Mi cimento a convincere i 25 lettori di questo post che la lettura del libro di Tristan Egolf è cosa buona e giusta, direi necessaria.
Il
libro è apparso la prima volta in Francia, e non negli Usa, visto che è un
libro antiamericano (aggettivo buono per tutti gli usi, raccontare le cose come
sono per certe persone è insopportabile).
La
storia è ambientata in uno di quegli stati arretrati degli Usa, amanti di Trump
e delle sue retoriche. Per sua sfortuna John
Kaltenbrunner è nato lì, già orfano di padre e con una madre non troppo materna.
Viene circondata e assediata da beghine ladre (che è come essere circondati e
assediati da coloni israeliani), essere morsi da un serpente velenoso è di
sicuro un male minore.
John cresce isolato, umiliato e offeso da tutti, si difende
come può, e può molto, ma non è abbastanza.
Ritorna dopo un po’ di anni alla sua cittadina, e
ricomincia a farsi una vita, prima in un mattatoio, con i messicani, un girone
infernale, e poi fa l’operaio nella raccolta dei rifiuti, un girone leggermente
meno infernale del precedente.
E lì guida uno sciopero (roba antiamericana) per i diritti
e la dignità, ma tutto si paga, a caro prezzo,
Cercatelo, si trova solo nell’usato, o remainder, fra tanti
libri inutili Il signore della
fattoria
è un gioiello inestimabile.
Leggere
per credere.
Il
libro inizia così:
Arrivò un momento in
cui, dopo che la mischia fra Baker e Pottville si era dispersa, con gli ultimi
venti o trenta litiganti fra messicani del mattatoio avicolo Sodderbrook,
assiani di Buzzard's Roost, troll di Dowler Street e topi di fabbrica di Baker
est pigiati, in manette, sui furgoni cellulari dello sceriffo Tom Dippold e
spediti agli scannatoi già pieni zeppi della Keller & Powell, dopo che i
roghi di immondizia in Main Street erano stati spenti e le ceneri sparse tra le
macerie fumanti di Gingerbread Row, dopo che la palestra della scuola era stata
presa d'assalto con i gas da una squadra di poliziotti stupefatti e
malequipaggiati provenienti da tutta la regione, dopo che il saccheggio
generale lungo la Geiger si era placato, la sommossa fra la Terza Strada e la
Poplar era stata sedata, un branco inferocito di minatori del giacimento numero
sei della Ebony Steed aveva da tempo reso la sua malaugurata visita amichevole
ai topi di fiume sulla riva del Patokah in una processione di pick-up
trasformati in rulli compressori, e quando ormai il resto della comunità era a
tal punto sommerso dai suoi stessi escrementi che persino i commentatori del
notiziario di Pottville 6 dovettero ammettere che Baker sembrava in attesa dei
quattro cavalieri dell'Apocalisse, arrivò un momento in cui, all'apice del
pandemonio, ogni cittadino della contea di Greene ancora in possesso delle
proprie facoltà mentali si rese conto esattamente di chi fosse e quale significato
richiamasse il nome di John Kaltenbrunner…
…È un vero peccato che Tristan Egolf non
ci sia più. Questo romanzo è veramente perfetto, non ho altre parole per
descriverlo. Coinvolgente la storia, intrigante il protagonista, interessante
il luogo, perfetto lo stile narrativo. Non c’è niente di sbagliato. Un libro
che i vostri occhi devono vedere ed un libro che il vostro cervello deve
studiare assolutamente. Il protagonista è John Kaltenbrunner, un ragazzo
ribelle e diverso che vuole solo vivere al di fuori dalla società ma che la
società considera un reietto, un ritardato, autistico insomma lo scemo del
villaggio. Ma il signore della fattoria non è così, nasconde dietro il suo
aspetto da barbone delle capacità al di fuori dal comune, è geniale,
intelligente e quello che vuole è stare fuori dalla società, vuole solo la
pace, la tranquillità ma questo non è normale e così finisce per essere
l’anticristo di una piccola cittadina bigotta e stupida. Il libro affronta a
viso scoperto l’America del sud, l’America di provincia dove la legge funziona
come fa più comodo alla gente che ci abita, dove la chiesa Metodista e la
stupidità la fanno da padrone. “Il Signore della Fattoria” è
semplicemente la storia di John, una storia dove non c’è sesso o violenza
gratuita. Una storia raccontata da una voce senza nome che vuole dare giustizia
alla vita di John. John che rifiuta il branco, che rifiuta il torpore
catatonico della periferia, che non ha amici, che rifiuta il mondo ma che il
mondo comunque non lo lascia in pace. Sicuramente molti di voi quando leggono
un libro cercano eroi o comunque personaggi al dì fuori del comune, ebbene John
Kaltenbrunner è il mio eroe. Lui non appartiene al nostro mondo sembra quasi un
alieno, non fa niente per apparire, non fa niente per dimostrare, non parla ma
lavora. La parodia di un ragazzo che nel deserto non grida ma tace, che ha ben
chiara la devozione alla legge dei Noi contro Loro. Un’ultima
cosa: conoscete John Kaltenbrunner non lo dimenticherete facilmente…
…È una storia di ascesa, caduta e vendetta sullo sfondo di
un 'America profonda e rurale, dove la lotta per la vita è ancora all'ordine
del giorno: l'ambientazione è contemporanea, ma leggendolo ci sentiamo portati
ai tempi della Grande Depressione. Il protagonista, Kaltenbrunner, è è il
classico “dropout”, emarginato, di cui Huckleberry Finn o Charlot sono la
versione poetica. Lui invece, così introverso da sembrare ritardato, è
invece geniale, ma le circostanze della sua vita ne faranno un genio del
male. Lo stile non è semplice, periodi lunghi e nessun dialogo, ma la lettura
conquista da subito ed è difficile posare il libro sul comodino. La storia è
raccontata da un narratore sin troppo onnisciente, a creare un distacco dall'
iper-realismo delle descrizioni. Stona però qualche aspetto della traduzione
italiana, alcuni termini non sono ben definiti (per esempio alcuni personaggi
definiti “troll”, non si capisce bene chi siano), ma è l'unico piccolo difetto
di un grande romanzo. Peccato che Tristan non possa darcene altri.
