Landor, corrispondente del The World, intervista Marx a Londra il 3 luglio
1871. Soltanto un paio di mesi prima, la Comune di Parigi era stata soffocata
nel sangue. Il testo venne pubblicato il seguente 18 luglio
Londra, 3 luglio 1871. Mi avete chiesto di raccogliere
informazioni sull’Associazione Internazionale e io ho cercato di farlo.
Attualmente, si tratta di un’ardua impresa. Londra è indiscutibilmente il
quartier generale dell’Associazione, ma gli inglesi sono spaventati e sentono odor
d’Internazionale dappertutto, come re Giacomo sentiva odor di polvere da sparo
dopo la famosa congiura. Naturalmente, il livello di consapevolezza dei membri
dell’Associazione è aumentato con la sospettosità del pubblico e se gli uomini
che la dirigono hanno un segreto da custodire, il loro stampo è tale da
custodirlo bene. Ho fatto visita a due dei suoi esponenti più in vista; con uno
di essi ho parlato liberamente e qui di seguito riferisco il succo della nostra
conversazione. Mi sono personalmente accertato di una cosa, e cioè che si
tratta di un’associazione di veri lavoratori, ma che questi lavoratori sono
guidati da teorici politici e sociali appartenenti a un’altra classe. Uno degli
uomini che ho visto, fra i massimi dirigenti del Consiglio, si è fatto
intervistare seduto al suo banco da lavoro, e a tratti smetteva di parlare con
me per ascoltare le lamentele espresse in tono tutt’altro che cortese da uno
dei tanti padroncini del quartiere che gli davano da lavorare. Ho sentito
quello stesso uomo pronunciare in pubblico discorsi eloquenti, animati in ogni
loro passo dalla forza dell’odio verso le classi che si autodefiniscono
governanti. Ho capito quei discorsi dopo aver assistito a uno squarcio della
vita domestica dell’oratore. Egli deve essere consapevole di possedere
abbastanza cervello da organizzare un governo funzionante ma di essere
costretto a dedicare la sua vita alla più estenuante routine di un lavoro
puramente meccanico.
Pur essendo un uomo orgoglioso e sensibile, era continuamente costretto a
rispondere a un grugnito con un inchino, e con un sorriso a un ordine che sulla
scala dell’urbanità si collocava più o meno allo stesso livello del richiamo
che il cacciatore lancia al suo cane. Costui mi ha consentito di scorgere un
aspetto della natura dell’Internazionale, la rivolta del lavoro contro il
capitale, dell’operaio che produce contro il borghese che gode. Quella è la
mano che colpirà duro quando giungerà il momento, e quanto alla mente che
progetta, credo di aver veduto anche quella, nella mia intervista con il dottor
Karl Marx.
Un appartamento borghese
Karl Marx è dottore in filosofia, tedesco di nascita, e possiede le vaste
conoscenze che sono tipiche del tedesco, ricavate sia dall’osservazione del
mondo vivente che dai libri. Dovrei concludere che egli non è mai stato un
lavoratore nel senso comune del termine. L’ambiente in cui vive e il suo
aspetto sono quelli di un uomo benestante della borghesia. Il salotto in cui
sono stato fatto accomodare la sera dell’intervista sarebbe potuto appartenere
alla confortevole dimora di un prospero agente di borsa il quale, dopo avere
acquisito le sue competenze, stesse facendo la sua fortuna. Era la comodità
personificata, l’appartamento di un uomo di gusto e di larghi mezzi, ma privo
di qualsiasi riferimento personale al suo proprietario.
Tuttavia, un bell’album di vedute del Reno posto sul tavolo costituiva un
indizio della sua nazionalità. Ho sbirciato con cautela nel vaso posto sul
tavolinetto per vedere se contenesse una bomba. Ho annusato l’aria per sentire
se sapesse di petrolio, ma l’unico odore era quello delle rose. Furtivamente,
mi sono riseduto al mio posto, e con animo cupo ho atteso il peggio.
