Mascherine non
conformi, progetti arenati, 300 affidamenti diretti a professionisti: questo
solo per il capitolo emergenza Covid. Mentre l’assalto ai 10 miliardi previsti
per la sanità ha portato regalie ai privati. È il grande affaire sanità
raccontato da Claudio Fava all’Ars: dall'inchiesta nei confronti della società
European Network Tlc al caso Humanitas. M5s: "L’anticorruzione è stata
trasformata in un mero adempimento burocratico".
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“Un bottino di guerra, una terra di mezzo da
conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”. Nella Regione dove “si spalmano” i dati sui morti Covid,
questo è il grande affaire sanità,
il ghiotto bottino per la politica siciliana raccontato da Claudio Fava, che ha presentato all’Ars la
relazione finale della commissione Antimafia sulla
sanità siciliana. Mascherine non
conformi, progetti arenati, 300 affidamenti diretti a professionisti: questo
solo per il capitolo emergenza Covid.
Mentre l’assalto ai 10 miliardi previsti
per la sanità ha portato regalie ai
privati e perfino all’utilizzo “in modo ignobile” del nome dei Borsellino e della sua storia, utilizzando la
figlia del magistrato ucciso dalla mafia, Lucia,
come immagine, nominandola assessore, per poi circondarla da “un nutrito nugolo
di malversatori e presunti ‘consigliori’: una delle pagine meno degne di questi
anni”, ha detto Fava che presiede l’Antimafia siciliana. Che in questa
relazione fa di fatto un passo indietro nella storia, passando al vaglio i
governi Lombardo e Crocetta. Una sessantina di audizione e materiali acquisiti
da più interlocutori istituzionali, per indagare le ingerenze della politica sulla governance della sanità e sulla spesa
pubblica regionale. Ma di quella mala gestio è rimasta traccia: “L’interferenza politica
continua ad essere molto pervasiva,
spesso assillante”, ha sottolineato il presidente. Dalle audizioni, è emerso
che “il sistema della pubblica amministrazione
regionale resta purtroppo permeabile alla corruzione. Questo si evince in particolare nel
comparto della sanità, dove viene investita la metà, circa 10 miliardi di euro,
dell’intero bilancio regionale. Un dato molto eloquente, su cui bisogna riflettere e intervenire”, commentano
anche Roberta Schillaci e Antonio De Luca, deputati regionali del Movimento 5 Stelle e componenti della
commissione Antimafia all’Ars. “L’anticorruzione è stata trasformata – commenta
Schillaci – in un mero adempimento burocratico che
non incide concretamente nella prevenzione. Il sistema va rivisto soprattutto
nel settore sanità”.
Il bottino Covid
Nel marzo 2020 vengono
impegnati più di 95 milioni di euro dalla
Regione per procedere “all’immediato acquisto di Dpi”. Somme trasferite “a titolo di
anticipazione”. Mentre “più di recente, si è proceduto all’emissione dei
mandati di pagamento in favore della Aziende del Ssr per un totale di oltre 213 milioni di euro, nell’ambito delle
risorse assegnate con specifici decreti assessoriali in ossequio alle
previsioni della decretazione nazionale d’urgenza di settore”. Il bottino più recente riguarda non a caso la guerra al Covid, dove emergenza e risorse hanno
creato un connubio molto ghiotto.
“Un primo incidente di percorso si manifesta nel marzo 2021 – riporta la
relazione – quando la Procura di Roma apre un’inchiesta nei
confronti della società European Network Tlc,
riconducibile all’ex ministro Saverio Romano e
ad altri soggetti”.
