Sottoponiamo alla vostra attenzione questo documento di riflessione
riguardo ai recenti fatti di Roma accaduti dopo la manifestazione di Piazza del
Popolo del 9 scorso.
Se è vero che sul palco degli organizzatori c’erano gli esponenti di FN,
già questa cosa, di per sé, la dice lunga sulla natura ambigua dei promotori
della manifestazione, in particolare quella del giudice (o ex giudice) Angelo
Giorgianni.
Quello che è successo poi sembra seguire un vecchio copione ben collaudato
degli anni ’70, dei tempi di Cossiga per intenderci.
Un gruppo di estrema destra che costituisce, oggi come ieri, una
creatura per li rami degli arcana imperii del Viminale
(come lo fu ad es. a suo tempo Avanguardia nazionale di Delle Chiaie), viene
usato dal Ministero dell’interno per dare l’assalto ad una sede della CGIL
(sede vuota e chiusa, molto distante da Piazza del Popolo): per chi legge la
cosa con lenti non offuscate è chiaro che Castellino e c. sono stati fatti
arrivare fin lì di proposito da parte di Questura, Prefetto e Capo della
polizia, dopo che già intorno alle 16.30 l’azione era stata preannunciata a
chiare lettere dal palco. L’obiettivo del Governo era confezionare il casus
belli per poter poi far gridare ai quattro venti, da parte di tutti quanti
(stampa, sindacati ecc.) che si tratta di “squadrismo fascista”, di
aggressione al mondo del lavoro ecc.
L’episodio, come sempre organizzato by design per fini molteplici, viene
allora usato come un randello per poter “demonizzare” il dissenso, strillare
contro le piazze “no vax” ingestibili e potenzialmente violente, dare addosso a
chi si ribella a questo governo di scellerati e provare a disinnescare la
carica contestataria che sta montando nelle piazze e in tutto il paese. Tutto
calcolato e coordinato, come da copione.
Si è fornita poi l’occasione a Draghi, sempre sulla scia del vecchio
modello di Cossiga, di fare la sua processione laica presso la sede della CGIL,
sua complice e partner in tutto l’affaire, come si può intuire. Il vile affarista di Palazzo Chigi va poi a deprecare
l’accaduto di fronte ai media, offrendo una nuova vetrina politica ad usum delphini proprio a chi, in ultima analisi,
ha orchestrato tutto quanto. Il che ha poi messo il governo nella condizione di
promettere nuove pesanti restrizioni alla libertà di manifestazione. Risalta
così ancora meglio tutta l’ambiguità e il gioco di ruolo di un personaggio di
natura profondamente cetopolichese (di matrice togata, per giunta) come Angelo
Giorgianni, così come emerge alla luce del sole la natura perversa e
strumentale del suo rapporto con le piazze, ovvero con le ignare persone che si
sono mobilitate in Piazza del Popolo e che costui ha pensato di usare come
massa di manovra per gli scopi della sua agenda, affidandosi tuttavia per la
gestione della manifestazione a Castellino e ai suoi scherani.
La prova provata di tutta questa sottile organizzazione dell’affaire e
della sua più intima natura di operazione false flag (una prassi più che rodata
nei decenni postbellici nel nostro paese), ci è data poi dai numerosi video che
mostrano alcuni poliziotti travestiti da manifestanti (esattamente come a suo
tempo quelli di Cossiga) dare l’assalto ad alcune camionette della polizia per
poi presentarsi di nuovo sulla scena, sempre con gli stessi abiti civili più
mascherina, per picchiare in modo brutale alcuni manifestanti (probabilmente
gente in buona fede) e arrestarli: il tutto circondati da altri agenti che
osservano e lasciano fare.
Anche i sindacati, per conto loro, collusi come sono col governo, puntano
ad incassare una parte del “bottino” politico, giacché facendo leva
sull’aggressione alla sede romana della CGIL possono di nuovo resuscitare il
loro antifascismo di facciata (dietro cui hanno sempre occultato la loro complicità
col Viminale e la strategia della tensione) e per un po’ piangere sull’attacco
subito di fronte ad un mondo del lavoro che non rappresentano più ormai da
decenni. Tentano così di spartirsi anch’essi le spoglie politiche di
un’operazione gestita dall’alto dal potere politico, di cui sono divenuti da
tempo un apparato incastonato nel mondo dei salariati, pubblici e privati. Non
solo.