Sono al cospetto di una forza formidabile: un sognatore che pensa, un
pensatore che sogna
Egli è entrato e mi ha salutato cordialmente, poi si è seduto di fronte a
me. Ebbene sì, mi trovo faccia a faccia con la rivoluzione in carne e ossa, con
l’autentico fondatore e ispiratore dell’Associazione Internazionale, con
l’autore della frase in cui si dice al capitale che, se muoverà guerra al
lavoro, dovrà aspettarsi di vedersi bruciare la casa sotto i piedi; in una
parola, con l’apologeta della Comune di Parigi. Ricordate il busto di Socrate,
l’uomo che preferì morire piuttosto che professare la fede negli dei
dell’epoca, l’uomo con quel bel profilo in cui la fronte termina bruscamente
con un piccolo naso camuso e arricciato all’insù che rassomiglia a un gancio a
due punte? Ecco, tenete quel busto dinnanzi agli occhi della mente, colorate la
barba di nero, punteggiandola qui e là di grigio; piantate la testa così
composta sul corpo di un uomo abbastanza prestante di mezza età, e avrete
davanti a voi il dottore. Gettate un velo sulla parte alta del viso e vi
ritroverete in compagnia di un perfetto sacrestano. Svelate il tratto
essenziale – la fronte sconfinata – e saprete subito che siete al cospetto
della più formidabile di tutte le forze composite: un sognatore che pensa, un
pensatore che sogna. Il dottor Marx era in compagnia di un altro signore, anch’egli
tedesco, credo, quantunque non possa esserne certo vista la sua grande
familiarità con la nostra lingua. Era lì per fare da testimone al dottore?
Penso di sì. Il Consiglio, venuto a sapere dell’intervista, avrebbe potuto
chiamarlo a renderne conto, perché la Rivoluzione nutre sospetti soprattutto
sui suoi stessi agenti. Quella era dunque una prova a carico. Sono passato
subito al motivo della mia visita. Il mondo, ho detto, sembrava essere
all’oscuro delle finalità dell’Internazionale, che odiava profondamente ma
senza saper dire chiaramente che cosa di essa odiasse. Alcuni, che sostenevano
di aver spinto lo sguardo nelle tenebre più in là dei loro simili, dichiaravano
di aver scorto una sorta di figura simile a Giano, con un bel sorriso onesto da
lavoratore su una delle facce e sull’altra un cipiglio assassino da
cospiratore. Voleva fare un po’ di luce sul mistero della sua teoria? Il
professore ha riso, con un certo compiacimento, mi è sembrato, al pensiero che
noi avessimo tanta paura di lui. «Non c’è nessun mistero da chiarire, caro
signore», ha esordito in una versione molto raffinata del dialetto di Hans
Breitmann, «tranne forse il mistero della stupidità umana di coloro che
continuano a ignorare il fatto che la nostra è un’Associazione pubblica e che i
resoconti integrali dei suoi lavori vengono pubblicati per chiunque abbia
voglia di leggerli. Il nostro regolamento è in vendita al costo di un penny, e
spendendo uno scellino si compra un opuscolo che le spiegherà sul nostro conto
tanto quanto ne sappiamo noi stessi».
Sì, forse è così; ma non può forse darsi che proprio quel qualcosa che io
non verrò a sapere costituisca la riserva decisiva? Per essere del tutto
sincero con lei, e per mettere la questione nel modo in cui la vede un
osservatore esterno, questa generale deprecazione nei vostri confronti deve
significare qualcosa di più della sola ignoranza della moltitudine. Ora, è
ancora pertinente, dopo quanto lei mi ha detto, domandarle in che cosa consiste
l’Associazione Internazionale? Basta guardare le persone da cui è
composta: lavoratori. Sì, ma il soldato non è necessariamente un
esponente dello Stato che lo arma. Io conosco alcuni membri della sua
Associazione e posso credere che non abbiano la stoffa dei cospiratori. Per
giunta, un segreto noto a un milione di uomini non potrebbe essere un segreto.