Durante le audizioni della
commissione, sarà il dirigente del Dipartimento regionale della Protezione
Civile, l’ingegnere Salvo Cocina, a
segnare una linea di demarcazione perlomeno curiosa tra “favori e
segnalazioni”. Cocina, infatti, di Romano dirà: “Non ha chiesto favori, non si chiedono favori, segnalazioni semmai…”. “Ci aiuti a capire –
chiede dunque Fava a Cocina durante le audizioni della commissione – segnalare
una azienda perché abbia una particolare attenzione in
che cosa è diverso dal chiedere un favore?”. E Cocina risponde: “Segnalare
l’azienda e tenerla presente per eventuali ulteriori forniture. Forse dovrei
premettere gli antefatti. Nel 2020… alla Protezione civile veniva chiesto di
reperire quello che in quel momento era assolutamente merce preziosa… le mascherine… Furono fatte delle procedure che
oggi, certo, a distanza, trovo eccessivamente veloci,
ma fatte in somma urgenza con
affidamenti diretti anche per milioni di euro… probabilmente non sono procedure
che oggi si potrebbero fare, ma all’epoca vi era una grande necessità e quindi grande
concitazione… Furono fatti affidamenti per decine e decine di milioni di euro,
per mascherine, tute, camici e cose varie. Quindi, mi ritrovo questo interlocutore… (European
Network, ndr), di cui non conoscevo,
ripeto, né i nomi né i cognomi dei proprietari… In cosa consisteva la
segnalazione? Nel segnalare la ditta per ulteriori forniture che
sarebbero state condotte, vista la normativa in quel momento, con l’affidamento
diretto… Cosa è successo? Ho fatto una gara per tamponi rapidi di seconda generazione… e la
ditta è stata invitata due volte, è stata esclusa,
non ha neppure partecipato, non mi ricordo quali fossero i motivi che hanno
portato all’esclusione… nel senso appunto che questa segnalazione è stata una
segnalazione, ma non ha costituito alcun trattamento di favore”.
Il presidente Fava a questo punto chiede: “Ma quando è
emersa questa indagine con
un’ipotesi di truffa milionaria ai
danni della Regione e della Protezione civile per queste due forniture, lei non
è stato chiamato a riferire su
quello che era accaduto dal Presidente della Regione o dalla responsabile
dell’anticorruzione?”. “No”, la
risposta secca di Cocina. “Dunque, nonostante i sospetti della Procura sulla
qualità delle due forniture, costate – lo ricordiamo – la prima 5 milioni e 387 mila euro (guanti in nitrile) e la
seconda 4 milioni e 750 mila euro (dispositivi di
protezione tute e camici), nessun controllo di verifica è
stato avviato finora. E l’impresa è già stata in parte saldata”, conclude la
commissione nella relazione.
Non va meglio con la riorganizzazione della rete ospedaliera per l’emergenza Covid. Per
cui erano stati previsti, un anno fa, 79 progetti per
un’operazione di 128 milioni circa.
Un anno dopo ne sono stati ultimati soltanto 7 mentre
due decreti li hanno ridotti a 70. Nel frattempo, manco a dirlo, sono stati
impiegati 300 professionisti a
chiamata diretta, come riporta la commissione Antimafia siciliana. Che ha
richiesto “la trasmissione della documentazione inerente i bandi e le procedure di gara aventi ad oggetto la
fornitura di beni e servizi, il potenziamento della rete ospedaliera e
l’assunzione di personale (anche nella forma delle consulenze) per affrontare
l’emergenza pandemica, ponendo contestualmente – quale focus delle proprie
audizioni – l’efficacia dei presidi anticorruzione nel
sistema sanitario regionale alla luce dei rischi
connessi all’emergenza covid”.
È così che nel capitolo che riguarda l’emergenza Covid, si
legge dello stato dell’arte delle opere sulla rete ospedaliera. Innanzitutto il ritardo, dovuto anche ai due mesi di dimissioni
dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza,
dopo l’inchiesta sui dati Covid.
Perlomeno questo è quanto riferisce Salvo D’Urso,
soggetto attuatore e coordinatore della struttura tecnica di supporto,
subito sconfessato da Razza
stesso. D’Urso è stato incaricato da Nello Musumeci che
a sua volta era stato nominato dall’allora commissario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, commissario delegato per
l’attuazione degli interventi per il riordino della rete ospedaliera. È
l’ottobre del 2020. A D’Urso viene attribuito il compito di portare a termine
i 79 interventi. “Per alcuni servizi di progettazione e per l’acquisto delle attrezzature necessarie alla realizzazione
dei reparti, D’Urso utilizza le procedure di gara nazionali indette dal
commissario straordinario – si legge nella relazione dell’Antimafia – Per le
progettazioni definitive e per le attività di direzione lavori, coordinamento
della sicurezza, indagini geologiche e collaudo vengono invece conferiti una serie di incarichi professionali con
affidamento diretto, in ragione del fatto che si tratta di importi inferiori
ai 75.000 euro previsti dal cosiddetto ‘Decreto
semplificazione'”. Una serie di incarichi per una ‘serie’ di professionisti,
300, per l’appunto – con l’esclusione di affidamenti doppi poi revocati, dopo
le contestazioni – scelti così: “Sono tutte, come dice la legge, scelte fiduciarie”, spiega alla commissione
d’inchiesta, D’urso.
