L’Italia
avrà il suo posto al sole nel deserto del Sahara. A margine dell’incontro con
l’omologa francese Florence Parly, il 13 aprile a Roma il ministro
della difesa Lorenzo Guerini ha reso noto che nel quadro della
missione bilaterale MISIN in Niger, le forze armate italiane realizzeranno
una propria base militare “a partire dal mese di luglio”.
“Lo
ritengo un passo molto importante per il rafforzamento della nostra azione
nella regione, che in prospettiva andrà a confluire in una sempre maggiore
capacità dell’Europa in Sahel e nell’intera fascia sub-sahariana, dal Corno
d’Africa al Golfo di Guinea, mettendola a sistema con il contributo alla stabilizzazione
della Libia”, ha dichiarato Guerini.
L’annuncio-scoop
sulla prima base interamente italiana in Africa occidentale (mai discussa né approvata in
Parlamento), giunge un mese dopo l’arrivo in Mali del primo contingente delle
forze armate italiane da impiegare nella controversa missione
internazionale “Takuba” in Sahel, sotto il comando dello stato maggiore di
Parigi.
Una
pericolosa escalation nella penetrazione militare in una delle aree più
conflittuali del continente nero, in nome della lotta al terrorismo e al
contrasto dei flussi migratori “illegali”, ma più probabilmente subalterna agli
interessi economici delle transnazionali energetiche, francesi in testa, in una
regione ricchissima di idrocarburi e uranio.
Partita in
sordina dopo gli accordi stipulati il 26 settembre 2017 tra i ministeri della
difesa di Italia e Niger, la missione MISIN fornisce assistenza
militare alle forze di sicurezza nigerine per accrescerne le funzioni
tecnico-logistiche ed operative.
“Il
Governo ha autorizzato la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica
del Niger (con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania,
Nigeria e Benin) al fine di incrementare le capacità volte al contrasto del
fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di
uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e
il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle
autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mali,
Mauritania e Niger, NdA)”, spiega lo Stato maggiore della difesa.
Le attività
di assistenza e formazione nella Repubblica africana da parte dei militari
italiani sono indirizzate alle forze armate e alle task force “speciali”, alla
Gendarmeria e alla Guardia nazionale. “Esse concorrono pure alle attività di
sorveglianza delle frontiere e del territorio e di sviluppo della componente
aerea della Repubblica del Niger”, spiega ancora la Difesa italiana.
Rilevante il
numero degli uomini e dei mezzi impiegati: secondo la legge di bilancio 2021,
MISIN prevede infatti una presenza in Niger e presso il Defence College in
Mauritania “fino a un massimo di 295 militari, 160 automezzi leggeri e
pesanti e 5 aerei”.
Si tratta in
particolare di team specializzati in operazioni di ricognizione, comando e
controllo; personale per l’addestramento; team sanitari e del genio per lavori
infrastrutturali; una squadra per le rilevazioni contro le minacce
chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (CBRN); unità per la raccolta di
informazioni d’intelligence e la sorveglianza.
Sino ad oggi
quasi tutto il personale italiano è ospitato nella base aerea 101 realizzata
e controllata dalle forze armate francesi accanto all’aeroporto internazionale
“Diori Hamani” della capitale Niamey. Lo scalo è messo a disposizione pure
delle unità aviotrasportate di US Africom, il comando statunitense per
le operazioni nel continente africano.
I corsi
addestrativi e di assistenza delle unità nigerine da parte italiana sono
cresciuti progressivamente negli anni in quantità e qualità. In particolare al personale
della Brigata “Folgore” sono attribuiti i compiti di formazione del
neocostituito battaglione paracadutisti nigerino (programmi di fanteria di
base, aviolanci, pianificazione e realizzazione completa di una operazione
militare; pattugliamento motorizzato; organizzazione/gestione di check point e
combattimento nei centri abitati).
Ancora i
parà della Folgore hanno
realizzato all’interno di un’installazione di Niamey un’area addestrativa “nella
quale sono stati dislocati numerosi artifizi allo scopo di sviluppare le
capacità di exploitation e sviluppo dei movimenti sul terreno dei
militari nigerini”, come riporta il comunicato emesso dal Comando MISIN in
occasione della sua inaugurazione, il 26 gennaio 2021.