Ma potrebbe darsi che questi fossero soltanto gli strumenti in mano a un
gruppetto di persone audaci e – aggiungo, sperando che lei mi perdoni – senza
molti scrupoli. Non vi è nulla che lo dimostri. E la recente
insurrezione di Parigi? Prima esigo la prova che vi sia stata
cospirazione, che sia accaduto qualcosa che non fosse l’effetto legittimo delle
circostanze del momento; oppure, ammettendo la cospirazione, chiedo le prove
che l’Associazione Internazionale vi abbia partecipato. La presenza
nell’assemblea comunale di tanti membri dell’Associazione. Ma allora è
stato anche un complotto dei massoni, perché la parte che hanno preso all’opera
in quanto individui è stata tutt’altro che piccola. Anzi non mi sorprenderei se
il Papa attribuisse a loro l’insurrezione. Ma tentiamo un’altra spiegazione.
L’insurrezione di Parigi è stata fatta dai lavoratori di Parigi. I suoi capi e
organizzatori devono essere stati per forza i lavoratori più capaci; ma si dà il
caso che i lavoratori più capaci facciano parte dell’Associazione
Internazionale. Tuttavia, l’Associazione in quanto tale può non essere affatto
responsabile delle loro azioni. Ma il mondo continuerà a pensare che le
cose stiano altrimenti. La gente parla di ordini segreti da Londra e persino di
finanziamenti. Si può affermare che il tanto sbandierato carattere pubblico dei
lavori dell’Associazione impedisca qualsiasi comunicazione segreta? È
mai esistita un’associazione che svolgesse il suo lavoro senza bisogno di
agenti sia privati che pubblici? Ma parlare di ordini segreti da Londra, come
se fossero ordini in materia di fede e di morale emanati da un centro di
dominio e di intrigo papale, significa fraintendere completamente la natura
dell’Internazionale. Ciò comporterebbe che l’Internazionale fosse dotata di un
governo centralizzato, mentre la forma che è stata espressamente scelta è
quella che lascia il più ampio margine alle energie locali e indipendenti. In
effetti, è inesatto affermare che l’Internazionale rappresenta un organo di
governo della classe operaia. È un patto associativo, piuttosto che un potere
politico. Un’associazione con quale finalità? L’emancipazione
economica della classe operaia tramite la conquista del potere politico. L’uso
di questo potere politico per il raggiungimento di scopi sociali. È necessario
che i nostri obiettivi siano tanto vasti da includere ogni forma di attività da
parte della classe operaia. Essersi dati obiettivi particolari avrebbe
significato adattarli alle esigenze di un solo settore, di una sola nazione di
lavoratori. Ma come si può chiedere a tutti gli uomini di associarsi per
promuovere le finalità di pochi? Per farlo, l’Associazione avrebbe dovuto
rinunciare alla sua qualifica di Internazionale. L’Associazione non impone la
forma dei movimenti politici, si limita a richiedere un impegno in vista dei
loro scopi. Si tratta di una rete di società affiliate che abbraccia l’intero
mondo del lavoro.
Le classi lavoratrici devono trasformare la società per prendere in mano il
proprio destino. In ogni parte del mondo si presenta un aspetto speciale del
problema, e gli operai che vi abitano affrontano il problema a modo loro. Le
associazioni di lavoratori non possono essere assolutamente identiche nel
dettaglio a Newcastle e Barcellona, a Londra e Berlino. In Inghilterra, ad
esempio, la via per conquistare un potere politico è aperta alla classe
operaia. L’insurrezione sarebbe una follia là dove un’agitazione pacifica
raggiungerebbe lo scopo in modo rapido e sicuro. In Francia, un centinaio di
leggi repressive e un antagonismo morale fra classi sembrano rendere necessaria
la soluzione violenta di una guerra sociale. La scelta di una simile soluzione
spetta alla classe operaia di quel paese. L’Internazionale non pretende certo
di dettare il da farsi in merito, e neppure di dare consigli. Ma accorda in
ogni momento la sua simpatia e il suo aiuto entro i limiti fissati dal suo
stesso regolamento.
