[Riproduciamo
ancora una volta questo intenso testo benjaminiano, da Walter Benjamin,
Angelus novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962, 1976, 1981, 1995 (ma
noi abbiamo sotto gli occhi l'edizione del 1981). Questo breve scritto e' a
nostro avviso un'opera ad un tempo enigmatica e capitale, fomite a molteplici
riflessioni e prisma dai riflessi cangianti ad ogni rilettura; e' proprio dei
pensatori piu' grandi non trarti a un consenso passivo, non emanare fogli
d'ordini, ma suscitare riflessione altra e ulteriore, convocare a una crisi e
a un decidersi, disporsi ad un tempo alla perplessita' ed alla persuasione,
all'ascolto (sentire insieme: consentire; sentire diversamente: dissentire)
che chiama alla condivisione e all'agire, farsi cercatori ed assumere
responsabilita'. La traduzione e' di Renato Solmi, maestro tra i maestri. 1. Si dice
che ci fosse un automa costruito in modo tale da rispondere, ad ogni mossa di
un giocatore di scacchi, con una contromossa che gli assicurava la vittoria.
Un fantoccio in veste da turco, con una pipa in bocca, sedeva di fronte alla
scacchiera, poggiata su un'ampia tavola. Un sistema di specchi suscitava
l'illusione che questa tavola fosse trasparente da tutte le parti. In realta'
c'era accoccolato un nano gobbo, che era un asso nel gioco degli scacchi e
che guidava per mezzo di fili la mano del burattino. Qualcosa di simile a
questo apparecchio si puo' immaginare nella filosofia. Vincere deve sempre il
fantoccio chiamato "materialismo storico". Esso puo' farcela
senz'altro con chiunque se prende al suo servizio la teologia, che oggi,
com'e' noto, e' piccola e brutta, e che non deve farsi scorgere da nessuno. * 2. "Una
delle caratteristiche piu' notevoli dell'animo umano, - scrive Lotze, - e',
fra tanto egoismo nei particolari, la generale mancanza di invidia del
presente verso il proprio futuro". La riflessione porta a concludere che
l'idea di felicita' che possiamo coltivare e' tutta tinta del tempo a cui ci
ha assegnato, una volta per tutte, il corso della nostra vita. Una gioia che
potrebbe suscitare la nostra invidia, e' solo nell'aria che abbiamo
respirato, fra persone a cui avremmo potuto rivolgerci, con donne che
avrebbero potuto farci dono di se'. Nell'idea di felicita', in altre parole,
vibra indissolubilmente l'idea di redenzione. Lo stesso vale per la
rappresentazione del passato, che e' il compito della storia. Il passato reca
seco un indice temporale che lo rimanda alla redenzione. C'e' un'intesa
segreta fra le generazioni passate e la nostra. Noi siamo stati attesi sulla
terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, e' stata data in
dote una debole forza messianica, su cui il passato ha un diritto. Questa
esigenza non si lascia soddisfare facilmente. Il materialista storico lo sa. * 3. Il
cronista che enumera gli avvenimenti senza distinguere tra i piccoli e i
grandi, tiene conto della verita' che nulla di cio' che si e' verificato va
dato perduto per la storia. Certo, solo all'umanita' redenta tocca
interamente il suo passato. Vale a dire che solo per l'umanita' redenta il
passato e' citabile in ognuno dei suoi momenti. Ognuno dei suoi attimi
vissuti diventa una "citation a l'ordre du jour" - e questo giorno
e' il giorno finale [der juengste Tag]. * 4. "Cercate
dapprima cibo e vestimento; e il regno
di Dio vi arrivera' da solo" (Hegel,
1807) La lotta
di classe, che e' sempre davanti agli occhi dello storico educato su Marx, e'
una lotta per le cose rozze e materiali, senza le quali non esistono quelle
piu' fini e spirituali. Ma queste ultime sono presenti, nella lotta di
classe, in altra forma che non sia la semplice immagine di una preda
destinata al vincitore. Esse vivono, in questa lotta, come fiducia, coraggio,
umore, astuzia, impassibilita', e agiscono retroattivamente nella lontananza
dei tempi. Esse rimetteranno in questione ogni vittoria che sia toccata nel
tempo ai dominatori. Come i fiori volgono il capo verso il sole, cosi', in
forza di un eliotropismo segreto, tutto cio' che e' stato tende a volgersi
verso il sole che sta salendo nel cielo della storia. Di questa
trasformazione, meno appariscente di ogni altra, deve intendersi il
materialista storico. * 5. La vera
immagine del passato passa di sfuggita. Solo nell'immagine, che balena una
volta per tutte nell'attimo della sua conoscibilita', si lascia fissare il
passato. "La verita' non puo' scappare" - questo motto, che e' di
Gottfried Keller, segna esattamente il punto, nella concezione storicistica
della storia, in cui essa e' spezzata dal materialismo storico. Poiche' e'
un'immagine irrevocabile del passato che rischia di svanire ad ogni presente
