Della vicenda kafkiana in cui è rimasto coinvolto il giornalista del Guardian Lorenzo Tondo, intercettato dalla Procura di Palermo nel caso giudiziario che stava coprendo per la sua testata, avevamo parlato in questo articolo. La storia ora si arricchisce di nuovi capitoli. Peccato, però, non si tratti di un romanzo.
Per il Guardian Tondo
stava seguendo il cosiddetto caso “Mered”, un caso giudiziario riguardante
l’arresto di un pericoloso trafficante di migranti eritreo, Medhanie Yehdego
Mered, meglio noto come “Il Generale”.
Nel giugno
2016, la Procura di Palermo, in collaborazione con la National Crime Agency
(NCA) britannica, aveva annunciato di aver arrestato proprio Medhanie Yehdego
Mered, accusato di guidare un’organizzazione con base in Libia che gestiva il
traffico di migranti eritrei verso l’Europa. Nei suoi articoli, però,
Tondo aveva individuato degli elementi che mettevano in discussione le
conclusioni cui era giunta la Procura di Palermo e aveva avanzato l’ipotesi che
l’uomo finito in carcere non fosse il pericoloso trafficante di migranti,
Medhanie Yehdego Mered, ma Medhanie Tesfamariam Behre, un richiedente asilo che
mungeva vacche in Sudan prima di provare a raggiungere l’Europa. Insomma, c’era
stato uno scambio di persona e quello che NCA e Procura di Palermo nel 2016
avevano definito “l’arresto dell’anno” sembrava configurarsi come un errore
giudiziario.
Nei mesi
successivi, Tondo continua a scrivere sul quotidiano britannico portando alla luce sempre più aspetti che facevano propendere per
l’errore giudiziario: i racconti della famiglia dell’imputato, i dati provenienti dal controllo del suo profilo Facebook, persino la testimonianza della moglie del vero trafficante, Medhanie Yehdego Mered,
supportavano l’ipotesi dello scambio di persona e che in carcere ci fosse il
Medhanie sbagliato.
La Procura,
però, andava avanti per la sua strada e Lorenzo Tondo continuava a seguire il
caso. Finché, nel novembre 2017, durante un’udienza in tribunale, il giornalista
del Guardian ha scoperto di essere stato intercettato e che
alcune conversazioni registrate (con una sua fonte giornalistica) erano state
ritenute rilevanti nel caso “Mered”, nonostante, leggendo gli scambi inseriti
nel documento depositato dal pubblico ministero, quanto riportato sembrava del
tutto irrilevante dal punto di vista investigativo. Un atto che Tondo
all’epoca aveva definito lesivo del diritto di cronaca e del suo mestiere di giornalista.
Nel
frattempo le prove che avvalorano la tesi dell’errore di persona diventano
sempre più consistenti. Nel maggio 2018 arriva anche il test del DNA della moglie e del figlio di Mered e dell’uomo
in carcere, Medhanie Tesfamariam Berhe, che sembra cancellare ogni dubbio. Fino
all’estate del 2019 quando il giudice Alfredo Montalto della seconda sezione
della Corte d’Assise emette la sentenza di scarcerazione. Behre viene condannato a 5 anni
per aver contattato un trafficante per aiutare suo cugino Samson Gherie a
raggiungere la Libia, ma non era Mered. Avendo già trascorso 3 anni in carcere,
viene disposta la sua scarcerazione immediata. Ad agosto 2019 viene accolta la sua domanda di asilo politico e Behre può lasciare il Centro per i
rimpatri di Pian del Lago a Caltanissetta.
Nella sua relazione
di oltre 400 pagine, la Corte di Assise ha parlato di “grave negligenza”.
Secondo i giudici, in alcuni casi le accuse dei pubblici ministeri “sono
apparse palesemente inconsistenti e inadeguate”. I dubbi sollevati da Lorenzo
Tondo – che sul caso nel 2018 ha pubblicato il libro “Il generale” – erano,
dunque, fondati.
Ma la parola
fine di tutta questa vicenda non è stata ancora scritta.
I pm hanno
presentato un appello contro la sentenza della Corte di Assise. Le nuove
udienze sono iniziate il 27 ottobre e la sentenza è attesa per febbraio
2022.
Tra dicembre
2019 e gennaio 2020, l’allora pubblico ministero, Calogero Ferrara, diventato
ora procuratore delegato nella nuova “procura europea”, ha intentato due
querele per diffamazione nei confronti di Tondo per un post su Facebook e per
una serie di articoli pubblicati sul Guardian che, secondo
Ferrara, conterrebbero informazioni inesatte. La prima udienza per una delle
due querele è stata fissata per il 2 febbraio 2022. Il procuratore ha citato in
giudizio anche Repubblica e la giornalista Romina Marceca per
la sua copertura del processo.
