La situazione di grave crisi dei diritti umani non ha di per sé purtroppo nulla di nuovo: la violazione dei diritti fondamentali, degli individui e dei popoli, è sempre più spesso la protagonista della cronaca quotidiana: c’è solo l’imbarazzo della scelta tra gli scenari del mondo globale. Tuttavia quanto si è verificato nelle ultime settimane in tre situazioni profondamente eterogenee (tanto da essere parte di cronache assolutamente distinte per caratteristiche politiche, di immaginario, di “vittime” concrete), a Gaza, nelle trattative sull’accessibilità ai vaccini, nel rapporto tra Europa e migranti propone una coincidenza trasversale così coerente di attori e di responsabilità della “comunità internazionale”, ai suoi più alti e formali livelli di rappresentanza, da imporsi come novità. Si tratta di una vera e propria, esplicita interpretazione ufficiale e aggiornata di tutte le Dichiarazioni, Convenzioni, Costituzioni che hanno costituito l’originalità storica di una civiltà (o almeno di un suo progetto) che era di riferimento universale, giuridico e operativo, nel tempo successivo alla seconda guerra mondiale. In quel complesso di documenti la violazione sistematica del diritto universale alla vita di ogni umano, come individuo e come collettività, significava il passaggio dalla civiltà a una situazione criminosa contro l’ordine internazionale degli Stati. Si parlava di crimini contro l’umanità: senza neppure la “scusa” della guerra, fino al crimine “impensabile” del genocidio, cioè del progetto di cancellazione di un gruppo umano.
Ebbene, la “novità” della coincidenza sopra ricordata sta nel mettere in evidenza una trasversale banalità. I diritti umani e dei popoli non sono negati, né sospesi, né violati: sono “scaduti”. Sono una realtà da menzionare, con rispetto, o demagogia, o per darsi dignità, su cui discutere, ma sapendoli irrilevanti e inutilizzabili in un mondo che ha cambiato le regole: e queste non hanno più come termine di riferimento di legittimità e di obbligatorietà l’esistenza e la vita-dignità degli umani.
1.
I palestinesi di Gaza sono stati ancora una volta obbligati ad assumere il ruolo delle “vittime esemplari”: non importa quanto grandi sono l’orrore, la sua ostentazione, e gli umani-bambini che muoiono: la manipolazione, ridicola se non fosse tragica nella sua falsità, di una antica (e sacra) memoria di uno dei crimini fondanti di una civiltà del diritto dice (con la connivenza e assenza degli organismi internazionali) che nel mondo degli equilibri di potere, dei razzismi, delle strategie di guerra, economiche e militari, non c’è posto né tempo per rispettare non importa quante vite di quante persone. L’impunità è non solo assicurata, ma trasformata in un riconoscimento dell’eroismo provvidenziale dello Stato di Israele (una democrazia assediata da governi non democratici e corrotti!). Gli umani pacificamente resistenti massacrati di Myanmar, quelli degli Eelam Tamil cancellati perfino dalla cronaca oltre che dal genocidio, quelli uccisi o accecati nella repressione colombiana o cilena, i carcerati torturati di Egitto-Turchia-Libia…: sono tanti i gruppi umani per i quali la comunità internazionale arriva al massimo a “discutere” ed “esprimere preoccupazione” perché non sa come usare quel “farmaco scaduto” dei diritti umani, che forse poteva essere utile, almeno come sintomatico per la credibilità del diritto, in altri tempi, in altri mondi.
2.
Lo scenario dei vaccini porta in un altro mondo: agitatissimo di questi tempi, una vera guerra “virtuale”: ma combattuta perciò senza orrori emotivamente coinvolgenti, con personaggi che rappresentano i vertici dei poteri economici e tecnologici mondiali e guidano perciò in modo sempre più “ovvio” e riconosciuto il mondo globale. Mondo disabitato dai miliardi di umani le cui vite e morti sono presenti in tantissimi rapporti, ma solo come numeri e percentuali: si intrecciano-confondono con le cifre che parlano di produzioni, costi, mercati, che hanno come riferimento un’organizzazione (la WTO), creata apposta per difendere e garantire i diritti delle cose e delle merci, e dei loro sempre più concentrati proprietari, dalle pretese dei sognatori di diritti umani. Di quanti morti e privati della dignità della vita ‒ crimine contro l’umanità, nel senso più pieno ‒ è responsabile questo organismo non è calcolabile: bisognerebbe sommare troppi “gruppi umani” presenti nelle statistiche ufficiali che misurano aspettative di vita, inaccessibilità a cibo, acqua, sanità, educazione, ambiente, pace , salari vitali… La discussione, con caratteristiche di una vera e propria “guerra”, ideologica, economica, giuridica, su un “bene conoscitivo e industriale” come un vaccino in tempo di pandemia ha reso di colpo presenti e con diritti universali i miliardi di persone concrete che non avevano, fuori dallo scenario pandemico, nemmeno il diritto di visibilità fisica (l’habeas corpus come mitico segno originario di diritto umano). La guerra sulla priorità tra umani e cose sembrava, era invocata, era proposta almeno come un esperimento di sospensione della vittoria, globale e permanente, delle cose (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/02/02/vaccini-gratuiti-per-tutti-e-diritti-umani/). Si sa quanto diversamente si sta sviluppando: come una interminabile partita a scacchi. Con parti schierate dall’una o dall’altra parte per le ragioni, gli interessi, gli obiettivi più diversi. Senza buoni o cattivi.