E di che natura è questo aiuto? Per darle un esempio, una delle
forme più comuni del movimento per l’emancipazione è costituita dallo sciopero.
Prima, quando si effettuava uno sciopero in un dato paese, esso veniva
sconfitto importando lavoratori da un altro. L’Internazionale ha quasi posto
fine a tutto questo. Non appena viene avvisata dello sciopero in programma,
dirama l’informazione fra i suoi aderenti, i quali fanno subito in modo di
trasformare la sede dell’agitazione in terreno proibito. I padroni vengono così
lasciati a fare i conti da soli con i loro operai. Nella maggioranza dei casi,
questi ultimi non hanno bisogno di altro aiuto. Essi utilizzano i fondi
provenienti dai loro stessi versamenti o da quelli delle società cui sono più
immediatamente affiliati, ma se l’onere cui sono sottoposti dovesse farsi
troppo gravoso, o nel caso in cui lo sciopero fosse approvato
dall’Associazione, alle loro necessità si provvederà con la cassa comune. Con
questi mezzi, l’altro giorno uno sciopero delle sigaraie di Barcellona si è
concluso vittoriosamente. Ma l’associazione non ha alcun interesse agli
scioperi, sebbene li appoggi a certe condizioni. Non può assolutamente trarne
vantaggi pecuniari, mentre può facilmente esserne danneggiata. Cerchiamo di
riassumere. Le classi lavoratrici rimangono povere davanti all’aumento della
ricchezza, restano diseredate nonostante il diffondersi del lusso. Le loro
privazioni materiali ne riducono la statura morale, oltre che fisica. Per porre
rimedio a questa situazione non possono fare affidamento su altri. Quindi, per
loro prendere in mano il proprio destino è diventato un imperativo. Devono
riesaminare i rapporti al loro interno e fra loro e i capitalisti e i
proprietari terrieri, e ciò significa che devono trasformare la società. Questo
è lo scopo generale di ogni organizzazione di lavoratori che si conosca: leghe
della terra e del lavoro, sindacati e società di mutuo soccorso, negozi
cooperativi e produzione cooperativa non sono che mezzi per quel fine. Scopo
dell’Associazione Internazionale è creare una solidarietà perfetta fra queste
organizzazioni. E la sua influenza comincia a farsi sentire dovunque. Due
giornali hanno diffuso le sue finalità in Spagna, tre in Germania, altrettanti
in Austria e in Olanda, sei in Belgio e sei in Svizzera. E adesso che le ho
detto che cos’è l’Internazionale, lei sarà forse in grado di farsi un’opinione
in merito ai suoi presunti complotti.
Non la capisco… Non vede forse che la vecchia società, mancando della forza
necessaria per affrontarla con le sue armi – quelle della discussione e della
concertazione – è costretta a fare ricorso alla frode di affibbiarle l’accusa
di cospirazione? Ma la polizia francese sostiene di essere in grado di
dimostrare la sua complicità nella recente vicenda, per non parlare dei fatti
precedenti. Tuttavia, se non le spiace spenderemo qualche parola su
quei fatti, perché servono a mettere alla prova la gravità di tutte le accuse
di cospirazione mosse all’Internazionale. Lei ricorderà il penultimo
«complotto». Era stato annunciato un plebiscito. Si sapeva che molti elettori
erano indecisi. In loro, il sentimento del valore del dominio imperiale non era
più vivo, poiché avevano smesso di credere ai minacciati pericoli della società
da cui, si sosteneva, l’impero li aveva salvati. Occorreva un nuovo
spauracchio. La polizia si è messa a cercarlo. Odiando tutte le associazioni di
lavoratori, era naturale che volessero giocare un brutto scherzo
all’Internazionale. Li ha ispirati un’idea felice: scegliere come spauracchio
l’Internazionale e così facendo screditarla e al tempo stesso far proseliti per
la causa dell’impero. Da quella felice idea è scaturita la ridicola «congiura»
contro la vita dell’imperatore, come se noi avessimo intenzione di uccidere
quel povero disgraziato. A quel punto la polizia ha arrestato gli esponenti più
in vista dell’Internazionale.
