Boris Johnson ha attribuito il successo della campagna vaccinale del Regno
Unito “al capitalismo” e “all’avidità”. Si tratta di commenti di pancia, ma se
le parole del primo ministro offrono una qualche indicazione sulla sua idea di
come il Regno Unito potrà riprendersi dalla pandemia, le implicazioni per le
scelte politiche del paese in patria e all’estero sono preoccupanti. Non è la
prima volta che Johnson trae le lezioni economiche sbagliate dalla crisi del
covid-19. Pochi mesi fa con lo stesso spirito si era rivolto alle “persone di
sinistra, convinte che tutto possa essere finanziato dai soldi dei
contribuenti”, dicendo che “arriva il momento in cui lo stato deve fare un
passo indietro e lasciare che sia il settore privato a entrare in gioco”.
Johnson non è la prima persona a considerare i vaccini un successo del
settore privato. Ma vale la pena di ricordare che il vaccino AstraZeneca è
stato creato dagli scienziati dell’università di Oxford, e in seguito
sviluppato e distribuito dal gigante farmaceutico anglosvedese. Eppure a essere
celebrati pubblicamente sono stati solo i privati.
La verità è che nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione dei
vaccini è stata riversata una quantità senza precedenti di fondi pubblici. Si
stima che i sei candidati principali abbiano ricevuto 12 miliardi di dollari
(circa dieci miliardi di euro) di denaro pubblico e dei contribuenti, di cui
1,7 miliardi di dollari (circa 1,4 miliardi di euro) per il vaccino
Oxford-AstraZeneca e 2,5 miliardi di dollari (circa 2,1 miliardi di euro) per
quello di Pfizer-Biontech. Questo livello d’investimenti rappresenta un enorme
rischio, ma non è l’unico che il settore pubblico ha corso. I governi hanno
usato degli “impegni anticipati di mercato” per garantire alle aziende private
che sono riuscite a produrre un vaccino contro il covid-19 di essere ampiamente
ricompensate con cospicui ordini.
I fondi pubblici spesi per la ricerca e lo sviluppo hanno spesso una natura
imprenditoriale, nel senso che i governi investono nelle prime e più rischiose
fasi dell’innovazione sanitaria, prima che esista un mercato. Questo è uno dei
motivi per cui le aziende sono riuscite a sviluppare un vaccino per il covid-19
in tempi record. Come ha chiarito un recente rapporto dell’Industrial strategy
council (Consiglio per la strategia industriale) britannico, la svolta nelle
vaccinazioni contro il covid-19 sarebbe stata impensabile senza il
coinvolgimento dello stato. Un efficace e “mirato” coordinamento governativo –
fatto di politiche industriali d’investimento scientifico, appalti pubblici
strategici e collaborazione tra pubblico e privato – è stato fondamentale per
il successo della campagna di vaccinazione contro il coronavirus.
Il senno di poi
C’è però da fare un’importante precisazione. Nonostante il governo conosca la
forza del Regno Unito nel settore delle scienze biologiche, e voglia sostenerlo
con due nuovi accordi di settore, la capacità del paese di produrre dosi
sufficienti non è scontata. La storica incapacità britannica di sostenere la
sua base produttiva nazionale è evidente nei recenti litigi tra Bruxelles e
Londra sulla fornitura del vaccino Oxford-AstraZeneca. Prima della crisi, il
Regno Unito non era interessato a investire in una base industriale locale per
la produzione di massa di vaccini e altri prodotti scientifici. Se il governo
avesse proposto un piano d’investimento in fabbriche di questo genere prima
della pandemia, probabilmente sarebbe stato accolto in maniera non proprio
entusiastica.