Da una parte ci sono sceltissimi e potenti difensori del fatto che il mercato ha da tempo, e con tutta chiarezza, dichiarato che i diritti umani e dei popoli sono estranei alla sua identità di fondo, e che le sue regole non ammettono eccezioni che potrebbero essere un segnale molto pericoloso della necessità di cambiare i princìpi che garantiscono la gerarchia della trinità privato-mercato-finanza su qualsiasi altro attore-valore. Molto semplicemente: i diritti umani sono da tempo “scaduti”. Perché sperimentare una “eccezione” che metterebbe in discussione tutti gli algoritmi economico-finanziari che si reggono sulla esclusione della vita delle persone dalle variabili che contano? Dall’altra parte ci sono tante, diverse combinazioni di posizioni e organismi, che includono leader reali e utopici come Papa Francesco; paesi poveri-marginali che sognano da sempre risposte (vaccini contro le loro pandemie permanenti del debito, della fame etc.); dittatori che vedono nella pandemia uno strumento di propaganda e di guadagno (come in India: https://volerelaluna.it/mondo/2021/05/19/il-covid-lindia-narendra-modi-tra-immaginario-e-realta/); il fronte delle Nazioni Unite e dei suoi organismi diretti e indiretti che vorrebbe almeno in questo campo essere riconosciuto come soggetto efficace di difesa dei diritti e non come un loro simbolo impotente; l’universo vitale delle tante rappresentanze della “società civile” che dichiara inaccettabile una “scadenza” di un diritto-intervento efficace come il vaccino nel settore simbolo della sanità che in nome di una “immunità di gregge” sarebbe un pro memoria di essere tutte e tutti esseri umani. Difficile sapere come e quando questa guerra si concluderà, al di là delle tante schermaglie, promesse, impegni oscillanti tra il ridicolo del dono di qualche milioni di dosi date come segno di buona volontà da un presidente come Biden e gli impegni senza tempo e senza consenso dei G20… Il verdetto rispetto ai diritti umani è già stato dato, ed è molto chiaro: la loro universalità è una bella parola, che può rimanere per dare l’apparenza di discussioni eticamente giustificate, purché non si pretenda di dettare tempi e costi. Ciò che importa è mantenere le gerarchie consolidate che vedono le logiche economiche a decidere le scelte concrete. Se nel frattempo, mese dopo mese, o anno dopo anno, i morti evitabili si accumulano e le distanze tra aventi e non aventi diritto aumentano, i difensori della non-scadenza dei diritti non possono certo pretendere di improvvisare e governare, in nome di una pandemia globale come quella antica e indiscussa della diseguaglianza, un nuovo ordine.
E forse non è male riconoscere che l’orrore della guerra dei vaccini, con i suoi morti invisibili e incontabili, quelli già prodotti e quelli previsti, non è minore di quello di Gaza. Non perché abbiano senso questi confronti: ma perché, da sempre, i diritti umani o sono universalmente dovuti e cercati, o non sono. E non per niente la comunità internazionale prima di essere sostanzialmente impotente e silenziosa su Gaza bombardata, non aveva battuto ciglio sull’apartheid vaccinale praticato da Israele (https://volerelaluna.it/politica/2021/01/12/6-gennaio-2021-la-normalita-degli-apartheid/, nel frattempo dichiarato modello di “copertura vaccinale” per il mondo. E per chi volesse vedere quanto questo secondo scenario è vecchio, ben oliato, e ha bisogno solo di essere messo allo scoperto, il film Le confessioni di Roberto Andò già raccontava tutto, ricordando che una voce profetica invitata a essere presente, senza parlare, in una assemblea solenne e segreta di un simbolico “vertice” dei poteri poteva avere come risposta solo un suicidio del garante della intoccabilità rivelata falsa degli algoritmi, che venivano riconfermati dal consenso degli altri.
