In Nord Africa la questione della sovranità nazionale sta diventando un tema centrale nel dibattito politico. Il popolo boccia senza appello l’azione della Fratellanza Musulmana, salita al potere all’indomani delle cosiddette “rivoluzioni” a Tunisi come a Tripoli, non proprio sempre con metodi democratici. Anziché rappresentare una nuova avanguardia dell’Islam politico moderato, quest’esperienza ha lasciato dietro di sé miseria e povertà, risultato del saccheggio delle risorse e dell’ingresso del mercato europeo all’interno di questi Paesi.
Ma mentre a Tripoli il governo illegittimo difeso dall’occupazione turca è
sempre più arroccato in vista delle ipotetiche prossime elezioni del 24
dicembre, a Tunisi lo scenario è completamente diverso.
Dal 28 ottobre 2019 la Tunisia ha un nuovo presidente che sta sparigliando i
piani della Fratellanza e delle cancellerie europee. Eletto attraverso un voto
diretto, con oltre il 70% dei voti al secondo turno, Kais Saied, giurista
prestato alla politica, sta provando a cambiare il volto del proprio Paese
buttando a mare la mafia legata a Rachid Ghannouchi, il leader locale della
Fratellanza Musulmana.
Proprio la capacità del partito “Ennahdha”, espressione tunisina della
Fratellanza, di occupare posti di potere all’interno del parlamento attraverso
uno spregiudicato lavoro di compra-vendita dei deputati, in assenza di un largo
consenso alle ultime elezioni del 2019, ha spinto il presidente Kais Saied a
sciogliere il parlamento tunisino lo scorso 25 luglio, adducendo come motivo il
rischio per la democrazia e pertanto usufruendo dell’articolo 80 della
Costituzione tunisina che consente al Presidente della Repubblica di sciogliere
il parlamento in caso di grave pericolo per lo Stato.
La svendita delle risorse dello Stato, con la conseguente crisi economica in
corso, ha spinto Saied ad una mossa estrema che consente oggi di indagare e
portare a processo decine di ex-deputati di “Ennahdha”, prima protetti
dall’immunità parlamentare.
La mossa è stata criticata dall’Unione Europea che ha denunciato
la crisi democratica in corso a Tunisi, mentre al contrario ciò che preoccupa
maggiormente le capitali europee è il rischio di non poter più eterodirigere la
politica a Tunisi vedendo sfumare anni di investimenti che più
che allo sviluppo della Tunisia hanno mirato all’assoggettamento della politica
e dell’economia del piccolo Paese del Nord Africa.
Il 14 ottobre scorso Kais Saied ha presieduto la prima seduta del nuovo governo
nominato dal Presidente, i cui ministri sono tutte persone sconosciute alla
politica, a cominciare dal primo ministro Najla Bouden Romdhan, prima donna a
rivestire simile carica nei Paesi arabi. Secondo Saied, tutte le persone
nominate nel governo sono di provata fede patriottica e questo è stato uno dei
requisiti essenziali per essere chiamati a servire il Paese in questo delicato
passaggio.
Oltre a questo, il nuovo governo il Presidente Saied sta
procedendo ad istituire dei “comitati popolari” che serviranno per raccogliere
direttamente dai cittadini le loro richieste per cambiare l’ordine dello Stato
nella direzione della difesa della sovranità e degli interessi del popolo
tunisino.
Proponiamo qui di seguito la traduzione del discorso
con cui Kais Saied ha dato inizio ai lavori del nuovo governo, lo scorso 14
ottobre. A nostro giudizio, il Presidente tunisino scrive in questa occasione
una pagina storica del Mediterraneo, in cui molti cittadini della sponda sud si
sono riconosciuti e di cui è doveroso che anche i cittadini della sponda nord
ne vengano a conoscenza.
<<Benvenuti al primo consiglio dei ministri,
dopo le decisioni prese il 25 luglio scorso. Questo dimostra che le istituzioni
dello Stato stanno funzionando normalmente e io chiamo ogni responsabile ad
ogni livello a dare il meglio di se stesso e di lavorare di più. Voglio che
finisca la collusione tra amministrazione e partiti politici. Per questo ho
formato questo governo i cui ministri non appartengono a nessun partito
politico ma alla Tunisia. Tutti coloro che pensano che il fatto di appartenere
a un partito politico dia loro il diritto di stare al potere ormai si stanno
illudendo. Noi stiamo lavorando per la Tunisia e per lo Stato tunisino. Questo
consiglio dei ministri toccherà dei punti importanti di ordine sociale,
economico e soprattutto il costo della vita e la preparazione alla prossima
stagione agricola. Innanzi tutto vorrei ribadire che la Tunisia è un Paese
libero e sovrano e non permetteremo ingerenze. Sapete che alcuni sono andati
all’estero supplicando per danneggiare l’interesse nazionale tunisino. Oggi
dico che a colui che ha fatto questo gli sarà ritirato il suo passaporto
diplomatico [Saied si riferisce senza giri di parole a Moncef Marzouki,
presidente della Repubblica nel periodo costituente dal 2011 e il 2013, legato
al Qatar e alla Turchia e vicino alla Fratellanza Musulmana, ndr].