E continua: “Sono tutte, come dice la legge, scelte
fiduciarie. Prima di tutto, sono tutti iscritti, nessuna eccezione, all’Albo regionale dei professionisti. Come ella sa,
l’Assessorato alle infrastrutture ha istituito un Albo, che peraltro è in
continuo aggiornamento, dove sono iscritti quattromila
colleghi, con diverse lauree, con diverse attività
professionali, e noi abbiamo attinto a quell’albo. Poi, ricordo che io da circa 40 anni faccio questa professione, la
mia conoscenza del mondo professionale siciliano è
una conoscenza approfondita, puntuale, che si è stratificata nel tempo. Diciamo
che ho un’esperienza continua nel settore delle opere pubbliche in Sicilia, che mi titola ad
avere una conoscenza anche personale”. Cifre milionarie, centinaia di
professionisti ma “noi abbiamo ancora 45 cantieri non aperti”.
Ritardo, sostiene Cocina, dovuto alle dimissioni temporanee dell’assessore
alla Salute Ruggero Razza, travolto dall’inchiesta sui ‘dati spalmati’:
“Noi per due mesi circa non
abbiamo avuto l’assessore – ha detto Cocina in audizione – Le funzioni
dell’assessore sono state assunte dall’onorevole Presidente”. Dichiarazione subito
sconfessata dallo stesso assessore: “L’ufficio del soggetto attuatore – spiega
Razza – non è mai stato organizzato come un organo dipendente dell’Assessorato; il
soggetto attuatore è il soggetto attuatore del Commissario delegato che è il
Presidente della Regione”. Intanto, il risultato dell’emergenza Covid: “Alla
data del 15 ottobre 2021, degli
interventi già contrattualizzati ne risultano ultimati 7.
Entro il 1 dicembre 2021, ci scrive il soggetto attuatore, dovrebbero essere
conclusi rispettivamente altri 14 e 15 interventi. Per gli altri, invece,
bisognerà aspettare le prossime contrattualizzazioni”.
Il caos congeniale alla politica, mentre l’anticorruzione
vissuta come un “appesantimento burocratico”, come ribadisce Roberta Schillaci del M5s. Un mero
adempimento burocratico che diventa un “sostanziale fallimento”. “Funzioni e
potere – si legge nella relazione – non poteva non apparire in piena distonia con le finalità proprie dei
sistemi di prevenzione anticorruzione.
Una circostanza che si è affiancata, come abbiamo visto, alle carenze organizzative strutturali della
Centrale unica di committenza. L’esito è stato il sostanziale fallimento della mission che era
stata affidata alla Cuc sicilian”. In sintesi, “poco è stato fatto per
migliorare le condizioni di operatività”, prosegue il documento. E le
conseguenze nella gestione degli appalti per la sanità pubblica “si sono
manifestate in termini spesso allarmanti“.
Il geologo prestato alla Sanità
Domenico Pontillo è
un geologo chiamato, tramite sorteggio, a
fare da componente tecnico della commissione giudicatrice di una gara (anzi,
della prima gara bandita dalla Cuc in epoca Crocetta), poi finita sotto la
lente di ingrandimento dei pm palermitani. Valore della commessa: 202 milioni di euro. Oggetto della fornitura: la
gestione e la manutenzione di apparecchiature elettromedicali.
