martedì 4 maggio 2021

La follia di non avere un’imposta patrimoniale - Guido Ortona

1.

Prima della pandemia eravamo sottoposti alle regole del Patto di Stabilità europeo. Senza entrare in dettagli, esso ci imponeva di usare ogni anno il 3% (circa) del PIL per rimborsare il debito pubblico, in aggiunta a un altro 3% (circa) per pagare gli interessi relativi. Dal momento che ciò era impossibile, ogni anno veniva concessa un’esenzione, con varie giustificazioni. Vi ricordate le Clausole di Salvaguardia sull’IVA, che scattavano sempre l’anno prossimo?

A molti economisti, me incluso, sembra chiaro che non si può tornare alle politiche follemente recessive di prima dell’epidemia. Ma se è vero che c’era della follia nel far calare il PIL per far calare il rapporto debito/PIL ‒ essendo il PIL il denominatore ‒ è anche vero che c’era della logica in quella follia, e non poca. Infatti con la nascita dell’euro si era creato un incentivo a emettere debito a dismisura, dato che la solidità cui guardavano i mercati finanziari non era più quella della moneta nazionale ma quella dell’euro, e che l’inflazione attesa era più bassa, essendo scomparso il rischio di svalutazioni competitive; e quindi gli interessi da pagare erano più bassi. C’era il pericolo di una corsa all’emissione di debito che avrebbe danneggiato tutti. La logica del Patto di Stabilità era allora «se un paese vuole espandere la sua spesa, deve ricorrere al debito solo entro certi limiti; e se va oltre questi limiti deve rientrarci, operando sui suoi cittadini. Come, è affar suo». E venivano previste sanzioni in caso di inadempienza. Si può discutere, e molto si è discusso, sul modo (spesso molto balordo) in cui tutto ciò è stato implementato, ma di per sé l’idea era sensata. Il guaio è che un po’ in tutti i paesi, ma soprattutto in Italia (e in Grecia: si legga cosa scrive Varoufakis in Adulti nella stanza, o si guardi il film che ne ha tratto Costa Gavras, che in Italia non è uscito nelle sale), alla frase precedente è stato aggiunto «fermo restando, naturalmente, che non si possono tassare i ricchi».

Personalmente sono convinto che buona parte del debito andrebbe cancellata. Per fare un esempio (ma non è il solo), andrebbero cancellate le varie centinaia di miliardi di debito detenute dalla Banca d’Italia, che sono un debito che i cittadini hanno con sé stessi. Ma non è di questo che voglio parlare. Come dicevo, c’è una logica nel patto di stabilità. Per motivi economici sarebbe giusto cancellare i debiti, ma la logica che sta alla base del Patto di Stabilità è appunto logica, e come tale viene presentata agli elettori di altri paesi, in particolare a quelli tedeschi; ed è sostenuta dai regolamenti europei, per dissennati che siano. È probabile quindi che ci verrà chiesto, sperabilmente in forma attenuata, di contribuire alla riduzione del nostro debito; ed è praticamente certo che dovremo comunque pagare interessi più alti di quelli attuali.

2.

Vengo allora al punto fondamentale. Sarebbe bene che queste spese venissero pagate in accordo con l’art. 53 della Costituzione, anziché in contrasto con esso, come finora è avvenuto. L’art. 53 stabilisce che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Qualsiasi studente di legge vi potrà dire che la “capacità contributiva” è costituita dal reddito e dalla ricchezza, e qualsiasi studioso di storia del diritto (per esempio Francesco Pallante, nel suo ottimo Elogio delle tasse) vi potrà dire che usando quella espressione i Padri Costituenti intendevano proprio dire che bisogna adottare un mix di imposte sul reddito e sulla ricchezza tale da garantire (secondo comma dell’art. 53) che «il sistema tributario sia informato a criteri di progressività».