che non si riconosca significato, indicato in esso. (La lieta novella che lo
storico del passato porta senza respiro, viene da una bocca che forse, gia'
nel momento in cui si apre, parla nel vuoto). * 6. Articolare
storicamente il passato non significa conoscerlo "come propriamente e'
stato". Significa impadronirsi di un ricordo come esso balena
nell'istante di un pericolo. Per il materialismo storico si tratta di fissare
l'immagine del passato come essa si presenta improvvisamente al soggetto
storico nel momento del pericolo. Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio
della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso e' lo stesso per
entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca
bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che e' in procinto
di sopraffarla. Il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore
dell'Anticristo. Solo quello storico ha il dono di accendere nel passato la
favilla della speranza, che e' penetrato dall'idea che anche i morti non
saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di
vincere. * 7. "Considerate
il buio e il freddo grande di questa
valle echeggiante di lacrime" (Brecht,
L'opera da tre soldi) Fustel de
Coulanges raccomanda allo storico che voglia rivivere un'epoca di cacciarsi
di mente tutto cio' che sa del corso successivo della storia. Non si potrebbe
definire meglio il procedimento con cui il materialismo storico ha rotto i
ponti. E' un procedimento di immedesimazione. La sua origine e' la pigrizia
del cuore, l'acedia, che dispera di impadronirsi dell'immagine storica
autentica, balenante per un attimo. Essa era considerata, dai teologi del
Medioevo, come il fondamento ultimo della tristezza. Flaubert, che ne aveva
fatto la conoscenza, scriveva: "Peu de gens devineront combien il a
fallu etre triste pour ressusciter Carthage". La natura di questa
tristezza si chiarisce se ci si chiede in chi propriamente "si immedesima"
lo storico dello storicismo. La risposta suona inevitabilmente: nel
vincitore. Ma i padroni di ogni volta sono gli eredi di tutti quelli che
hanno vinto. L'immedesimazione nel vincitore torna quindi ogni volta di
vantaggio ai padroni del momento. Con cio' si e' detto abbastanza per il
materialista storico. Chiunque ha riportato fino ad oggi la vittoria,
partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano sopra
quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si e' sempre usato, e' trascinata
nel trionfo. Essa e' designata con l'espressione "patrimonio
culturale". Esso dovra' avere, nel materialista storico, un osservatore
distaccato. Poiche' tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo
sguardo ha immancabilmente un'origine a cui non puo' pensare senza orrore.
Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo
hanno creato, ma anche alla schiavitu' senza nome dei loro contemporanei. Non
è mai documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di
barbarie. E come, in se', non e' immune dalla barbarie, non lo è nemmeno il
processo della tradizione per cui e' passato dall'uno all'altro. Il
materialista storico si distanzia quindi da essa nella misura del possibile.
Egli considera come suo compito passare a contrappelo la storia. * 8. La
tradizione degli oppressi ci insegna che lo "stato di emergenza" in
cui viviamo e' la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che
corrisponda a questo fatto. Avremo allora di fronte, come nostro compito, la
creazione del vero stato di emergenza; e cio' migliorera' la nostra posizione
nella lotta contro il fascismo. La sua fortuna consiste, non da ultimo, in
cio' che i suoi avversari lo combattono in nome del progresso come di una
legge storica. Lo stupore perche' le cose che viviamo sono "ancora"
possibili nel ventesimo secolo e' tutt'altro che filosofico. Non e' all'inizio
di nessuna conoscenza, se non di quella che l'idea di storia da cui proviene
non sta piu' in piedi. * 9. "La
mia ala e' pronta al volo, ritorno
volentieri indietro, poiche'
restassi pur tempo vitale, avrei poca
fortuna" (Gerhard
Scholem, Il saluto dell'angelo) C'e' un
quadro di Klee che s'intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra
in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi
spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere
questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di
eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su
rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i
morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si e'
impigliata nelle sue ali, ed e' cosi' forte che egli non puo' piu' chiuderle.
