“Greed is good!”
Ricordate
l’esclamazione di Michael Douglas alias Gordon Gekko in quel
grande film di Oliver Stone, Wall Street, sul “denaro che non dorme
mai”? “L’avidità è buona!” Ebbene, è tornata a risuonare in questi giorni, in
una videoconferenza riservata ai parlamentari inglesi, per bocca di Boris
Johnson che a un certo punto si è lasciato andare a proclamare che la vittoria
sul Covid, ottenuta col vaccino, la si deve a “capitalismo e avidità”
[testualmente : “The reason we have the vaccine
success is because of capitalism, because of greed my friends”]. Non ha detto, il premier
inglese, che a quella stessa avidità è dovuto il record di morti da lui
collezionato in Europa nella fase precedente in cui il virus era stato lasciato
correre a briglia sciolta pur di non sacrificare il business. E poi
ha anche dovuto invocare la cancellazione di quella voce dal sen fuggita,
quando gli hanno fatto notare che l’Europa avrebbe potuto prenderla male, imputando
appunto all’avidità britannica il proprio deficit di Astra Zeneca, che pure
aveva finanziato abbondantemente (pare per il 95%) e che si è vista accaparrare
dall’avidità d’oltremanica. E tuttavia, falsificante sulla questione della
vittoria sul virus, l’avidità la dice lunga piuttosto sull’ideologia dei ceti
dirigenti attuali, anche di quelli che se ne vergognano a nominarla.
Mors tua vita mea…
Di avidità
parla in realtà tutta la vicenda del pessimo andamento della campagna vaccinale
europea. Avidità dei signori di Big Pharma, che lautamente finanziati dai
poteri pubblici privatizzano spudoratamente i profitti riservando dosi ai
migliori offerenti anche a borsa nera, e tradiscono impunemente impegni
contrattuali selezionando ad arbitrio i sommersi e i salvati. Avidità degli
stati più forti (ci ha provato anche la Germania) nel tentativo di avviare
trattative separate con i fornitori a scapito degli altri. E poi – allargando
il campo – avidità dei Paesi ricchi, Europa in testa (che al WTO si è macchiata
dell’imperdonabile crimine di votare contro la proposta dei paesi svantaggiati
di sospendere il copyright dei farmaci antivirus) nei confronti di quelli
poveri. Basta guardare la graduatoria globale delle coperture vaccinali, con in
testa Stati Uniti e Gran Bretagna (con circa il 60% di popolazione vaccinata
almeno con una dose) e al fondo la Nabibia (con lo 0,1%) e lo Zambia (con lo 0
netto per cento). Eppure tutti gli epidemiologi con un po’ di sale in zucca
dicono che se non si eradica il virus in tutto il mondo, non si sarà mai
sicuri, rischiando che le varianti prosperino nelle periferie del globo. Ma
come si sa l’avidità è cattiva consigliera, sorella gemella del masochismo.
Né si può
dimenticare, infine, l’avidità dei Signori della terra, dei privati che pesano
di più e agiscono anche peggio degli Stati: quello sparuto gruppetto di
miliardari che mentre buona parte della popolazione mondiale arretrava, hanno
continuato ad arricchirsi a dismisura. Secondo l’ultimo rapporto Oxfam dedicato
a Il virus della diseguaglianza, dal marzo 2020 la ricchezza
dei 36 miliardari italiani classificati come tali è cresciuta di oltre 45,7
miliardi di euro (mentre l’intero monte salari crollava di 39 miliardi. E
quella dei miliardari mondiali ha raggiunto il record storico di 11.950
miliardi. Sempre secondo l’Agenzia i 540 miliardi accumulati dai primi 10
super-ricchi nel mondo nell’anno della pandemia sarebbero sufficienti a
“garantire un accesso universale al vaccino e assicurare che nessuno cada in
povertà a causa del virus”.
