Hatice Cengiz - ricercatrice
universitaria in studi del Medio Oriente
Opening Session del Tribunale permanente dei popoli
sugli omicidi di giornalisti del 2 novembre 2021. Testimonianza di
Hatice Cengiz sul caso dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi
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Hatice Cengiz - Finalised statement
Mi chiamo Hatice Cengiz. Sono la vedova di Jamal
Khashoggi, editorialista del Washington Post assassinato all’interno del
consolato saudita ad Istanbul il 2 ottobre 2018. Da quel giorno, conduco una
campagna per la verità e la giustizia riguardo all’uccisione di Jamal, ed
affinché la comunità internazionale dichiari la responsabilità di coloro che ne
hanno ordinato e pianificato l’uccisione. Ho reso testimonianza presso il
Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il Parlamento Europeo, il
Congresso degli Stati Uniti, e vari altri parlamenti nazionali.
Nel 2019, per circa un anno dalla morte di Jamal, ho
vissuto a Londra. Mentre vivevo là, mi seguivano. Recentemente,
l’inchiesta Pegasus ha mostrato che, nei giorni successivi
all’omicidio, il mio telefono era stato hackerato. Ho avuto paura per molto
tempo, dopo l’omicidio. Lo choc e la paura non riguardavano solo la mia vita.
L’omicidio ha cambiato la mia visione dell’umanità e del mondo e il significato
della vita.
Perché voglio giustizia per Jamal
Jamal ha perso la vita. Non dobbiamo dimenticare ciò
che è accaduto. Questo è ciò che mi motiva e che mi dà l’energia per andare
avanti. La mia energia viene da dentro di me, poiché credo che dovremmo parlare
di questa questione. E’ una questione umana, la mia vita non ha significato se
ci dimentichiamo questo. Come individui, conduciamo una vita sociale, una vita
privata, una vita culturale, ma, in quanto esseri umani, abbiamo anche una
responsabilità sociale. Io non sto facendo questo come attivista, né per
diventare una celebrità. Questo caso riguarda valori importanti. Riguarda la
protezione delle altre persone in Arabia Saudita, ad esempio in carcere.
In alcuni casi, gli Stati agiscono velocemente nei
confronti delle violazioni dei diritti umani da parte di altri Paesi, e si
fanno sentire apertamente. Ma al tempo stesso, gli Stati dimenticano questi
valori, quando vogliono. Gli Stati non temono di utilizzare il proprio potere,
ad esempio tramite gli ambasciatori, quando vogliono mettere pressione su un altro
Paese. Perché dunque alcune volte rimangono in silenzio? Perché non trovo un
ambasciatore che sia con me? Non mi chiamano, non si schierano dalla mia parte.
Quando vogliono, restano in silenzio.
Desidero mantenere l’attenzione pubblica sul caso, poiché
chiunque altro sta cercando di distoglierla da esso. Le autorità turche si sono
comportate molto bene all’inizio e adesso vogliono lasciar perdere. Gli Stati
Uniti e la comunità internazionale stanno facendo allo stesso modo.
L’atteggiamento attuale è “Di questa faccenda ci siamo già occupati, possiamo
andare avanti?”. Questo atteggiamento è impensabile con riferimento ai casi di
omicidio che ricadono sotto le giurisdizioni nazionali. In qualche modo la
gente accetta che sia così quando questi casi coinvolgono più Paesi. La gente
non deve chiudere gli occhi. Questo caso non scompare perché i media non ne
parlano più. Devono esserci conseguenze.
Gli ostacoli sul cammino della giustizia
Abbiamo instaurato numerosi procedimenti per accertare
la responsabilità degli esecutori, ed in particolare del Principe ereditario
saudita, Mohammad bin Salman Al’Saud.