La materia messa a bando nulla ha a che fare con le “competenze professionali
di un geologo”. Nel frattempo “il 15 marzo del 2017 si aprono i lavori di
espletamento di questa gara… sette giorni prima, il 7 marzo del 2017, il Gip di
Messina rinvia a giudizio Domenico
Pontillo all’interno dell’inchiesta sul Comune di Patti. Quattro anni prima, nel 2013, Pontillo era
stato arrestato, sempre il 7 marzo, con l’accusa di aver contribuito a truccare le elezioni amministrative. È stato
diversi mesi ai domiciliari, poi la scarcerazione in attesa del processo. “Il
reato è prescritto”, spiega Pontillo.
La gara fu poi annullata dal Tar e in parte riformata dal Cga.
Il caso Humanitas
Ma “uno dei simboli più evidenti del controverso rapporto fra la Regione e i
colossi della sanità privata è il caso Humanitas.
Quasi un giallo, in apparenza senza colpevoli”. Così scrive la commissione
nella relazione, al termine di un anno di audizioni e acquisizioni di
documenti. Un’inchiesta nella quale viene ripercorsa la vicenda Humanitas.
Inizia tutto con un accordo in cui la “Regione s’impegnava a convertire 70 posti letto (rispetto ai 96 assegnati) da
libero-professionali a pubblici-convenzionati,
attribuendo un’ulteriore quota di budget “entro il limite di 10 milioni di euro
per anno”. L’accordo, “apprezzato” dalla Giunta regionale di Rosario Crocetta con la delibera n. 238
del 2 luglio 2013, dà il via a un ingente investimento del gruppo, legato agli
istituti clinici di Rozzano e
di Bergamo, per una nuova struttura che sarebbe
dovuta sorgere a Misterbianco: “160 mila metri cubi per realizzare il nuovo
polo oncologico, quattro elevazioni fuori terra, 15mila metri quadrati di
superficie coperta, 17mila destinati a verde e 34mila a parcheggi”.
Ma a meno di due mesi dall’avvio, nel maggio del 2020,
la Regione fa retromarcia. Un bel pasticcio così
sintetizzato dopo varie audizioni da Fava: “Diciamolo in modo più semplice.
L’Humanitas ha un accreditamento con la Regione, decide che una parte di queste
prestazioni saranno diverse da quelle per le quali si è arrivati a questo
accreditamento… voi contestate la decisione, avviate un procedimento di revoca
ma, allo stesso tempo, continuate a pagare quelle
prestazioni”. “Certo”, risponde il dirigente Mario La Rocca. E continua: “Perché l’Humanitas ha
un accreditamento indiscusso su prestazioni oncologiche… Il fatto che noi gli
abbiamo dato il budget non
significa che gli trasferiamo i fondi tout court, ma se loro realizzano cinque milioni di euro in più di prestazioni
sulle quali non ci sono contestazioni, glieli dobbiamo pagare”.
“Ma, in realtà, questo contenzioso amministrativo è
soltanto l’ultimo capitolo di una storia che si sviluppa lungo il cammino
degli ultimi tre governi regionali”,
scrive la commissione. Parte, infatti, dal governo di Raffaele Lombardo, per passare da Lucia Borsellino e una missiva acquisita
dalla Commissione e indirizzata da Borsellino a Crocetta, in cui si ritiene “non congruo” l’accordo Regione-Humanitas. Una
“circostanza, alquanto incresciosa, per le modalità formali e sostanziali con
cui si è determinata”, scrive Lucia Borsellino a Rosario Crocetta. Un iter
viziato dalla “inusuale presentazione
dell’atto, secondo la nota dell’ex assessore che contraddice le ricostruzioni
proposte da alcuni responsabili di quel procedimento, fino a ipotizzare che
almeno due di loro abbiano riferito circostanze non veritiere nelle audizioni
davanti a questa Commissione”.
Un bilancio sconfortante, quello commissione regionale, che
ritiene che “le forzature emerse nella
ricostruzione dell’iter di questa delibera possano aver condizionato anche gli
altri passaggi di una vicenda amministrativa surreale (dalla
mancata comunicazione dell’avvio di revoca del provvedimento, decisiva per la
sconfitta al Tar, fino scelta di non ricorrere al Cga dovuta a un balzano
parere dell’Avvocatura). Fino a imprigionare la Regione in un vicolo cieco. Errori ed omissioni delle quali,
fino a questo momento, nessuno è stato chiamato a rendere conto”.
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