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le
spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Cio' che
chiamiamo il progresso, e' questa tempesta. * 10. Gli
oggetti che la regola dei conventi dava in meditazione ai fratelli, avevano
il compito di distoglierli dal mondo e dalle sue faccende. Il pensiero che
svolgiamo qui nasce da una determinazione analoga. Esso si propone, nel
momento che i politici in cui avevano sperato gli avversari del fascismo
giacciono a terra e ribadiscono la disfatta col tradimento della loro causa,
di liberare l'infante politico mondiale dalle pastoie in cui lo hanno
avviluppato. La considerazione muove dal fatto che la cieca fede nel
progresso di quei politici, la loro fiducia nella loro "base di
massa", e infine il loro servile inquadramento in un apparato
incontrollabile, non erano che tre aspetti della stessa cosa. Essa cerca di
dare l'idea di quanto deve costare, al nostro pensiero abituale, una
concezione della storia che eviti ogni complicita' con quella cui quei
politici continuano ad attenersi. * 11. Il
conformismo, che e' sempre stato di casa nella socialdemocrazia, non riguarda
solo la sua tattica politica, ma anche le sue idee economiche. Ed e' una
delle cause del suo sfacelo successivo. Nulla ha corrotto la classe operaia
tedesca come l'opinione di nuotare con la corrente. Lo sviluppo tecnico era
il filo della corrente con cui credeva di nuotare. Di qui c'era solo un passo
all'illusione che il lavoro di fabbrica, trovandosi nella direzione del
progresso tecnico, fosse gia' un'azione politica. La vecchia morale
protestante del lavoro celebrava la sua resurrezione - in forma secolarizzata
- fra gli operai tedeschi. Il programma di Gotha reca gia' tracce di questa
confusione. Esso definisce il lavoro come "la fonte di ogni ricchezza e
di ogni cultura". Allarmato, Marx ribatte' che l'uomo che non possiede
altra proprieta' che la sua forza-lavoro, "non puo' non essere lo
schiavo degli altri uomini che si sono resi... proprietari".
Ciononostante la confusione continua a diffondersi, e poco dopo Josef
Dietzgen proclama: "Il lavoro e' il messia del tempo nuovo. Nel...
miglioramento... del lavoro... consiste la ricchezza, che potra' fare cio'
che nessun redentore ha compiuto". Questo concetto della natura del
lavoro, proprio del marxismo volgare, non si ferma troppo sulla questione
dell'effetto che il prodotto del lavoro ha sui lavoratori finche' essi non
possono disporne. Esso non vuol vedere che i progressi del dominio della
natura, e non i regressi della societa'; e mostra gia' i tratti tecnocratici
che appariranno piu' tardi nel fascismo. Fra cui c'e' anche un concetto di
natura che si allontana funestamente da quello delle utopie socialiste
anteriori al '48. Il lavoro, come e' ormai concepito, si risolve nello
sfruttamento della natura, che viene opposto - con ingenuo compiacimento - a
quello del proletariato. Paragonate a questa concezione positivistica, le
fantasticherie che hanno tanto contribuito a far ridere di Fourier, rivelano
un senso meravigliosamente sano. Secondo Fourier, il lavoro sociale ben
ordinato avrebbe avuto per effetto che quattro lune avrebbero illuminato la notte
terrestre, che il ghiaccio si sarebbe ritirato dai poli, che l'acqua del mare
non avrebbe piu' saputo di sale, e che gli animali feroci sarebbero entrati
al servizio degli uomini. Tutto cio' illustra un lavoro che, lungi dallo
sfruttare la natura, e' in grado di sgravarla dalle creature che dormono
latenti nel suo grembo. Al concetto corrotto del lavoro appartiene come suo
complemento la natura che, per dirla con Dietzgen, "esiste
gratuitamente". * 12. "Noi
abbiamo bisogno della storia, ma ne abbiamo bisogno altrimenti che il
fannullone viziato nei giardini del sapere" (Nietzsche,
Sull'utilita' e il danno della storia) Il
soggetto della conoscenza storica e' la classe stessa oppressa che combatte.
