Un taxista afghano a Vancouver ci disse un decennio fa che questo giorno
sarebbe arrivato. “Abbiamo sconfitto l’impero persiano nel diciottesimo secolo,
quello britannico nel diciannovesimo, i sovietici nel ventesimo. Adesso, con la
NATO, combattiamo ventotto paesi, ma li sconfiggeremo anch’essi” disse il
taxista, sicuramente non un membro talebano, ma tranquillamente fiero delle
credenziali imperocide del suo paese.
Benché Biden venga messo alla gogna per il ritiro troppo precoce, la verità
è che sta violando il termine
del 1° maggio per il ritiro delle truppe USA scrupolosamente negoziata con
l’amministrazione Trump.
Ora, dopo quasi vent’anni di una guerra sanguinosa e futile come tutte le
invasioni e occupazioni precedenti, gli ultimi 3.500 militari USA e i loro
fratelli d’armi NATO se ne torneranno a casa dall’Afghanistan.
Il presidente Joe Biden ha cercato di presentare la cosa come se fossero
gli USA che avevano raggiunto i propri obiettivi, assicurando alla giustizia i
terroristi responsabili dell’11 settembre [2001] e che l’Afghanistan non sia
usato come base per un futuro attacco agli Stati Uniti. “Abbiamo raggiunto
quegli obiettivi”, ha detto Biden, “Bin Laden è morto e Al Qaeda è degradata. E’ ora
di por fine alla guerra perpetua”.
Quel che Biden non ha ammesso è che gli Stati Uniti e i loro alleati, con
tutti i loro soldi e relativa potenza di fuoco, sono stati incapaci di
sgominare i talibani, che attualmente controllano circa la metà
dell’Afghanistan e sono in posizione tale da controllarne ancor più nei
prossimi mesi senza una tregua. Né Biden ha ammesso che in vent’anni gli Stati
Uniti e i loro alleati non sono stati in grado di costruire un governo popolare
stabile, democratico, o [almeno] un apparato militare competente nel paese.
Come l’URSS, anche gli USA se ne vanno sconfitti, con lo sperpero di
innumerevoli vite di afghani, di 2,488 cittadini USA e
di trilioni di dollari.
Tuttavia un ritiro USA— specialmente non basato su condizioni acquisite sul
terreno — è una mossa ardita per Biden; contraria al consiglio della comunità
d’intelligence UDA e dei massimi ufficiali del Pentagono, ivi
compreso il capo delle Forze USA-Afghane e presidente dei generali di stato
maggiore.
Biden sta finendo anche sotto attacco da parte di Repubblicani e
Democratici al Congresso. Il senatore Mitch McConnell, con
scaltrezza, ha aspramente criticato la decisione di Biden accusandolo di
aiutare i nemici degli USA “a radunarsi nell’anniversario degli attacchi
dell’11 settembre restituendogli il paese confezionato con tanto di fiocco”. La
senatrice Democratica Jeanne Shaheen, membro della Commissione Rapporti Esteri,
ha detto che il ritiro
“mina il nostro impegno verso il popolo afghano, particolarmente le donne
afghane”.
Ironicamente, Biden ha riconosciuto nel suo discorso di mercoldì [14 aprile
u.s.] che l’accordo di ritiro firmato dagli stati Uniti con i talebani nel
febbraio 2020 era un impegno solenne, dicendo però poi che le forze USA
avrebbero iniziato il ritiro il 1° maggio completandolo il prossimo 11
settembre, che non è quanto era stato pattuito.
Appena chiarito che gli USA avrebbero trasgredito all’accordo di ritiro del
1° maggio, Mohammad Naeem, portavoce talebano in Qatar, ha emesso una dicharazione che i talebani non avrebbero partecipato
ai colloqui di pace di dieci giorni condotti dall’ONU programmati con inizio a
Istanbul il 24 aprile, né a qualunque ulteriore negoziato di pace finché gli
ultimi soldati stranieri non avranno lasciato l’Afghanistan.
Questa è una reversione alla posizione consolidate dei talebani di non
negoziare con un governo sostenuto da forze d’occupazione straniere.
L’inviato USA Zalmay Khalilzad ha trascorso anni di vita negoziando con i
talebani per giungere all’accorso di ritiro del 2020. Il segretario di stato
Blinken ha fatto un passo indietro potenzialmente storico rispetto
all’unilateralismo USA invitando le Nazioni Unite a guidare un nuovo processo
di pace afghano. E il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha preparato
il contorno per una tregua e una transizione pacifica di poteri riunendo in
marzo a Mosca i due belligeranti afghani, dove hanno concordato di continuare i
colloqui.
Rinnegando il termine del 1° maggio, il presidente Biden ha sperperato gran
parte della buona volontà e fiducia faticosamente conquistate palmo a palmo da
tutti quegli sforzi diplomatici. Non era impossibile rispettare il temine del
1° maggio: l’amministrazione Trump ritirava costantemente truppe; la
transizione di Biden è iniziata a novembre, ed è presidente da fine gennaio.
Non è chiaro anche se gli USA continueranno la guerra fornendo forza aerea
ai militari afghani e attuando operazioni nascoste. In questi vent’anni gli USA
hanno sganciato più di 80.000
bombe sull’Afghanistan a ingaggiato una guerra segreta con
forze speciali, operativi, CIA mercenari, e unità paramilitari. Por fine agli
attacchi aerei e alle operazioni nascoste USA è vitale alla pace quanto il
ritiro delle truppe.
È vero che un ritiro USA può portare a regressi nelle conquiste fatte dalle
donne e ragazze afghane; che però riguardano principalmente la capitale
Kabul. Due
terzi delle ragazze in Afghanistan ancora non fruiscono di alcuna
istruzione elementare, e le donne afgane non faranno mai progressi
significativi fintanto che il loro paese resta in guerra.
La presenza militare USA e NATO ha reso impossibile una fine della violenza
per vent’anni, dato che i talebani hanno chiarito da tempo che continueranno a
combattere fintanto che il loro paese è sotto occupazione straniera. E fintanto
che gli USA continuano a puntellare un governo debole e corrotto a Kabul, sono
inevitabili instabilità e frammentazione politica.
Por fine ai combattimenti e investire una piccola frazione della spesa di
guerra USA in istruzione e sanità farebbe ben di più per migliorare la vita
delle donne e ragazze afghane.
L’ONU, pur con pieno sostegno e cooperazione USA, si troverà il lavoro
interrotto nel convincere i talebani a riprendere i colloqui. Se l’ONU non
riesce a negoziare una tregua permanente pima che si ritirino le forze
d’occupazione, USA e alleati NATO se ne andranno da un paese ancora in guerra
con i talebani, il governo afghano, e vari signori della guerra in competizione
per il potere.
Dobbiamo sperare che nei prossimi mesi l’ONU trovi modo di riportare i
belligeranti in Afghanistan ad accordarsi per una tregua e un processo di pace
gestibile basato sulla condivisione del potere. Dopo i decenni di guerra e
intensa sofferenza, per lo più a carico degli Stati Uniti e loro alleati, il
popolo afghano ha disperato bisogno di una meritata fine di questa guerra.
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