venerdì 12 novembre 2021

Come è green quel treno! Il TAV ai tempi della COP26 - Angelo Tartaglia

Negli ultimi tempi abbiamo avuto, in diretta continuità, prima il G20 e poi la COP26 (ancora in corso nel momento in cui scrivo). Sia in un caso che nell’altro abbiamo sentito parole molto forti da parte di quelli che i giornalisti chiamano i grandi della terra: siamo in un’assoluta emergenza, non c’è più tempo, il tempo è scaduto, bisogna abbattere drasticamente e in tempi brevi le emissioni climalteranti. Peccato che ci siano quei testoni dei cinesi e degli indiani (nonché Putin) che fanno finta di niente e sono i maggiori emettitori. Si potrebbe ricordare che, guardando il rilascio di CO2 pro capite, la graduatoria mondiale vede ai primi posti (dopo paesi come Qatar, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e qualche altro piccolo Stato) l’Australia, gli Stati Uniti, il Canada, e poi, otto posti più in là la Russia, 29 posti più in là la Cina e 111 posti più in là l’India.

Comunque ‒ ripeto ‒ le affermazioni ascoltate sono state molto forti. E l’Italia? Anche Draghi ha dimostrato di avere ben presente la situazione e l’urgenza di agire e dunque il nostro Paese farà la sua parte. Il Parlamento ha calorosamente applaudito il premio Nobel Giorgio Parisi, che sottolineava la drammaticità della situazione, anche quando ha ricordato che continuando a perseguire la logica dell’aumento del PIL si sarebbe andati incontro a un disastro. Il ministro per la transizione ecologica Cingolani ha a sua volta ribadito l’impegno a centrare gli obiettivi di contenimento e riduzione delle emissioni, anche se ha sottolineato che è inevitabile operare con gradualità e si è mostrato alquanto infastidito dalla solita ragazzina impertinente e dai suoi compagni adolescenti che accusano i “grandi” di fare solo del blah blah: non si può solo denunciare, bisogna anche indicare le soluzioni (notoriamente questo è compito dei ragazzi, non dei governanti).

Bene, tanto per cominciare ci si potrebbe chiedere che cosa non fare. E qui arriviamo ancora e sempre al tema delle grandi opere in generale e della Torino-Lione in particolare. Quest’ultimo argomento per quelli che contano è una partita chiusa: ormai è deciso, bene o male che sia non c’è più niente da discutere; il Parlamento, quello stesso che ha applaudito Parisi e che rappresenta la nazione, si è espresso e ha stabilito che s’ha da fare; operativamente si estende l’occupazione militare a buona parte della bassa valle di Susa e via. Non è più tempo di ragionamenti (lo è mai stato?).

Eppure siamo in emergenza e bisogna con la massima urgenza ridurre del 55% le emissioni climalteranti entro il 2030 e Governo e Parlamento sono d’accordo (o no?). Non posso che richiamare cose dette e scritte più volte da parte di soggetti diversi in sedi diverse. Vediamo: la costruzione del doppio tunnel di base di 57,5 km comporta, a detta di TELT (soggetto proponente), una emissione di CO2 pari a 10 milioni di tonnellate; l’opera verrebbe completata dopo il 2030 e dunque la sua costruzione comporterebbe, entro la scadenza indicata dall’IPCC e accolta dall’Europa, un aumento delle emissioni climalteranti. D’altra parte, sempre a detta dei proponenti, nel 2035 sull’asse Torino-Lione ci sarebbe un flusso di merci pari a circa 5 volte quello attuale e circa il 55% andrebbe nel nuovo tunnel ferroviario invece che sulla strada (oggi poco più del 13% usa la ferrovia storica): se ne deduce che il traffico stradale a quella data sarebbe circa 2,8 volte quello attuale (sempre che fosse in funzione l’intera linea e non solo il tunnel, altrimenti la situazione sarebbe molto peggiore) e pertanto le emissioni di CO2 sarebbero altrettanto maggiori di quelle attuali. Le emissioni potrebbero essere inferiori a quelle di oggi se il traffico complessivo rimanesse quello attuale, ma se così fosse l’opera sarebbe un disastro economico: in ogni caso si lascerebbe sulle spalle dei compagni di Greta un insostenibile carico di debiti ambientali ed economici.

Dunque, sig. Presidente del Consiglio, come la mettiamo con gli obiettivi europei, la sostenibilità, il mutamento climatico etc.? Non ho usato delle matematiche superiori, ma solo dell’aritmetica elementare. Se ci fossero dei contro argomenti dovrebbe essere facile esporli, ma se ci sono deve trattarsi dei segreti meglio custoditi al mondo dal momento che nei discorsi a favore del cosiddetto TAV non trapelano mai.

Evidentemente non importa: Confindustria lo vuole, e dunque…; le madamine torinesi lo vogliono, e dunque…; ormai è andata così, e dunque…; il Parlamento (sempre quello che ha applaudito Parisi) si è espresso, e dunque…; bisogna far ripartire l’economia del giorno per giorno, e dunque…

Le decisioni concrete vanno tutte nella direzione di non ridurre affatto le emissioni di gas climalteranti, semmai di aumentarle, sperando in magiche quanto inesistenti soluzioni “tecnologiche” future che dovrebbero sovvertire le leggi fisiche entro le quali tutte le azioni umane sono confinate (economia compresa). Il collasso climatico con il riferimento al 2030 non è un modo di dire e dovranno subirlo i più giovani in conseguenza delle decisioni prese o non prese oggi da parte degli adulti o degli anziani che stanno mettendo il loro effimero presente davanti ad un futuro prossimo che ormai siamo in grado di delineare con un alto grado di attendibilità.

da qui

Nessun commento:

Posta un commento