’abisso di
diseguaglianza economica, sociale e culturale che divide e inghiotte i ragazzi
della nostra scuola. Perché è chiaro a tutti che soggiorni all’estero, viaggi,
sport, corsi di lingua, di teatro, di fotografia, di danza, di informatica, di
musica… che i ragazzi inseriranno tra le Attività Extrascolastiche
certificheranno solo una cosa: la ricchezza e la povertà delle rispettive
famiglie. Dalla scuola in grembiule, solennemente egualitaria, siamo passati a
un’esibizione della ricchezza autorizzata, anzi sollecitata, dal superiore
ministero.
Così il governo dell’oligarchia ci spiega cosa sia, per lui, la
meritocrazia: esattamente ciò che il diritto divino era per l’aristocrazia
dell’antico regime, cioè la rassicurante certezza che chi sta sopra ci sta
perché se lo merita, perché Dio vuole così. E che nulla, ma proprio nulla,
arriverà mai a sovvertire questa immutabile scala sociale. Papa Francesco non
si stanca di ripetere che da questa pandemia non si esce come prima: ma solo
migliori, o peggiori. Che dopo due anni scolastici all’insegna della più turpe
diseguaglianza (perché è questa, e non già l’ignoranza, la più grave
conseguenza della didattica a distanza), il ministero della (già Pubblica, ora
sempre più privata) Istruzione se ne esca con una simile nefandezza, lascia
pensare che ne usciremo certamente peggiori.
In un suo recente, ottimo libro (La meritocrazia, Futura 2020) lo storico
delle dottrine politiche Salvatore Cingari nota come “questi processi svuotino
la scuola della sua funzione etica proprio nella misura in cui cercano di
valorizzare il merito in una prospettiva competitiva che divide docenti e
studenti in vincenti e perdenti, anziché come incomparabile potenzialità di
ognuno. È proprio la coniugazione con la competizione che sottrae il merito
alla sfera della libera realizzazione della propria individuale differenza,
dell’espressione dei talenti nella più vasta accezione possibile della messa in
comune della diversità, facendolo diventare parola chiave della diseguaglianza
e della omologazione”. Che il merito così inteso non possa essere altro che la
manifestazione dello status economico della famiglia degli studenti è ovvio: ma
se si arriva a far considerare alle commissioni della maturità le “attività
extrascolastiche” (che per un diciassettenne-diciottenne non possono che essere
quelle assicurategli dalla famiglia), significa che ormai questa ratifica della
diseguaglianza per censo non è un effetto collaterale, ma proprio il fine
ultimo assegnato alla scuola. Nella sua strepitosa imitazione, Maurizio Crozza
ritrae il ministro Bianchi a giocare a carte col morto: e il morto è la scuola.
Ci stiamo andando pericolosamente vicini.”
Articolo apparso su Il fatto
Quotidiano del 16 aprile 2021
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