Sarebbe un errore affermare che la Scuola
non sia cambiata negli ultimi decenni: si discute con gli insegnanti riguardo
al ruolo che quest’istituzione dovrebbe avere nella vita degli alunni e come
fare per migliorarla; vengono proposte attività che si staccano
dal nozionismo disciplinare per rendere gli studenti cittadini più
consapevoli; inoltre, viene posta maggiore attenzione al benessere della
persona, il cui lavoro rimane, da sempre, quello di imparare. Ma queste azioni
non sono abbastanza per allontanare l’incessante presenza del carnefice che si
trascina appresso troppi studenti: la depressione.
Nelle scuole, da sempre, ci si reca per
studiare ed imparare attraverso le conoscenze che gli insegnanti trasmettono ai
propri studenti; in alcuni casi, purtroppo, un edificio costruito per
l’apprendimento di bambini e ragazzi si trasforma in una prigione del terrore,
in cui si è perennemente perseguitati dalla fame di buoni voti, e, spesso, il
ruolo del boia è ricoperto, per scelta o per ignoranza, da coloro che
dovrebbero insegnare a perseguire la propria libertà, e non, invece, ad
oscurarla con arbitrarietà e indifferenza. Purtroppo, in questo caso i
prigionieri non hanno commesso crimini di alcun genere, ma l’ansia,
l’incomprensione degli altri, la fatica infruttuosa e la costante
insoddisfazione hanno, negli anni, messo giù mattone su mattone, fino a quando
ci si ritrova rinchiusi nella propria disperazione. Come si può scegliere di
ignorare il problema, quando si perde il potenziale di centinaia di migliaia di giovani
italiani, i quali, se messi nelle condizioni ideali, potrebbero essere in grado di
stravolgere in positivo il nostro futuro?
Qualcuno si è reso conto che i giovani,
spesso, hanno bisogno di sostegno morale non solo per problemi come la
depressione o la difficoltà nella gestione dell’ansia, ma anche per
problemi con il rapporto con i propri genitori o, più in generale, con le altre
persone: per questo motivo l’Ordine degli psicologi, secondo il Protocollo tra il Ministero
dell’Istruzione e il CNOP è entrato nelle scuole per tentare
di dare un sostegno a coloro che ne hanno bisogno. Ma può l’opera di un singolo
psicologo essere abbastanza in una scuola con centinaia, se non migliaia di
studenti? L’adolescenza è l’età in cui vengono a galla le bugie a lungo
nascoste dagli adulti, in cui si comprende che la realtà è completamente
diversa da quella che si ammirava nei cartoni animati e che la vita gira
intorno allo studio e al lavoro: ci si sente abbandonati in una vasca piena di
squali senza saper nuotare e alla disperata ricerca di qualche appiglio sicuro.
Ci si trova nel mezzo della lotta tra la ricerca della propria autonomia e
l’esigenza di sentirsi protetti, senza dimenticare che «l’adolescente deve confrontarsi
con il suo desiderio di emergere in un ambiente sociale e scolastico molto
competitivo».
La depressione non risparmia i giovani e,
poiché gli adolescenti vivono un momento della loro vita in cui la Scuola è uno
dei fattori che li influenza maggiormente, poiché spendono cinque ore al giorno
in aula ed ancora altre chiusi in casa a studiare (e per questo viene
continuamente loro chiesto perché non escano mai di casa); è chiaro, dunque,
che il personale scolastico, specialmente gli insegnati, abbiano un ruolo
cruciale nel loro benessere psicologico: per questo dovrebbero essere al
corrente della malattia che colpisce dal 10 al 20% dei giovani nel
mondo.
Filomena Albano, Autorità garante per
l'infanzia e l'adolescenza (Agia), afferma: «parlare di salute
mentale in adolescenza significa occuparsi di ragazzi invisibili, poco
intercettati e particolarmente vulnerabili».
Nel 2015, in quattro città del Cile, per
esempio, è stato condotto un seminario composto da
incontri di quattro ore e svolti dalla psichiatra per adolescenti e bambini
Vania Martìnez e lo psicologo per adolescenti Daniel Espinosa per informare
psicologi e lo staff scolastico sulla depressione, dalle caratteristiche
cliniche al trattamento e all’approccio che le scuole dovrebbero avere in
merito. È stato proposto, a coloro che avevano aderito, un test riguardante la
depressione negli adolescenti da svolgere sia prima che al termine del
workshop, ed è stato evidenziato, come mostra il Table 3,
un significativo aumento del punteggio medio dei questionari dopo lo
svolgimento degli incontri. Nonostante lo staff scolastico abbia una conoscenza
maggiore sulla depressione dopo il seminario, questo è da considerarsi solo il
primo passo, poiché ancora non si sa come queste conoscenze verranno utilizzate
all’interno degli edifici scolastici.
Che le scuole siano solo un luogo per
tenere addormentati masse di giovani apatici è, però, decisamente
scorretto: vengono svolti progetti e attività tra le classi che spaziano dalla
fotografia al teatro, dalla scienza alla lettura di romanzi; e ciò dimostra il
tentativo di sfruttare le passioni degli studenti, che sarebbero altrimenti
confinate al di fuori delle mura scolastiche. Ma il modo migliore per
trattare questa grande piaga è di informare gli studenti del fatto che non sono
soli nell’affrontarla, facendo loro comprendere la gravità delle conseguenze a
cui può portare se ignorata. È molto importante che chi è affetto dalla
depressione abbia un sostegno che sia in grado di aiutarlo, e, come afferma
Daniel Goleman in Intelligenza emotiva, «dal momento che la
possibilità di prevenire l’insorgenza di tale disagio in un’età così delicata
può avere influenza sul benessere dell’individuo nell’intero corso della vita è
fondamentale che la scuola si interroghi sul suo ruolo in tal senso».
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