I grandi patrimoni finanziari (ma anche immobiliari) si sono formati perlopiù con redditi da capitale, che non sono tassati in modo progressivo ma in modo proporzionale, e con un’aliquota molto inferiore a quella massima dell’imposta sui redditi non da capitale (26% contro 43%). Quindi non c’è nessun motivo per cui i patrimoni dei ricchi non debbano essere tassati. Tassare i ricchi con un’imposta patrimoniale non solo non è ingiusto, è addirittura quanto ci viene chiesto dalla nostra Costituzione.

Ma è sensato dal punto di vista economico? Assolutamente sì. Come dicevo più sopra, è auspicabile che non si debba pagare ogni anno il 6% del Pil come rimborso e servizio del debito. Ma quand’anche si dovesse farlo, quel 6% del PIL equivale all’1% circa ‒ avete letto bene, uno percento ‒ della ricchezza degli italiani, e a poco più del 2% della sola ricchezza finanziaria. Entrambe sono molto concentrate, e quindi il gettito potrebbe essere ottenuto con aliquote appena leggermente più alte di quelle citate per i ricchi e una quota esente, tale da esonerare completamente il 60-70% delle famiglie. Uno dei motivi per cui si è ritenuto di abbassare le imposte sul reddito è che i redditi possono fuggire all’estero, e quindi tassare di più i redditi più elevati sarebbe impossibile. Si può dubitare che sia davvero così; ma comunque la ricchezza finanziaria non può farlo, a meno che non si cambi cittadinanza, e quella immobiliare nemmeno in tal caso.

Il 6% del PIL sono circa 100 miliardi (al 2019). Come abbiamo visto, l’Europa non ci ha obbligati a pagarli. Ci ha solo obbligati a qualcosa di meno grave, ma di più grottesco: fare comunque delle politiche di austerità in modo da potere giustificare l’assenza di sanzioni. Non abbiamo quindi risparmiato 100 miliardi, ma “soltanto” 70-80 circa. Pensate a quante cose si sarebbero potute fare negli anni scorsi con questa somma in più ogni anno. E pensate a quante cose si potranno fare dopo l’epidemia se si deciderà di introdurre un’imposta patrimoniale. Anche solo del 5 per mille: sarebbero già 50 miliardi. Sembra folle che invece di ricorrere a un’imposta patrimoniale, che darebbe un gettito elevato anche esentando la famosa “classe media” e con aliquote molto basse per i più ricchi, si sia preferito ridurre il numero di dipendenti pubblici (che oggi sono scandalosamente pochi), ridurre le spese per il welfare e per l’istruzione ecceteraE sembra ancora più folle pensare che a ciò si tornerà quando l’Europa ci chiederà di pagare qualche conto. Talmente folle che non può trattarsi di un errore. È una follia in cui c’è molta logica.

Quale è questa logica? Ci sono molti fattori implicati. Ma credo che il principale non sia la volontà di non pagare le tasse. Forse Ebenezer Scrooge si rifiuterebbe di pagare lo 0.5% della sua ricchezza finanziaria per avere in cambio servizi migliori per il popolo e in generale un paese più civile, ma non credo che questo sia il caso di Del Vecchio o Ferrero. Penso che i veri ostacoli nascano da chi preferisce che l’economia italiana vada male. Se bisogna usare i soldi per pagare i debiti non ce ne saranno per le scuole e gli ospedali, che “bisognerà” privatizzare ulteriormente. Se l’economia va male i lavoratori sono più ricattabili. Se le imprese sono in difficoltà si aprono praterie per la corruzione e per l’usura.

La conclusione che traggo da tutto ciò è che oggi la questione dell’imposta patrimoniale (che a mio avviso dovrebbe riguardare la sola ricchezza finanziaria, ma questo è un aspetto tecnico) è la vera discriminante fra sinistra e destra. La scusa addotta da molti che si dicono di sinistra per avallare le politiche recessive degli ultimi anni è stata: «i soldi non ci sono, perché ce lo chiede l’Europa». Invece ci sono, basta volerli prendere. Se vogliamo evitare che a furia di dare la colpa all’Europa (che peraltro ne ha molta) Salvini ci porti fuori dalla medesima, bisogna cominciare da qui.

da qui

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