I sindacati avranno anche la possibilità, in sintonia di nuovo con Draghi e
le sue nuove misure restrittive, di organizzare una loro manifestazione a
ridosso del prossimo sciopero nazionale (l’hanno infatti indetta per sabato
16), allo scopo di dividere nuovamente e approfondire la spaccatura tra le
varie anime della popolazione italiana in rivolta, contrapponendo le loro
“masse di manovra” a tutti gli altri cittadini che protestano contro questo
governo di criminali, tentando per la via di recuperare anche un po’ di
consenso (di nuovo occultando dietro la loro finta “protesta” contro il
presunto “neofascismo” di FN, di per sé una mistificazione del resto, la loro
connivenza con l’esecutivo). C’è anche da temere che possano riuscirci, il che
sarebbe un altro scopo perseguito dalla messa in scena andata in onda sabato
scorso (non a caso censurata dai media e fatta sparire dagli schermi del
mainstream soltanto per la parte che riguarda i video degli agenti in borghese
che prima attaccano la polizia e poi, sempre loro, malmenano i manifestanti in
Corso Italia).
Una orchestrazione di questo tipo ha il fine di occultare la vera natura
delle cose e soprattutto l’autentica natura di Fiore, Castellino & Co.,
facendo così sparire dalla scena la longa manus del Viminale e del governo
dietro l’esistenza e le gesta di questo gruppo. In altre parole, si vuole
rendere impossibile capire il vero carattere di FN, fare il gioco di Draghi e
portare acqua al mulino di coloro che stanno facendo di tutto per dividere
l’opposizione sociale a questo governo di farabutti.
Come è possibile che gli organizzatori della manifestazione di Roma non
fossero a conoscenza dei potenziali esiti politici, poi puntualmente
verificatisi, di quelle presenze sul loro palco? Possiamo davvero pensare che
persone navigate come quelle ignorassero la cosa? Dobbiamo davvero crederli
così ingenui? O abbiamo invece a che fare con un classico “doppio gioco”
politico?
D’altronde, il trucco è vecchio come il mondo ed è stato sperimentato della
CGIL e attuato a lungo in Italia. Un apparente dissenso democratico nei
confronti del governo, congegnato in modo da apparire verosimile (e che a prima
vista si distingue dalle altre componenti
dell’opposizione invece di favorire la loro unificazione), ospita nel suo seno
degli “agenti politici” sotto copertura dello stesso esecutivo, che così li può
usare sia contro gli stessi organizzatori della piazza di Roma, sia contro
tutta quella parte della popolazione che si riconosce nel “Fronte del dissenso”
(nel quale peraltro lo stesso Giorgianni col suo L’Eretico aveva tentato di
entrare, almeno all’inizio).
Pensiamo che si possa e si debba trarre qualche lezione politica dagli
avvenimenti di Roma, quanto meno una più chiara analisi delle vere forze in
campo e dei loro metodi, se effettivamente, come tutto lascia credere, le
circostanze reali fossero corrispondenti alle nostre impressioni. Non si
possono tacere le corrispondenze rivelatrici che emergono dall’osservazione di
questi fatti più recenti e del loro strettissimo rapporto con la storia
d’Italia del dopoguerra. Della serie: va bene senz’altro l’ottimismo della
volontà contro il pessimismo dell’intelligenza, ma, oggi più di ieri, il primo
non può fare a meno di un sano e intelligente realismo politico che sappia
sempre distinguere il grano dal loglio pur dovendo noi calpestare politicamente
questa subdola via.
Aggiungiamo alcune altre brevi considerazioni.
Da un lato, tutte le maggiori forze di governo, PD e 5 Stalle
sostanzialmente, appoggiati dai nuovi/vecchi apparati di stato che sono i
sindacati, segnatamente la CGIL e il suo segretario (passato dall’originaria
tuta blu alle auto blu odierne, come tutta la sua casta del resto), invocano
misure draconiane contro il presunto “neofascismo” per tre scopi:
·
sia per attaccare politicamente e magari mettere in prospettiva fuori
gioco, dal punto di vista elettorale quanto meno, le forze che fanno loro
concorrenza presso l’opinione pubblica moderata e di “destra” del paese (Lega e
FdI, in sostanza);
·
sia soprattutto per occultare dietro quella cortina fumogena quanto già
detto in merito alla simbiosi storica tra FN (e gruppi neofascisti più in
generale) e apparati di sicurezza dello Stato, facendo sparire dalla scena così
il fatto che è precisamente il potere politico ad orchestrare, dietro le
quinte, tutto quanto, a creare il contesto funzionale ai proprio scopi (come
nel caso della cosiddetta “emergenza sanitaria”, altra creatura del ceto
politico nostrano e degli apparati di Stato);
·
sia poter introdurre nuove misure restrittive delle libertà politiche,
garantite dalla Costituzione, con la scusa di prevenire nuovi disordini e
garantire così la “sicurezza delle città”, approdo paradossale senz’altro visto
che sono stati proprio gli apparati di Stato, in primis il Viminale, a creare
le condizioni perché potessero verificarsi.