In Marx essa appare come l'ultima classe schiava, come la classe
vendicatrice, che porta a termine l'opera della liberazione in nome di
generazioni di vinti. Questa coscienza, che e' tornata ad affermarsi per
breve tempo nella Lega di Spartaco, e' sempre stata ostica alla
socialdemocrazia. Nel corso di trent'anni essa e' riuscita ad estinguere
quasi completamente il nome di un Blanqui, che ha fatto tremare col suo
timbro metallico il secolo precedente. Essa si compiaceva di assegnare alla
classe operaia la parte di redentrice delle generazioni future. E cosi' le spezzava
il nerbo migliore della sua forza. La classe disapprese, a questa scuola, sia
l'odio che la volonta' di sacrificio. Poiche' entrambi si alimentano
all'immagine degli avi asserviti, e non all'ideale dei liberi nipoti. * 13. "Forse
che la nostra causa non diventa ogni giorno piu' chiara, e il popolo ogni
giorno piu' saggio?" (Wilhelm
Dietzgen, La religione della socialdemocrazia) La teoria
socialdemocratica, e piu' ancora la prassi, era determinata da un concetto di
progresso che non si atteneva alla realta', ma presentava un'istanza
dogmatica. Il progresso, come si delineava nel pensiero dei
socialdemocratici, era, anzitutto, un progresso dell'umanita' stessa (e non
solo delle sue capacita' e conoscenze). Era, in secondo luogo, un progresso
interminabile (corrispondente a una perfettibilita' infinita dell'umanita').
Ed era, in terzo luogo, essenzialmente incessante (tale da percorrere
spontaneamente una linea retta o spirale). Ciascuno di questi predicati e'
controverso, e da ciascuno potrebbe prendere le mosse la critica. Ma essa, se
si vuol fare sul serio, deve risalire oltre questi predicati e rivolgersi a
qualcosa di comune a essi tutti. La concezione di un progresso del genere
umano nella storia e' inseparabile da quella del processo della storia stessa
come percorrente un tempo omogeneo e vuoto. La critica dell'idea di questo
processo deve costituire la base della critica dell'idea del progresso come
tale. * 14. "L'origine
e' la meta" (Karl
Kraus, Parole in versi I) La storia
e' oggetto di una costruzione il cui luogo non e' il tempo omogeneo e vuoto,
ma quello pieno di "attualita'" [Jetztzeit]. Cosi', per
Robespierre, la Roma antica era un passato carico di attualita', che egli
faceva schizzare dalla continuita' della storia. La Rivoluzione francese
s'intendeva come una Roma ritornata. Essa richiamava l'antica Roma
esattamente come la moda richiama in vita un costume d'altri tempi. La moda
ha il senso dell'attuale, dovunque esso viva nella selva del passato. Essa e'
un balzo di tigre nel passato. Ma questo balzo ha luogo in un'arena dove
comanda la classe dominante. Lo stesso balzo, sotto il cielo libero della
storia, e' quello dialettico, come Marx ha inteso la rivoluzione. * 15. La
coscienza di far saltare il continuum della storia e' propria delle classi
rivoluzionarie nell'attimo della loro azione. La grande rivoluzione ha
introdotto un nuovo calendario. Il giorno in cui ha inizio un calendario
funge da acceleratore storico. Ed e' in fondo lo stesso giorno che ritorna sempre
nella forma dei giorni festivi, che sono i giorni del ricordo. I calendari
non misurano il tempo come orologi. Essi sono monumenti di una coscienza
storica di cui in Europa, da cento anni a questa parte, sembrano essersi
perdute le tracce. Ancora nella Rivoluzione di Luglio si e' verificato un
episodio in cui si e' affermata questa coscienza. Quando scese la sera del
primo giorno di battaglia, avvenne che in molti luoghi di Parigi,
indipendentemente e nello stesso tempo, si sparasse contro gli orologi delle
torri. Un testimone oculare, che deve forse la sua divinazione alla rima,
scrisse allora: "Qui le croirait! on dit, qu'irrites contre l'heure / De
nouveaux Josues au pied de chaque tour / Tiraient sur les cadrans pour
arreter le jour". * 16. Al concetto