Nota: il romanzo è fuori catalogo, va cercato nel circuito
remainder
Il romanzo ti prende davvero. I personaggi ti restano dentro anche
una volta finito di leggerlo. Una scrittura potente. La storia di questo
ragazzo, John Kaltenbrunner, è la storia di un tipo silenzioso. Ne ho già
scritto, di questo. Non ho scritto invece del motore di tutta la storia. Il
motore è un’assenza. A John muore il padre, e di lui non gli restano che
fotografie, e racconti delle poche persone che passano da casa Kaltenbrunner,
operai che lavoravano alle miniere, agli scavi, sotto l’ingegnere Kaltenbrunner.
E una stanza. Chiusa. Come una cassaforte. John vi entrerà, e scoprirà.
Indagherà su suo padre. Chi era? Qual è stata la sua vera fine? Ma a modo suo.
Se ne metterà gli abiti. E, piano piano, ne diventerà una strana copia. Per
certi versi, la storia di una vendetta. Ora che ci penso, come fosse tutto un
grande piano. La costanza negli anni di John è premiata. Il mondo si svela per
quello che è. Almeno per un po’. Poi ripiomba, o cerca di, sotto una maschera
di terracotta. Non c’è una storia d’amore, in questo libro. Le figure femminili
sono negative. Senza eccezioni. Il ragazzo non ascolta musica figa. Non fa per
niente cose fighe. Non è il solito ribelle. Né il solito genio. Un disadattato
mediocre, si potrebbe dire. Ma neanche. Un invisibile, anche. Un rifiuto.
Ti carica, questo romanzo. A me ribolle il sangue solo a scriverne, adesso. Il
che vuol dire che anche stavolta non sto scrivendo oggettivamente. Pazienza…
…Tristan Egolf scrive questo libro incredibile
(leggi non scontato, leggi grande prova narrativa al di fuori degli stilemi
nauseabondi delle scuole di scrittura) negli scorsi anni novanta e passa
attraverso la fase classica del rifiuto in massa degli editori prima di avere a
Parigi il giusto riconoscimento. Opera prima di questo scrittore della
‘provincia’ statunitense (Pennsylvania e dintorni), Il signore della fattoria è fino dalle prime
pagine un romanzo dai molteplici piani, che non scivolano però in un assordante
calderone quanto arrivano a una sintesi compiuta e di piacevolissima lettura.
Egolf sulla linea della grande narrativa di Steinbeck e Faulkner, è stato
detto. Aggiungerei echi e assonanze del repertorio di Woody Guthrie, in materia
di persone ai margini e di sconfinate pianure come quelle polverose delle
campagne del Midwest. Il mondo e il sottomondo insomma di tutti quelli con un
piede dentro e un piede fuori. Come John Kaltenbrunner,appunto, protagonista
della storia ma non l’unico assoluto. Altrettanto protagonista è la comunità di
Baker,una massa sfiancata e insaziabilmente malinconica di patrioti
faziosi…questa è la terra dove Gesù è raffigurato sulle rastrelliere per
fucili..la comunità vive di matrimoni, funerali, di gare scolastiche di atletica,il
principio immutabile secondo cui “per non finire nella merda basta lavorare più
sodo”,e l’abitudine a scolarsi ogni sera tutta la birra possibile al
Whistlin’ Dick. Manovratori,topi di fabbrica, metodisti
osservanti, famigliole tirate a lucido , ispanici manovali e allevatori
possidenti sono l’insostituibile cassa di risonanza per le imprese sfortunate
di John. Altare e contraltare al pari delle “22 ramazze della collina”,i
colleghi dell’ultimo lavoro di Kaltenbrunner, gli effettivi narratori di tutta
quanta la sarabanda. Per loro, il numero 23 essendo tanto inaccessibile,
doveva diventare un’idea una mascotte per
eccellenza, un agente di vendetta – il tutto basato, è ovvio, sul poco che
avevamo- prima di materializzarsi in una persona in carne e ossa, imperfetta, è
vero, ma straordinaria…
a maggio 2005 è morto suicida a 33 anni
Tristan Egolf.
un ragazzo che ha scritto un libro
grandissimo, qualche anno fa, apparso in Francia nel 1998, dopo essere stato
rifiutato da decine di editori, e passato quasi inosservato.
Il libro è “Il signore della fattoria”,
racconta la storia di John Kaltenbrunner, un personaggio solo contro tutti, una
storia epica, quasi con un respiro biblico, e molto terrestre, che
affronta prove terribili, e solo alla fine incontra dei compagni veri e
solidali, ma muore come una bestia. Gli Stati Uniti d’America producono molti
scrittori longevi, ma anche molti che muoiono giovani, per propria mano, come
Breece D’J Pancake, John Kennedy Toole, o David Foster Wallace.
Anche John Kaltenbrunner non ci lascia
indifferenti, ci tocca dentro e nel profondo. E quando un personaggio
“inventato” ci dice più di tanti in carne ed ossa che incontriamo tutti i
giorni, riusciamo ancora a commuoverci. Se per qualche motivo non l’avete letto
o non conoscete nulla di Tristan Egolf, prendete John per amico, non vi lascerà
più.
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