Ad Istanbul si sono svolti un’indagine ed un
procedimento penale, nel quale io sono la principale parte lesa. Questo
procedimento si è protratto per molto tempo, ed è nei confronti di persone
rimaste contumaci. E’ un procedimento importante ed ha il potenziale per
portare giustizia e condurre a mandati d’arresto internazionali. Alcune delle
persone coinvolte sono state formalmente imputate, alcune ancora devo esserlo –
fra cui il Principe ereditario saudita. Le autorità turche hanno
consistentemente ritardato il procedimento e fin qui non hanno espresso
l’intenzione di imputare formalmente il Principe ereditario.
Ci siamo rivolti molte volte alle Nazioni Unite, ai
governi nazionali, ai parlamenti nazionali e al Parlamento Europeo. Abbiamo
proposto appelli per l’esecuzione delle sanzioni, cosa che gli Stati possono
fare sotto la propria giurisdizione nazionale. Anche le Nazioni Unite hanno il
potere di farlo. Stiamo anche svolgendo una campagna per fermare il “cultural
washing” o lo “sports washing” condotto dal Principe ereditario, ad
esempio nella recente acquisizione del club calcistico Newcastle United.
Continueremo a far questo nei confronti di qualunque altro impegno sportivo o
culturale che egli intraprenderà per ripulire la propria immagine
macchiata.
Abbiamo inoltre intrapreso una causa civile negli
Stati Uniti, notificata anche al Principe ereditario. L’Arabia Saudita ha
proposto opposizione basandosi sull’immunità. In tutti questi procedimenti
giudiziari, l’ostacolo principale consiste nella riluttanza dei governi ad
agire nei confronti del Principe ereditario dell’Arabia Saudita, il quale viene
percepito come leader de facto del Paese. Egli non è il capo di Stato. Non
dovrebbe essergli garantita l’immunità. Non è questo un crimine per il quale
dovrebbe essere riconosciuta l’immunità. Le autorità degli Stati si concentrano
esclusivamente su coloro che si collocano ad un livello inferiore, mentre il
solo responsabile è il Principe ereditario.
Gli Stati devono agire
E’ necessario che le autorità turche accelerino il
procedimento, non possono rallentarlo tanto a lungo. Occorre che abbiano
accesso alle informazioni negli Stati Uniti e che le presentino in tribunale, e
che emettano un mandato d’arresto, in particolare proprio nei confronti del
Principe ereditario.
Inoltre, i governi devono attuare sanzioni per far sì
che egli non possa viaggiare ed intraprendere iniziative come acquistare club sportivi.
Devono fare in modo che egli non possa recarsi nei loro Paesi senza essere
arrestato ed interrogato. Non possiamo consentire che qualcuno che persino la
CIA ha stabilito essere responsabile di questo omicidio si muova impunemente.
Il tribunale statunitense dovrebbe iniziare a considerare questa come una
questione urgente e disporre il risarcimento del danno. Dovrebbe essere imposto
un indennizzo, cosicché le persone coinvolte non possano farla franca. I
governi dovrebbero inoltre mettere a disposizione tutte le informazioni che
possiedono sul caso.
Il Principe ereditario saudita deve essere ritenuto
responsabile. Un uomo capace di questi atti non dovrebbe diventare re. Ci sono
regole nel tuo Paese, ci sono regole nel mio Paese, ci sono norme internazionali.
Quelli come lui dovrebbero capire che il mondo è cambiato. La gente mi chiama
”coraggiosa” o “eroina”, ma io voglio essere una persona normale. Non dovrei
fare tutto ciò, per ottenere giustizia. Adesso, la comunità e le istituzioni
dovrebbero fare la propria parte. I governi e loro leader, non solo in Turchia
o negli Stati Uniti. Ovunque.
Confermo che i fatti affermati in questa deposizione
testimoniale sono veri.
Data e luogo: 31 ottobre 2021, Istanbul
Nome della testimone e firma: Hatice Cengiz
Traduzione a cura di Sara Cocchi, avvocata in Firenze,
consulente UE e OCSE
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