3.
Il terzo caso che conclude la riflessione sull’annuncio ufficiale di un evento così importante e trasversale come la “scadenza” dei diritti umani ha bisogno di ancor meno parole. Si tratta di un evento allo stesso tempo “mancato” e fortemente operativo. L’Unione Europea ha confermato di fatto che la migrazione non è un problema che la riguarda: il diritto alla vita delle persone che migrano non è competenza della civiltà europea: i migranti ‒ ultimi quelli di Ceuta ‒ non sono umani; per loro non si applica nemmeno l’abc della Dichiarazione Universale. Gli orrori visti lungo i mesi, gli anni, nei mari, nei deserti, nei Balcani, nei campi di concentramento che vanno a fuoco, nel gelo e nelle torture, fanno parte della gestione routinaria del disordine di un mondo che nel pieno della pandemia trova spazio, risorse, visibilità per le manovre di una Nato che è sempre più strumento simbolico di un’altra delle gerarchie capovolte: la guerra come sicurezza. Nell’agenda europea le cose che hanno priorità sono altre. I fondi da distribuire. Il mercato delle armi. Il controllo di fonti energetiche che rendono poco credibili le proposte di un futuro “green”. Come quella della WTO, l’agenda europea non cambia. In fondo, dicono i trattati e un diritto internazionale che si riconosce in crisi, ma che non osa ri-configurarsi da diritto di Stati a diritto dei popoli, i migranti non sono nemmeno un popolo definibile. Vengono da “rischi” che se fossero riconosciuti dovrebbero essere chiamati con nomi che coincidono con i nuovi nomi del nostro nuovo colonialismo, economico, ambientale, militare. La loro pretesa di ricordare, continuando a fuggire e morire, di dire che essere umani è una identità sufficiente per essere riconosciuti finirebbe per mettere in discussione troppe cose. Meglio pensarci. Rimandare è un modo perfettamente efficace di dichiarare che il tempo e la sostanza dei diritti umani sono “scaduti”.
4.
Riconoscere che si vive in un tempo e in un mondo nei quali si può, in tanti modi, diversi e complementari, affermare nei fatti che i diritti umani sono scaduti è un passo importante. Impone di essere realisti e disincantati. Negli scenari internazionali, e delle Costituzioni, viviamo in un mondo “altro” rispetto a quello che aveva fatto del diritto delle persone e dei popoli un progetto difficile, certo utopico rispetto agli scenari di guerra e sterminio che lo avevano quasi incredibilmente generato, ma che era stato riconosciuto come la piattaforma comune di ricerca di una collettività internazionale certo tutt’altro che pacifica.
Il rilancio, utopico, e perciò imprescindibile, di una Costituzione della terra (https://volerelaluna.it/politica/2021/05/18/perche-una-costituzione-della-terra/) non riguarda soltanto il ritrovare un nuovo rapporto tra gli umani e un mondo-natura-ambiente a rischio di sostenibilità. Il tempo della globalizzazione delle cose ha delegato alla violenza della economia-finanza la governance dei modelli di sviluppo e di convivenza e ha cancellato, nell’immaginario e nelle normative, il tempo e la cultura dell’universalità, cioè del progetto di un mondo alla ricerca di una pari dignità tra le persone. Non c’è molto da guardare “indietro” per difendere più o meno efficacemente le conquiste fatte. La memoria di un tempo in cui il diritto era misurato in rapporto alla sua capacità di “non lasciare nessun@ indietro” si può interpretare solo con progetti che siano praticabili, in modo nuovo, in un tempo in cui il diritto di essere umani è stato dichiarato scaduto. Le nuove generazioni devono essere esposte molto chiaramente a questa realtà per diventare soggetti di una storia che, con la stessa logica di ricerca e sperimentazione, dottrinale e di lotte concrete, le renda capaci di essere, trasversalmente, cittadini di un luogo e di tutti i luoghi. Il diritto costituzionale non si regge senza un diritto internazionale che non sia più strumento degli Stati, ma della diversità dei gruppi umani. La sanità del dopo pandemia e la scuola (tutta) sono il primo test per verificare se e quanto questa cultura di ricerca di un diritto universale in un mondo globale possa essere praticabile.
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