Ha falsificato le prove. Ha istruito il processo e nel frattempo si è
tenuto il plebiscito. Ma quella che doveva essere una commedia era troppo
palesemente solo una volgare e palese farsa. L’Europa intelligente, che ha
assistito allo spettacolo, non si è lasciata ingannare neanche per un istante
sulla sua natura, e soltanto gli elettori contadini di Francia ci sono cascati.
I vostri giornali inglesi hanno riferito dell’inizio della squallida vicenda. I
giudici francesi, ammessa l’esistenza della congiura per pura deferenza verso
l’autorità, sono stati costretti a dichiarare che mancavano prove della
complicità dell’Internazionale.
Mi creda, il secondo complotto è come il primo. Il funzionario francese è
di nuovo all’opera. È chiamato a render conto del più vasto movimento di
cittadini cui il mondo abbia mai assistito. Innumerevoli segni dei tempi
dovrebbero suggerire la spiegazione giusta: il diffondersi della consapevolezza
fra i lavoratori, quello del lusso e dell’incompetenza fra chi li governa, il processo
storico, attualmente in corso, del passaggio definitivo del potere da una
classe a tutto il popolo, l’evidente idoneità del momento, del luogo e delle
circostanze del grande movimento di emancipazione. Ma per aver capito questo il
funzionario dovrebbe essere stato un filosofo, e invece è soltanto un mouchard,
uno sbirro. In base alle leggi che regolano la sua esistenza, pertanto, ha
fatto ricorso alla spiegazione del mouchard: «Complotto». La sua
vecchia cartella di documenti falsi gli fornirà le prove e questa volta
l’Europa, nel suo terrore, crederà alla favola. L’Europa può fare ben
poco, vedendo che tutti i giornali francesi pubblicano la notizia.
Tutti i giornali francesi! Guardi, ne prenda uno [sceglie «La Situation»] e
giudichi da solo il valore effettivo delle loro prove. [Legge] «Il dottor Karl
Marx, dell’Internazionale, è stato arrestato in Belgio mentre tentava di
passare in Francia. La polizia londinese tiene d’occhio da tempo l’associazione
cui egli è legato, e sta prendendo misure attive per la sua soppressione». Due
frasi e due menzogne. Può verificarne la consistenza con i suoi occhi. Come
vede, infatti, anziché trovarmi in prigione in Belgio sono a casa mia in
Inghilterra. Inoltre, lei saprà che la polizia inglese ha tanto potere di intervenire
nelle attività dell’Internazionale quanto quest’ultima ne ha di intervenire
nelle sue. Eppure, la cosa più normale in tutto questo è che questa notizia
farà il giro della stampa europea senza venire smentita e potrebbe continuare a
farlo anche se io stessi seduto qui a mandare comunicati a tutti i giornali
d’Europa.
Lei ha tentato di smentire molte di queste false notizie? L’ho fatto fino
a quando questa impresa non mi ha stancato. Per dimostrare la grossolana
sbadataggine con cui esse vengono falsificate, posso accennare solo che in una
Félix Pyat era citato come membro dell’Internazionale.
E invece non lo è? L’associazione non avrebbe mai potuto dare
spazio a un tale sconsiderato. Una volta, ha avuto la presunzione di emanare un
incauto proclama a nostro nome, ma è stato smentito all’istante, anche se la
stampa, tanto per renderle giustizia, ha ignorato la smentita. E
Mazzini, fa parte della vostra associazione?