La scorsa
settimana le due querele per diffamazione del pm Ferrara sono state
segnalate dalla
Federazione europea dei giornalisti (EFJ) e e dalla Federazione Internazionale
dei Giornalisti (IFJ) sulla Piattaforma del Consiglio d’Europa per la sicurezza
dei giornalisti (creata nel 2015 “per promuovere la tutela del giornalismo e la
sicurezza dei giornalisti”) come potenziali atti di “molestia e intimidazione”.
La segnalazione del caso è stata inserita nella categoria "persecuzioni e
intimidazioni nei confronti dei giornalisti" attribuibili allo Stato.
Nell'ultimo anno, riporta la Piattaforma del Consiglio
d'Europa, ci sono state 213 segnalazioni in 33 paesi diversi. In 79 casi
c’è stata una risposta del governo coinvolto. Nessuna delle segnalazioni finora
è stata “risolta”. L’Italia non ha ancora risposto alla segnalazione su Lorenzo
Tondo.
“Sebbene il
tentativo di mediazione obbligatoria si sia concluso il 5 novembre 2020, il pm
Ferrara ha aspettato quasi un anno prima di confermare le azioni legali che
sono state notificate poco prima dell'inizio del secondo processo ‘Mered’.
Secondo i critici, questa potrebbe essere una mossa strategica per intimidire e
impedire a Tondo di seguire le nuove udienze”, si legge nella segnalazione.
"Secondo
il Consiglio d’Europa questa mossa denoterebbe un uso malevolo dello strumento
giudiziario, non più volto ad ottenere giustizia ma a mettermi un bavaglio,
perché da quando è iniziata tutta questa vicenda giudiziaria, per ragioni di
“prudenza” non ho più potuto scrivere sul caso 'Mered' per il Guardian.
Non solo, la citazione in giudizio arriva a pochi mesi dalla sentenza di
appello del processo 'Mered'", ha scritto Lorenzo
Tondo in un post su Facebook. "Quando lavori a un’inchiesta, quando ci
metti il cuore, veramente, essa ti seguirà fino alla fine dei tuoi giorni. Nel
bene e nel male. Perché se da un lato essa ha avuto un impatto positivo su una
o più persone, dall’altro, irrimediabilmente, quell’inchiesta avrà dato
certamente fastidio a qualcuno. Avrà scombussolato i suoi piani. Li avrà magari
stravolti. Io sono di certo un privilegiato, perché posso contare sul supporto
legale del Guardian. Ma penso a tutti quei cronisti, precari,
sottopagati, costretti a fare i conti con le querele temerarie in giro per
l’Italia, senza alcun appoggio. Questa battaglia che porteremo avanti è anche
per loro. Perché siamo stanchi delle vostre intimidazioni".
La
federazione nazionale della stampa italiana e altre organizzazioni
internazionali hanno espresso solidarietà a Lorenzo Tondo.
“Criticare
un pm in Italia è rischioso. Se un giornalista osa farlo, è probabile che il
pubblico ministero lo querelerà per diffamazione e lo costringerà a difendersi
in tribunale e a sostenere le relative spese”, ha detto al Guardian Alberto
Spampinato, direttore di Ossigeno per l'informazione, organizzazione nata per
difendere i diritti dei giornalisti. “Eventi di questo tipo non sono rari e
mettono in seria difficoltà i giornalisti. Ossigeno per l'informazione
continuerà a sostenere Lorenzo Tondo in questa battaglia legale e continuerà a
farlo, al fianco del Guardian e della community dei
giornalisti europei».
Ossigeno per
l’Informazione ha anche comunicato di aver assunto la difesa di Lorenzo Tondo e di
averla affidata all’avvocato Andrea Di Pietro per i post pubblicati su
Facebook. Anche il Guardian ha scelto l’avvocato Di Pietro per
difendere Tondo per gli articoli pubblicati sulla testata giornalistica
inglese.
«Il caso di
Lorenzo Tondo è emblematico delle difficoltà che vive oggi il giornalismo
indipendente in Italia», commenta a Domani Andrea
Di Pietro. Per l’avvocato, Ferrara ha deciso di «trascinarlo in giudizio senza
il suo giornale, per farlo sentire ancora più isolato e debole rispetto al
potere dello Stato. Ma il Guardian non ha abbandonato il suo
giornalista: gli resterà accanto, dando dimostrazione di cosa vuol dire
difendere veramente, su tutti i campi, la libertà di stampa».
Contattato
dal Guardian, il pm Ferrara ha dichiarato di aver chiesto al suo
legale di commentare la vicenda.
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