È con la superficialità degli atteggiamenti quotidiani, con la banalità – per dirla con Hannah Arendt – della polemica meschina che danneggiamo quel confronto dialettico e veramente scientifico in cui consiste innanzitutto una democrazia
Quanto non sentiamo ripetere da giornalisti e politici della disinformazione che
circola incontrollata nei social? Ma da cos'è veicolata la
disinformazione se non dall'accontentarsi della prima cosa che capita – magari
perché l'ha detta “uno dei nostri” –, dalla sbrigatività di giudizio, dalla
scarsa attitudine all'approfondimento, dalla conseguente mancanza di familiarità
con la complessità, dalla seduzione dello slogan e simili?
Ecco che la terza domanda retorica vien da sé: non sono queste
caratteristiche proprie di giornalisti e politici? Ogni volta che
mi son messo a condurre una piccola indagine, quest'anno, mi sono imbattuto
in fake news: dai Måneskin ai vaccini ad Alessandro
Barbero con le sue ultime considerazioni sulle disuguaglianze di genere.
«La Stampa» cui ha rilasciato l'intervista titola: «Le donne secondo
Barbero: “Sono insicure e poco spavalde, così hanno meno successo”». Il titolo
viene ripreso da altre testate e commentato da politici, opinionisti di
professione e utenti social: una pioggia di considerazioni sprezzanti che
mostrano come l'articolo (a pagamento) non sia stato letto e ci si sia limitati
al titolo; talvolta sì, lo si è anche letto ma non lo si è capito; altre
ancora, letto o non letto, lo si è strumentalizzato.
Il titolo è fuorviante. Si pensi che l'intervista ha per occasione una
serie di lezioni dello storico dal tema: «Donne nella storia: il coraggio di
rompere le regole». Le figure che tratteggerà sono: madre Teresa di Calcutta,
Caterina «la grande» di Russia e Nilde Iotti. Il focus delle lezioni è dunque
sul coraggio che le donne hanno saputo mostrare nella storia, mentre il focus
del titolo è sulla loro insicurezza e povertà di spavalderia. Come si arriva a
ciò? Poiché l'intervistatrice gli chiede come mai le donne fatichino ancor oggi
non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere parità di retribuzione o a
fare carriera. Barbero risponde così:
«Premesso che io sono uno storico e quindi il mio compito è quello di
indagare il passato e non presente o futuro, posso rispondere da cittadino che
si interroga sul tema. Di fronte all’enorme cambiamento di costume degli ultimi
cinquant’anni, viene da chiedersi come mai non si sia più avanti in questa
direzione. Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello
generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio
di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci
siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più
difficile avere successo in certi campi. È possibile che in media, le donne
manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad
affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve
scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso
differenze fra i sessi. E c’è chi dice: “Se più donne facessero politica, la
politica sarebbe migliore”. Ecco, secondo me, proprio per questa diversità fra
i due generi.»
Barbero constata quindi il «cambiamento di costume degli ultimi
cinquant’anni» (come testimoniato dall'aggressione mediatica che ha subito) e
si chiede come, ciononostante, si sia ancora così indentro in quanto ad equità.
Cioè: proprio perché la donna è in grado di svolgere compiti non meno
dell'uomo cui non aveva accesso tradizionalmente, c'è da chiedersi cosa manchi
affinché l'equità auspicata si compia.
Così se fosse che «aggressività, spavalderia e sicurezza di sé»
risultassero degli elementi mediamente meno presenti nell'indole della donna
rispetto a quella dell'uomo, allora, a parità di competenza, proprio
questi elementi non dovrebbero determinare il divario che ancora oggi
constatiamo. O forse qualcuno di noi crede che un bravo medico debba essere
aggressivo e spavaldo, o che lo debba essere un notaio, un docente, un
politico? Discriminare in base ad aggressività e spavalderia sarebbe un
abbaglio a discapito della competenza. Anzi, la minore presenza di tali
caratteri sarebbero talora un vantaggio professionalmente, e proprio nella
politica: come dicono alcuni, sottolinea Barbero, «se più donne facessero
politica, la politica sarebbe migliore».
Forse non è questo un fattore dirimente nello spiegare le disuguaglianze
tra generi, ma è un'ipotesi legittima fino a quando non sia smentita
scientificamente. Forse che tutti coloro che hanno attaccato Barbero avessero
contezza degli studi finora prodotti e fossero in grado di smentire dati alla
mano l'assurdità dell'ipotesi?
Ecco, è sconfortante che chi ha commentato probabilmente non abbia
verificato neppure che cosa Barbero avesse detto, pur replicando con toni
agghiaccianti, come ha fatto Carlo
Calenda:
«Uno storico capace che dice castronerie di proporzioni cosmiche senza
vergognarsene. C’è da domandarsi cosa stia accadendo agli intellettuali in
questo paese. Sembrano diventati tutti Cacciari. Boh.»
L'intento è chiaro: una strumentalizzazione, un attacco ad hominem funzionale
alla polemica sul Green Pass, rispetto al quale Barbero aveva espresso le sue
perplessità e del quale Calenda è un fervente sostenitore. Lo stesso ha fatto
il giornalista Gianni
Riotta:
«Alessandro Barbero era un simpatico divulgatore, che ha deciso
d'improvviso di demolire simpatia e storia con demagogia su greenpass, guerra
mondiale e ora "differenze strutturali" con gli uomini che
impedirebbero alle donne successi politici. Temo interventi su razza ed è
chiusa.»
L'eurodeputata Pina Picierno invece ha
sicuramente letto le parole di Barbero, perché nel suo Tweet riporta
l'articolo, ma non deve averle capite:
«Ok, se il Prof Barbero vuole conoscere una donna aggressiva può parlare
con me dopo che ho letto le sue parole.»
Un intervento del tutto gratuito perché, ovviamente, non si trattava di
trovare una donna aggressiva e un caso non smentisce l'ipotesi.
I colleghi accademici non si sono trattenuti, da Raffaele Simone a Luciano Floridi:
«Purtroppo Barbero ha detto una sciocchezza (la seconda, dopo quella sul
green pass).»
Un episodio triste e sconfortante, ulteriore, che dà la misura del livello
già riscontato sul tema del Green Pass. (A tal proposito qualche parola
opportuna l'ha scritta di recente Luca Illetterati qui). Un dibattito che
testimonia quanto anch'essi siano poco avvezzi al confronto, ché
invece di sciorinare argomentazioni mirabolanti e articoli scientifici di
qualità, si limitano a denigrarsi a vicenda o poco
più.
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