[Ridendo] Oh, no. Avremmo fatto ben pochi progressi, se non fossimo andati
oltre le sue idee. Lei mi sorprende. Credevo proprio che rappresentasse
le vedute più avanzate. Non rappresenta nulla di meglio che la vecchia
idea di una repubblica borghese. Noi non vogliamo aver nulla a che fare con la
borghesia. Mazzini fa ormai parte della retroguardia del movimento moderno
insieme ai professori tedeschi, che tuttavia in Europa sono ancora considerati
gli apostoli del democratismo colto del futuro. Lo erano un tempo: prima del
’48, forse, quando la borghesia tedesca – nel senso in cui usiamo il termine in
Inghilterra – aveva appena raggiunto il suo pieno sviluppo. Ma adesso sono
passati armi e bagagli alla reazione, e il proletariato non li conosce più.
L’Associazione Internazionale è un potere con il quale il mondo dovrà prima
o poi fare i conti
Alcuni hanno creduto di scorgere segni di un certo positivismo nella vostra
organizzazione.
Nient’affatto. Fra di noi vi sono dei positivisti e altri, non della nostra
organizzazione, che lavorano altrettanto bene. Ma questo non in virtù della
loro filosofia, che nulla ha a che vedere con il governo del popolo come lo
intendiamo noi e che si propone soltanto di sostituire la vecchia gerarchia con
una nuova. Mi sembra, allora, che i dirigenti del nuovo movimento
internazionale debbano essersi creati una filosofia, oltre che un’associazione. Esattamente.
Ad esempio, è assai improbabile che noi possiamo sperare di vincere la nostra
guerra contro il capitale se prendiamo la nostra tattica, che so, dall’economia
politica di Mill. Questi ha individuato un tipo di rapporto fra lavoro e
capitale. Noi speriamo che sia possibile stabilirne uno diverso. E per
quanto riguarda la religione? Su questo punto non posso parlare a nome
della società. Per quanto mi riguarda, sono ateo. Indubbiamente, è sorprendente
sentire una confessione del genere in Inghilterra, ma conforta il pensiero che
in Germania e in Francia non è necessario abbassare la voce per dirlo. Eppure,
lei ha il suo quartier generale in questo paese. Per evidenti motivi,
qui il diritto di associazione è ormai affermato. Certo, esiste anche in
Germania, ma è circondato da innumerevoli difficoltà; in Francia, per molti
anni non è esistito affatto. E negli Stati Uniti? Per il
momento, i centri principali della nostra attività si trovano nelle vecchie
società europee. Negli Stati Uniti, molte circostanze hanno finora impedito che
il problema del lavoro assumesse un’importanza primaria. Ma esse stanno
scomparendo rapidamente, e questo problema si fa strada velocemente in quel
paese con la crescita – come in Europa – di una classe lavoratrice distinta dal
resto della società e contrapposta al capitale. Sembra di capire che in
questo paese la soluzione sperata – quale che sia – verrà raggiunta senza i
mezzi violenti della rivoluzione. Il sistema inglese di agitazione per mezzo
dei documenti programmatici e della stampa, finché la minoranza si trasforma in
maggioranza, rappresenta un segnale di speranza. Su questo punto non
condivido il suo ottimismo. La borghesia inglese si è sempre dimostrata
abbastanza disponibile ad accettare il verdetto della maggioranza fintantoché
poteva godere del monopolio del diritto di voto. Ma stia bene attento a ciò che
le dico: non appena andrà in minoranza alle elezioni su questioni che considera
vitali, in questo paese assisteremo a una nuova guerra fra mercanti di schiavi.
Ho riferito come meglio potevo quanto ricordo dei punti principali della
mia conversazione con quest’uomo notevole. Lascio a voi il compito di trarre le
vostre conclusioni. Qualunque cosa si dica a favore o contro l’idea che
l’Associazione Internazionale sia complice con il movimento della Comune di
Parigi, possiamo stare certi che con essa il mondo civile ha nel suo seno un
nuovo potere con cui prima o poi dovrà fare i conti, nel bene o nel male.
(Traduzione a cura di Giulia Page)
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