Questo è chiaro con il senno di poi. Ma il senno di poi ci dice anche
quanto sia vitale avere una strategia industriale a lungo termine, che investa
nella produttività e nella crescita economica, e al tempo stesso abbia
obiettivi più ambiziosi, come affrontare la crisi climatica e le future
pandemie. Invece di considerare il presente come il momento migliore in cui
delineare un simile piano, Johnson sta rinunciando a una strategia industriale
sensata. La soppressione, da poco annunciata, dell’Industrial strategy council,
un organismo indipendente di consulenza che dà consigli al governo sulla
strategia industriale da seguire, fa pensare che non si farà tesoro del
prezioso lavoro di questa istituzione. Il governo si è impegnato a raddoppiare
la spesa pubblica per la ricerca e lo sviluppo del Regno Unito, portandola a 22
miliardi di sterline all’anno entro il 2024 o il 2025, ma propone anche di
tagliare il bilancio dello Uk research and innovation, un dipartimento pubblico
che finanzia la ricerca, dimezzando i fondi per i progetti internazionali di sviluppo.
Nel Regno Unito i tagli alla ricerca durante una pandemia lanciano un
messaggio preoccupante
Se questo indebolirà l’infrastruttura fondamentale per il successo dei
vaccini nel Regno Unito, come sembra probabile, allora l’Agenzia per
l’invenzione e la ricerca avanzata (Aria), da poco creata dal governo, rischia
di essere una costosa distrazione. Negli Stati Uniti il modello dell’Agenzia
per i progetti di ricerca avanzati (Arpa), a cui s’ispira l’Aria, è stato un
grande successo perché si muove all’interno di un’infrastruttura vitale e
decentralizzata, sostenuta da investimenti pubblici nella scienza, che
l’amministrazione Biden prevede di rafforzare ulteriormente.
Il fatto che i tagli alla ricerca britannica avvengano durante una pandemia
globale lancia un messaggio preoccupante sulle priorità del primo ministro.
Quando ha parlato di avidità, Johnson in realtà ha identificato il problema del
sistema, non qualcosa che merita un elogio. Da solo un vaccino non può bastare
per ingabbiare il covid-19, e il Regno Unito non sarà al sicuro dal virus
finché la maggioranza della popolazione mondiale non sarà vaccinata. È molto
difficile capire come l’avidità possa rendere il vaccino disponibile a tutti,
in tutti i paesi, e gratuitamente.
Affrontare il monopolio delle case farmaceutiche sulla scienza, sulle
competenze tecniche e sulla tecnologia, e condividere questa missione con più
paesi possibili, sarà fondamentale per aumentare e decentralizzare la
produzione di vaccini in tutto il mondo. L’Organizzazione mondiale della sanità
(Oms) ha creato il programma Covid-19 technology access pool- (C-Tap), per
permettere ai governi e alle aziende di fare proprio questo. Parallelamente il
Sudafrica e l’India hanno inviato all’Oms la proposta, sostenuta da più di
cento paesi, di rinunciare temporaneamente ad alcuni vincoli sulla proprietà
intellettuale per le tecnologie legate al covid-19. Da un recente sondaggio nel
Regno Unito è emerso che il 74 per cento degli intervistati è favorevole a
queste posizioni. Per tutta risposta il governo ha ignorato il C-Tap e respinto
la sospensione temporanea sulla proprietà intellettuale.
Quando un governo è guidato dalla filosofia dell’avidità, l’apartheid
vaccinale è garantito. Il 56 per cento delle oltre 455 milioni di dosi del
vaccino contro il covid-19 è già andato a persone in paesi ad alto reddito, e
solo lo 0,1 per cento è stato distribuito nei 29 paesi più poveri. È
improbabile che il programma Covax dell’Oms, il cui obiettivo è vaccinare fino
al 27 per cento della popolazione in 92 tra i paesi più poveri, basti.
Avendo fatto bene con il suo programma vaccinale, il Regno Unito dovrebbe
essere ora in buona posizione per contribuire a una campagna di vaccinazione
globale. La promessa del governo britannico di donare il surplus di vaccini è
un buon inizio, ma non basta. Serve una leadership forte e una speranza. Invece
Boris Johnson sembra attaccato all’ idea anacronistica e controproducente che
saranno il capitalismo e l’avidità a vaccinare il mondo e a contribuire alla
ricostruzione dopo la pandemia.
(Traduzione di Federico Ferrone)
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