L’assistenza psichiatrica nei CPR, in
particolare quella continuativa, sta diventando un aspetto di omissione di
assistenza medica
Sul quotidiano La Stampa di Torino sono comparsi due
articoli: martedì 21 scorso il quotidiano torinese ha pubblicato un articolo a
firma di Luigi Manconi che denuncia tra i 20 e i 30 tentativi di suicidio
all’interno della struttura di detenzione per migranti di Torino, ieri è
comparso un altro articolo che specifica che i tentativi di suicidio sono 26.
Nel secondo articolo viene inoltre dichiarato che non
esiste alcuna legge che stabilisca un protocollo (stabilito dalla Prefettura
competente di zona per il CPR e l’Azienda Sanitaria) per la cura psichiatrica
all’interno dei CPR.
Abbiamo, come nostra abitudine, approfondito la questione.
L’art. 2 comma 1 del Dlgs 286/98 (Testo unico
sull’immigrazione) sancisce: “Allo straniero comunque presente alla
frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali
della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni
internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente
riconosciuti“.
Questo non per buonismo, ma semplicemente per coerenza con
la Costituzione, il Diritto europeo e internazionale, che costituiscono fonte
giuridica più elevata e quindi non eludibili o contraddicibili.
Quel “comunque presente” implica anche chi è non
regolarmente presente, volutamente non usiamo in termine “irregolare” perché
lesivo della dignità.
L’art. 35 comma 3 sancisce: “Ai cittadini stranieri
presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative
all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi pubblici ed
accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali,
ancorche’ continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di
medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono,
in particolare, garantiti”.
L’assistenza psichiatrica, ancor più in caso di atti di
autolesionismo o di dipendenza da stupefacenti o psicofarmaci, rientra a pieno
titolo nelle cure essenziali e continuative.
Nella Circolare 5 del 24 marzo 2000 del Ministero della Salute (allora Ministero della Sanità) alla pag. 8 leggiamo:
“per cure urgenti si intendono le cure che non possono essere differite
senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona;
per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie, diagnostiche e
terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve
termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla
salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti).
E’ stato, altresi’, affermato dalla legge il principio della continuita’
delle cure urgenti ed essenziali, nel senso di assicurare all’infermo il ciclo
terapeutico e riabilitativo completo riguardo alla possibile risoluzione
dell’evento morboso“.
Tutte queste norme a tutela delle persone straniere non
regolarmente presenti sul territorio nazionale non sono state fatte per
buonismo, ma perché la Costituzione, dalla quale non si può derogare, nell’art. 32 sancisce: “La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Da tutto ciò si evince che nei confronti di persone
straniere non regolarmente presenti sul territorio nazionale vige l’obbligo di
cura e che dev’essere erogata gratuitamente in caso di indigenza, circostanze
nelle quali rientrano a pieno titolo le persone detenute nei CPR, a meno che
non si stabilisca arbitrariamente che i CPR non rientrino nel territorio
nazionale o, addirittura, si collochino al di fuori dall’alveo costituzionale.
Quest’obbligo di cura, stante la circolare del Ministero
della Salute, spetta al servizio sanitario nazionale (SSN), e sottolineiamo:
non a volontari o quant’altro, al SSN. Ove ciò non avvenga si tratta di fatti
omissivi.
Ove si obbligasse il Gestore privato del CPR (le strutture
sono gestite da privati, ma si tratta di terreni e fabbricati di proprietà
dello Stato, quindi pubblici) ad ottemperare con medici contrattualizzati alle
cure specialistiche, si determinerebbe una prassi arbitraria, non prevista
dalle norme, che travalicherebbe il diritto/dovere del SSN ad esercitare le
proprie prerogative di cura.
Il fatto che non ci sia una legge che stabilisca
specificatamente un “protocollo” tra la Prefettura e l’Azienda Sanitaria
competente, non esclude che corra l’obbligo delle cure specialistiche
all’interno dei CPR.
Non si può quindi omettere la cura gratuita (data la
condizione di indigenza) da parte del SSN alle persone migranti detenute, che
ripetiamo: vengono recluse senza che abbiano commesso reati, e detenute
inutilmente nel 50% dei casi perché non rimpatriate.
Emblematico è proprio il caso di Moussa Balde, guineiano,
che lo scorso maggio si è tolto la vita nel CPR Brunelleschi di Torino,
sottoposto a detenzione (a fini di rimpatrio) nonostante da anni non si
effettuino rimpatri nella Repubblica di Guinea (Guinea Conakry).
Inoltre nel Regolamento CIE (ora CPR) 2014 che disciplina (con gravissime carenze normative) la
detenzione nei CPR a pag. 3 leggiamo: “Il Prefetto provvede al
coordinamento con strutture sanitarie pubbliche per la prestazione delle cure e
dei servizi specialistici previsti dall’art. 35 del Dlgs 286/98 e successive
modificazioni attraverso la stipula di protocolli d’intesa“,
“provvede” dice il regolamento, e non “può provvedere”: la stipula non è
quindi, secondo il regolamento, soggetta a discrezionalità, ma non solo,
implica che venga portata a compimento.
Il Sen. Gregorio de Falco (Gruppo Misto), dopo la sua
visita ispettiva al CPR Corelli di Milano, ha presentato un esposto di
sequestro della struttura proprio per la mancanza di un protocollo per la cura
delle persone migranti all’interno della struttura detentiva.
Nel video della conferenza, realizzata in collaborazione
con la rete Mai più lager – No ai CPR, tenuta all’Università Statale di Milano e che abbiano
pubblicato in questo articolo, al minuto 1:34:30 de Falco dichiara: “Abbiamo chiesto
il sequestro per una mancanza, una specifica mancanza (un protocollo d’intesa
stilato con l’Azienda Sanitaria per le cure delle persone migranti recluse nei
CPR n.d.r.) rispetto alla quale loro (la Prefettura di Milano, competente
territorialmente per il CPR di Milano, n.d.r.) oggi fingono (sarebbe stato
“avviato” un protocollo a fronte dell’istanza di sequestro n.d.r.) di aver
posto rimedio“.
In questo convegno organizzato da API Onlus è
stato dichiarato: “E’ possibile curare con la mano destra chi si vuole
opprimere con la sinistra“? No, ove si eluda la legge.
Nello stesso convegno il CPR è stato definito un luogo nel
quale la legge si applica disapplicando sé stessa.
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