(newsletter n. 54 di Costituente
Terra del 17 novembre 2021)
“Bussate e vi sarà aperto”, il ben noto versetto del Vangelo di Luca
nella cattolicissima Polonia viene interpretato a contrario: bussate
quanto vi pare, mai vi sarà aperto. Anzi non solo non vi sarà aperto ma
alzeremo un muro, proprio come è avvenuto a Berlino nell’agosto del 1961, per
impedire a chiunque l’attraversamento della frontiera. E’ questo l’annuncio
dato il 15 novembre dal premier polacco Mateusz Morawiecki, che ha precisato
che la costruzione inizierà già nel mese di dicembre. Nella stessa giornata in
un’intervista concessa all’Agenzia Pap, il premier polacco ha ventilato
l’intervento della NATO: “Stiamo discutendo con la Lettonia ma soprattutto con
la Lituania se non mettere in funzione l’articolo 4 della Nato; ci sembra che
ne abbiamo sempre più bisogno (..) Ormai sappiamo che per fermare il regime
bielorusso non bastano solo le parole”. L’art. 4 del Trattato Nato riguarda la
difesa esterna.
Ormai è evidente che ci troviamo di fronte allo scatenarsi di una nuova
guerra fredda, alla nascita di una nuova cortina di ferro, spostata un po’ più
a est della precedente ma ugualmente contrassegnata da muri, distese di cavalli
di frisia, eserciti che si confrontano, armi che si accumulano. C’è da
chiedersi allora, dov’è il casus belli, qual è l’oggetto della controversia che
ci ha fatto precipitare in una crisi così profonda e grave? Dove sono le truppe
che minacciano la frontiera polacca e con quali armi?
E’ paradossale, ma l’armata che minaccia la Polonia ed i confini orientali
dell’Unione Europea è uno sparuto nucleo di uomini, donne e bambini, accampati
in un bosco al freddo e al gelo, armati solo dalla speranza di una vita
migliore, sottratta agli insulti della violenza e della fame da cui sono
fuggiti.
Certamente queste persone sono state portate alla frontiera nel quadro di una
politica cinica che sfrutta la loro disperazione come merce di scambio politico
o come rivalsa verso le sanzioni che la UE ha adottato nei confronti della
Bielorussia, ma questo non cambia la sostanza del problema: il rifiuto di ogni
forma di umana solidarietà e di accoglienza nei confronti dei profughi che
percorre tutta l’Unione Europea ed assume caratteri di vera paranoia in Polonia
e Ungheria.
Parlando del dramma dei migranti all’inaugurazione dell’anno accademico a
Siena, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: “E’
sconcertante quanto avviene ai confini dell’UE, c’è un divario con i principi
proclamati (..) Sorprendente il divario tra i grandi principi proclamati e non
tenere conto della fame e del freddo a cui sono esposti esseri umani ai confini
dell’Unione”.
Anche se non ne ha tratto le conclusioni politiche, Mattarella ha rotto il tabù
dell’indifferenza qualificando i profughi accalcati alla frontiera, non come
invasori, non come alieni, ma come “esseri umani”.
E’ proprio questo il punto, le politiche di respingimento dei flussi migratori
adottate dall’Unione Europea sono sostenibili solo al prezzo di disumanizzare
la folla dei profughi, di considerarli merce indesiderata da bloccare ai
confini, ancor meglio prima che arrivino ai confini dell’UE.
C’è un divario sconcertante fra i grandi principi proclamati solennemente nella
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e quello che sta accadendo sotto
i nostri occhi. Che senso ha dichiarare che la dignità umana è inviolabile
(art.1), che ogni persona ha diritto alla vita (art. 2), che ogni persona ha
diritto alla propria integrità fisica e psichica (art. 3), se poi si lasciano
morire di fame e di freddo le persone accampate alla frontiera, che senso ha
riconoscere il diritto di asilo (art. 18) secondo la Convenzione di Ginevra del
1951, se poi si impedisce ai profughi di presentarsi alla frontiera per
richiedere asilo?
Persino Putin si è potuto permettere di bacchettare l’Unione Europea osservando
che non rispetta i suoi stessi principi umanitari.
E’ veramente assurdo che si schieri un’armata in assetto di guerra per
proteggere la frontiera dall’assalto di 4.000 persone disarmate che chiedono
solo di poter vivere. Nell’Unione Europea vivono circa 400 milioni di persone;
i profughi accampati alla frontiera polacca, percepiti come una minaccia dai
leaders sovranisti, non rappresentano neppure lo 0,01% della popolazione
europea. In Italia negli ultimi dieci anni sono sbarcate 876.000 persone giunte
dal mare; una piccola parte sono state rimpatriate, tutti gli altri sono stati
assorbili senza drammi dall’Italia e dagli altri Paesi europei. E’
singolare che il Consiglio dei Ministri degli esteri abbia varato nuove
sanzioni contro la Bielorussia, senza muovere un dito per consentire che le
persone accampate nella foresta potessero essere accolte da qualche Paese
europeo.
E’ singolare che un continente in crisi demografica in cui cresce
l’invecchiamento della popolazione, respinga i bambini accampati al freddo
nella foresta, privandosi dei loro sogni, della loro gioia di vivere, della
loro energia vitale, e si cinga di filo spinato alle frontiere.
E’ urgente una rivolta morale ed un’azione politica coerente: dobbiamo
pretendere che siano salvati i profughi alla frontiera per salvare l’onore e
l’anima dell’Europa.
P.S. Si riunirà mercoledì 24 novembre 2021 alle ore 16 alla Biblioteca
Vallicelliana in piazza della Chiesa Nuova 18, Roma, con la
partecipazione di Paola Paesano Raul Mordenti e Luigi Narducci il gruppo di
lavoro Costituente Terra/Scuola. A tema dell’incontro il progetto avviato con
il liceo romano Keplero per una riflessione nella prospettiva di un
costituzionalismo globale sui temi posti da Costituente Terra, quali il
cambiamento climatico, l’ambiente, guerre e produzione delle armi, fame e
diritto alla salute, migrazioni. Gli associati a Costituente Terra
presenti a Roma che vi siano interessati, sono invitati a partecipare.
P.S. Un appello diffuso dalla “Società della cura” esprime perplessità e
preoccupazione per l’ormai prossima assunzione italiana del comando della
missione della Nato in Iraq lamentando che non vi sia stata un’adeguata
discussione pubblica in proposito. La missione verrebbe ampliata da 500 a 4.000
uomini trasformandosi di fatto in missione di combattimento rispetto a quella
che, almeno sulla carta, era solamente funzionale all’addestramento
dell’esercito iracheno. La recente decisione di dotare le Forze Armate italiane
di una flotta di Hero-30, i cosiddetti droni Kamikaze finalizzati all’utilizzo
nel “mutato scenario operativo in Iraq”, come scritto nella relazione del
Ministero della Difesa riportata dall’osservatorio Milex, non può che aggravare
– dice l’appello – questa preoccupazione. L’Iraq è uno dei Paesi nel quale si
combatte da tempo il conflitto che oppone Stati Uniti e Iran. Il rischio
è che l’Italia rimanga invischiata nella lotta per il controllo dell’Iraq, per
conto di potenze che, come si è visto in Afghanistan, non sono in grado di
favorire lo sviluppo della democrazia e dei diritti umani; anche con la
conseguenza di nuovi rischi più gravi per la sicurezza delle organizzazioni
umanitarie italiane che operano in Iraq. Chi intende aderire a questo appello
lo può fare scrivendo a societadellacura@gmail.com
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