Si noti la logica circolare di tutto l’affaire. Il potere politico, tramite
FN che è una sua creatura e i suoi agents provocateurs nelle
vesti della polizia di Stato, organizza tafferugli e disordini nel centro di
Roma:
·
tanto per poter stigmatizzare ed esporre al pubblico ludibrio, tramite i media da esso stesso pagati per farlo, la
piazza e le decine di migliaia di persone che la gremivano, bollandoli come
violenti “no vax”, facendo credere che sia in atto una “radicalizzazione” delle
loro presunte “frange estremiste”;
·
quanto per poter poi invocare l’adozione di provvedimenti atti a
contrastare e prevenire presunti disordini e violenze che esso stesso ha
organizzato e mandato ad effetto, perché creassero precisamente le
precondizioni di un suo intervento. Proprio come l’industria degli armamenti
crea le guerre per poter esitare i suoi prodotti bellici (la produzione di tali
merci si crea il proprio mercato), così lo Stato si crea da solo,
pianificandole e orchestrandole in anticipo, le condizioni al contorno che poi
possano permettergli di disciplinare e ingabbiare a suo arbitrio, di norma
contro la Carta costituzionale del paese, la società complessiva (il dissenso,
le opposizioni sociali alle sue misure politiche ecc.).
A tutto questo si deve poi aggiungere il fatto che la “destra”
istituzionale odierna semina di suo nuovo fumo ancora sull’intero
panorama, dichiarando per bocca dei suoi esponenti attuali (vedi ad es. Ignazio
La Russa sulla stampa) che il fascismo in Italia è tramontato sin dai tempi di
Almirante (lo fa per disinnescare politicamente “l’antifascismo” dei suoi
alleati al governo), nel mentre sappiamo benissimo che gruppi neofascisti,
clandestini e ufficiali (vale a dire dentro l’MSI), persino sin da prima della
fine della guerra erano stati cooptati dentro gli
apparati della nascente e poi neonata Repubblica, nonché in seguito della NATO.
In pratica, li hanno subito incorporati nelle strutture dei servizi e
dell’Arma in funzione antipopolare. Per cui dire che il fascismo è finito negli
anni 70 o “è stato sdoganato” con la cosiddetta seconda repubblica è solo
un’altra, l’ennesima, impostura interessata a occultare anch’essa l’effettiva
realtà dei fatti. Precisamente come fa adesso l’”antifascismo” di cartapesta,
falso come una gamba di legno, delle istituzioni e dei sindacati attuali.
Paradossalmente, alle stesse fuorvianti sponde è approdato anche chi,
dentro il marxismo del passato e la sinistra di un tempo, sosteneva che in
Italia si parlasse inutilmente di fascismo in “assenza di fascismo”, come se
quest’ultimo fosse sparito dalla scena nazionale ormai da tempo e non contasse
più nulla: altro clamoroso fraintendimento del reale stato delle cose, la cui
natura più intima è rimasta sostanzialmente ignota a tutti questi personaggi
(filosofi, politologi, storici ecc.).
Inutile dire che tutti questi soggetti han finito con l’occultare anch’essi
quanto invece prendeva forma, in segreto, dentro gli apparati di Stato, in cui
neofascisti e monarchici venivano reclutati al servizio del potere politico
dell’epoca e degli Usa per dare vita ad un terrorismo di Stato avente come proprio
bersaglio sia la popolazione civile di allora, sia i partiti dei lavoratori e
le loro organizzazioni di categoria.
Mutatis mutandis, la stessa tattica viene utilizzata oggi per dividere
l’opposizione sociale e la rivolta contro le politiche dell’attuale governo,
coadiuvato in questo dai diversi soggetti attualmente in campo che invece di
progettare e partecipare all’unificazione della protesta la frammentano
ulteriormente, depistano e fanno il gioco, scientemente verrebbe da dire,
dell’odierno esecutivo: e gli facciamo un encomio sostenendolo, visto che in
caso contrario li si dovrebbe ritenere degli sprovveduti, se non degli
avventuristi che si rivelano agenti di fatto e forse di diritto di quest’ultimo
(proprio come nella tattica dell’infiltrazione di vecchia memoria novecentesca,
in cui agenti addestrati a combattere un’ideologia, un partito ecc. ne
vestivano i panni per poterlo poi meglio affossare dall’interno.
Ci tocca ancora una volta citare un maestro a suo modo in tale arte di
Stato:
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