L’azzardo mal ragionato di Draghi
Se poi dal
campo largo del pianeta si scende alla scala minore di casa nostra, la musica
non cambia. Non solo e non tanto per l’indecente spettacolo dell’arlecchinata
regionale, ogni Governatore a sgomitare per contendersi i favori del generale
logistico. Ma anche, più recente, per l’assoluto azzardo di Mario Draghi in
persona e dietro a lui, chi più chi meno recalcitrante, di tutto il suo governo
di giocare la carta coperta delle riaperture precoci e generalizzate, di quello
che suona a tutti gli orecchi tesi degli operatori del business come
un “liberi tutti”, concessione sconsiderata al “partito dell’ avidità”, di cui
il bulimico Salvini è senza dubbio capitano assoluto, ma di cui anche l’altro
Matteo è degno capofila, e sconfessione deliberata del “fronte della
sicurezza”. L’ha definito un rischio “ben ragionato” anche se di ragione qui se
ne vede poca dal momento che ogni scienziato degno di questo nome non manca mai
di sottolineare che senza il superamento da parte delle vaccinazione di un
elevato livello di sicurezza non si può, anzi non si deve, riaprire. E se
chiunque ha gli occhi per vedere o comunque per leggere sa che la Germania di
Merkel, praticamente con gli stessi numeri di contagi e con cifre molto più basse
di numeri, ha assunto la decisione esattamente opposta di richiudere quanto era
stato frettolosamente aperto. Mentre il caso di Madrid sta lì a mostrare il
disastro dell’avidità applicata alla vita delle persone e gli sciagurati
effetti di quelle aperture generalizzate che ora l’Italia vorrebbe emulare.
Seguendo le alcinesche seduzioni dell’avidità, ampiamente radicata nei
sentimenti immorali della nazione ma anche ben presente nei fondamenti
ideologici dell’ex governatore della Bce e nel suo retroterra nella finanza
predatrice globale, ora egli scegli apertamente di sacrificare il principio di
precauzione al principio di prestazione, il guadagno alla vita, gli imperativi
dell’economia a quelli della biologia, preferendo qualche morto in più per
covid alla necessità di investire qualche miliardo di euro in più in sostegni e
ristori alle categorie in difficoltà. Una sorta di “via brasiliana”
all’italiana, che spiega il tripudio con cui tutte le destre economiche e
politiche del nostro Paese hanno salutato il cambio della guardia a Palazzo
Chigi.
Per chi suona la campana del Recovery plan
Ma poi c’è
l’altra questione, quella grossa – la madre di tutte le battaglie per il
governo – che dell’avidità è simbolo incarnato. E cioè la vicenda del Recovery
Plan o, come si dice in politichese, del PNRR, ovvero di quel “Piano
Nazionale” che nell’ostentare nella propria denominazione, oltre alla
“Ripresa”, anche il tema della “Resilienza” (ovvero del ritorno di un oggetto
contuso alla sua precedente forma) non promette niente di buono quanto a cambio
di paradigma e di rimedio ai tanti precedenti errori che disseminano la vicenda
del trionfo della logica d’impresa applicata al bene pubblico. Vicenda
grottesca nella sua opacità, se ancora oggi, a dieci giorni dalla scadenza, si
sa poco o nulla dei suoi contenuti, sigillati nelle stanze di Palazzo Chigi e
nei cassetti del ministro Franco, dopo che si era crocifisso il povero Giuseppe
Conte perché non condivideva, quattro mesi fa, urbi et orbi, il
proprio “plan”. E dopo che l’unico materiale fornito al Parlamento (che
l’opposizione di ieri, oggi in maggioranza, intimava di coinvolgere nella
discussione) sono le schede elaborate da quell’ Esecutivo dinamitato con
l’accusa di reticenza sui progetti, mentre resteranno bene o male un paio di
giorni per discutere i nuovi contenuti (supposto che escano dal segreto). Bene,
a guardare dentro quella scatola nera ben custodita dai fedelissimi di Draghi,
o meglio a tentare di interpretare i flebili messaggi che ne fuoriescono, s’intuisce
che anche qui l’avidità abbia una parte dominante. Che quel “tesoretto” per
assicurarsi il quale la Confindustria di Bonomi e tutto l’esercito dei vecchi e
nuovi depredatori del Paese aveva scatenato da subito la guerriglia contro il
governo giallo-rosso, sembra ora molto, ma molto a loro portata di mano. Vorrà
dire qualcosa il fatto che il primo atto, fulmineo, sia stato l’avvio di 57
grandi opere con annessi Commissari speciali, che sono lo strumento madre di
tutte le speculazioni (qui si tratta di 83 miliardi) e di molte devastazioni
del territorio (noi in Valle Susa ne sappiamo qualcosa). O che si parli di
revisione delle procedure d’appalto. O che ancora si attivi la retorica degli
“investimenti” in contrapposizione con i sussidi e o sostegni (unica forma per
garantire la sopravvivenza alla galassia molecolare dei piccoli falcidiati da
un anno di quaresima).
Vedremo cosa ne viene fuori quando l’uomo della provvidenza aprirà il suo tabernacolo. Ma che ne esca fuori un qualche spirito santo è lecito dubitare.
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