di un presente che non e' passaggio, ma in bilico nel tempo ed immobile, il
materialista storico non puo' rinunciare. Poiche' questo concetto definisce
appunto il presente in cui egli per suo conto scrive storia. lo storicismo
postula un'immagine "eterna" del passato, il materialista storico
un'esperienza unica con esso. Egli lascia che altri sprechino le proprie
forze con la meretrice "C'era una volta" nel bordello dello
storicismo. Egli rimane signore delle sue forze: uomo abbastanza per far
saltare il continuum della storia. * 17. Lo
storicismo culmina in linea di diritto nella "storia universale"
[Universalgeschichte]. Da cui la storiografia materialistica si differenzia -
dal punto di vista metodico - forse piu' nettamente che da ogni altra. La
prima non ha un'armatura teoretica. Il suo procedimento e' quello
dell'addizione; essa fornisce una massa di fatti per riempire il tempo
omogeneo e vuoto. Alla base della storiografia materialistica e' invece un
principio costruttivo. Al pensiero non appartiene solo il movimento delle
idee, ma anche il loro arresto. Quando il pensiero si arresta di colpo in una
costellazione carica di tensioni, le impartisce un urto per cui esso si
cristallizza in una monade. Il materialista storico affronta un oggetto
storico unicamente e solo dove esso gli si presenta come monade. In questa
struttura egli riconosce il segno di un arresto messianico dell'accadere o,
detto altrimenti, di una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato
oppresso. Egli la coglie per far saltare un'epoca determinata dal corso
omogeneo della storia; come per far saltare una determinata vita dall'epoca,
una determinata opera dall'opera complessiva. Il risultato del suo procedere
e' che nell'opera e' conservata e soppressa l'opera complessiva, nell'opera
complessiva l'epoca e nell'epoca l'intero decorso della storia. Il frutto
nutriente dello storicamente compreso ha dentro di se' il tempo, come il seme
prezioso ma privo di sapore. * 18. "I
cinque scarsi decenni dell'homo sapiens - dice un biologo moderno -
rappresentano, in rapporto alla storia della vita organica sulla terra,
qualcosa come due secondi al termine di una giornata di ventiquattr'ore. La
storia infine dell'umanita' civilizzata occuperebbe, riportata su questa
scala, un quinto dell'ultimo secondo dell'ultima ora". Il tempo attuale
[die Jetztzeit], che, come modello del tempo messianico, riassume in una
grandiosa abbreviazione la storia dell'intera umanita', coincide esattamente
con la parte che la storia dell'umanita' occupa nell'universo. a) Lo
storicismo si accontenta di stabilire un nesso causale fra momenti diversi
della storia. Ma nessun fatto, perche' causa, e' gia' percio' storico. Lo
diventera' solo dopo, postumamente, in seguito a fatti che possono esserne
divisi da millenni. Lo storico che muove da questa constatazione cessa di
lasciarsi scorrere fra le dita la successione dei fatti come un rosario.
Coglie la costellazione in cui la sua propria epoca e' entrata con un'epoca
anteriore affatto determinata. E fonda cosi' un concetto del presente come
del "tempo attuale", in cui sono sparse schegge di quello
messianico. b) E'
certo che il tempo non era appreso dagli indovini, che cercavano di estrarne
cio' che si cela nel suo grembo, come omogeneo ne' come vuoto. Chi tenga
presente questo, puo' forse giungere a farsi un'idea del modo in cui il
passato era appreso nella memoria: e cioe' nello stesso. E' noto che agli
ebrei era vietato investigare il futuro. La thora' e la preghiera li
istruiscono invece nella memoria. Cio' li liberava dal fascino del futuro, a
cui soggiacciono quelli che cercano informazioni presso gli indovini. Ma non
per questo il futuro divento' per gli ebrei un tempo omogeneo e vuoto.
Poiche' ogni secondo, in esso, era la piccola porta da cui poteva entrare il
Messia. |
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