Agli addestratori
dell’Esercito e dell’Aeronautica militare sono affidati le attività di
formazione e consulenza a favore del Groupe d’intervention spécial (GIS), il gruppo di intervento speciale
del ministero degli interni nigerino, mentre a una task force del 7º Reggimento
Carabinieri “Trentino-Alto Adige” (di stanza a Laives, Bolzano) è assegnato
l’addestramento e il monitoring del nuovo reparto d’élite nigerino, il Groupes
d’Action Rapides – Surveillance et Intervention au Sahel (GARSI) della Guardia
nazionale, impiegato in funzioni di controllo dell’ordine pubblico e
anti-terrorismo.
Oltre che in
Niger, le unità di pronto intervento GARSI sono state istituite anche in altri
paesi del Sahel (Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Senegal) grazie
ad un generoso contributo dell’Unione europea attraverso il Fondo d’emergenza
per l’Africa (66 milioni e 600 mila euro).
Mentre la
parte meramente addestrativa e di fornitura delle attrezzature militari è
affidata alle forze armate dei paesi Ue presenti in Africa occidentale, la
programmazione e la gestione del progetto GARSI è di competenza della Fundaciòn
Internacional y para Iberoaméricana de Administraciòn y Polìticas Publicas,
cioè la fondazione per la cooperazione allo sviluppo del
governo spagnolo.
“Il
compito istituzionale del GARSI è quello di prevenire e lottare contro il
terrorismo internazionale, l’immigrazione illegale, la criminalità
transazionale organizzata”, spiega la Commissione Ue. “Il programma contribuisce
al rafforzamento delle capacità operative nazionali per assicurare un controllo
effettivo del territorio e delle frontiere e lo stato di diritto in tutto il
Sahel, grazie a unità di polizia robuste, flessibili, mobili, multidisciplinari
e autosufficienti”.
Ancora una
volta, replicando le narrazioni main stream delle cancellerie europee e
d’oltreoceano, lotta al terrorismo, alla criminalità e al traffico di migranti
sono gli obiettivi chiave e unitari del progetto GARSI, implementato dalle
unità militari d’eccellenza e dalla moderna “cooperazione allo sviluppo” di
casa Ue.
L’ambiguissimo
modello di supporto e cooperazione CIMIC (cioè civile-militare) è stato assunto
in proprio anche dal Comando operativo di MISIN. Sempre più spesso, infatti, le
forze armate italiane sono impegnate nella contestuale consegna di “aiuti”,
beni e materiali vari (dai sistemi d’arma ai farmaci, alle attrezzature
sanitarie e finanche giocattoli e materiale scolastico e sportivo) alla
controparte militare nigerina e alle autorità locali.
Lo scorso
anno l’Aeronautica ha ceduto alle forze aeree nigerine “dotazioni” non meglio
specificate per la “protezione e la difesa delle istallazioni e del proprio
personale nei principali aeroporti attivi del Paese”. Materiale sanitario “a
favore della popolazione nigerina” è stato consegnato alle forze armate di
Niamey dalle unità del Policlinico Militare “Celio” di Roma e della Scuola di
Sanità e Veterinaria Militare dell’Esercito in missione in Niger.
Sempre lo
Stato maggiore della difesa fa sapere che lo scorso 25 marzo, il contingente
MISIN ha concluso un altro progetto CIMIC “a favore del
villaggio di Dara”. Nessun dubbio per i contribuenti italiani sulla
sua rilevanza “civile”.
“Si è
trattato della donazione di derrate alimentari e dispositivi sanitari che
serviranno al personale paracadutista nigerino quale contingenza nel
contrastare la pandemia da Sars-CoV2”, spiega la Difesa. “Il supporto
alla popolazione è una delle attività MISIN che si affianca a quella principale
di assistenza alle Forze di Difesa e Sicurezza, focus primario della missione
che viene realizzato sia in maniera diretta, sia facilitando la distribuzione
di aiuti umanitari provenienti dalla cooperazione internazionale del Ministero
degli Affari esteri”.
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