Perché è oramai un nemico della Tunisia e non c’è verso che lui approfitti di
questa posizione girando le capitali europee e incontrando certe personalità
per danneggiare l’interesse della nostra nazione. Chiedo subito alla ministra
della giustizia, con riferimento all’articolo 23 del codice penale, di aprire
un’inchiesta giuridica in questa faccenda, perché non permetteremo di
complottare contro la sicurezza interna dello Stato. Conosciamo il nostro peso
e sappiamo di non essere un grande paese, però non permetteremo mai che si
discuta della nostra sovranità nazionale all’estero. Il problema è tunisino e
non permetteremo a nessuna parte estera di interferire. La sovranità appartiene
al popolo tunisino. La Tunisia è una paese libero e sovrano e chi complotta
contro di noi deve essere accusato di complotto contro la sicurezza dello Stato
tunisino interna ed esterna. Qualcuno dirà che siamo un piccolo paese senza
grandi mezzi, è vero che non abbiamo missili intercontinentali ma abbiamo una
sovranità nazionale intercontinentale. La nostra sovranità va considerata prima
di tutto e la nostra dignità va considerata prima di ogni cosa e non
permetteremo a nessuno di interferire nei nostri affari interni. La parola
spetta al popolo e non a quei traditori che vanno nelle capitali estere per
colpire l’interesse del loro Paese e per colpire l’interesse di uno Stato di
cui hanno avuto alti incarichi. L’inno nazionale dice “moriamo per la
redenzione dello Stato” e questi vanno a gettarsi nelle braccia delle capitali
straniere. Fanno manifestazioni dove cantano l’inno nazionale all’estero (a
Parigi) però quello che avrebbero dovuto cantare piuttosto era “moriamo perché
viva il malaffare (la sporcizia)”. Mi dispiace dirlo, ma teniamo molto alla
democrazia e alla libertà e a che il popolo possa esprimersi liberamente, ma
senza che questo venga manipolato da altri e senza mance per comprarsi il voto.
Perché la volontà e la voce del popolo sono l’origine principale del potere e
questo vale ovunque nel mondo. Dobbiamo essere responsabili di fronte al popolo
e di fronte alla Storia. Come sapete ultimamente ci sono state azioni da parte
delle diplomazie straniere perché noi formiamo un governo, come se il problema
si limitava a una formazione di un governo. Anche se in realtà il governo
esisteva anche prima, mancava solo un capo del governo. (…) Devo dire che non ritarderò
né posticiperò di un attimo il momento della scelta. La scelta tra i falsi e i
cittadini patrioti. Credevano che dopo il 25 di luglio potevano influenzarmi,
ma io ho fatto il governo e farò il dialogo nazionale, ma non come le altre due
esperienze di dialogo nazionale, non sarà il dialogo “nazionale numero 3”, noi
faremo un dialogo con il popolo tunisino e con i giovani tunisini. Metterò
prossimamente un ordine per organizzare questo dialogo con i giovani e con il
popolo, non con quelli che si sono mischiati con le capitali estere, né con
quegli opportunisti che vogliono solo incarichi ministeriali. Qui vorrei
ricordare ai Tunisini prima che agli stranieri, ricordo loro gli accordi
dell’ONU, l’accordo dice che non c’è verso di interferire negli affari interni
di un Paese e tutto è basato sul principio dell’uguaglianza nella sovranità tra
tutti i membri dell’ONU. Con la sovranità della Tunisia e del suo popolo non si
scherza. Questa non è un affare internazionale, lo vogliono internazionalizzare
ma è una pura questione tunisina. Le tunisine e i tunisini sono gli unici
tenuti a dare una soluzione, da se stessi, senza l’ingerenza di nessuna altra
parte. Ci sono tanti altri testi e accordi internazionali che vanno in questo
senso della non ingerenza degli affari interni. Che cosa vuol dire che si mette
all’ordine del giorno dei parlamenti esteri la situazione in Tunisia? Certo noi
possiamo cooperare e continuare a cooperare, con la buona volontà, ma questa
cooperazione anche se siamo un Paese piccolo deve essere fatta nel pieno
rispetto della sovranità nazionale e della sovranità del popolo tunisino. Con
la grazia di Dio apriamo questa seduta per costruire un nuovo futuro per la
Tunisia, basato su una vera democrazia, non su quella di facciata. Quando c’era
una democrazia di facciata affluivano i telegrammi di congratulazioni delle
capitali estere, in occasione delle elezioni che sapevano bene che erano
truccate (2011, 2014, 2019). E adesso queste capitali ci rimproverano per non
aver fatto il governo! (…)
Noi stiamo solo applicando dei provvedimenti eccezionali, ci dicono che è un
colpo di Stato, mentre sanno bene che l’articolo 80 è costituzionale. La
Costituzione ce lo permette. Abbiamo usato questo articolo e preso questi
provvedimenti eccezionali per salvare lo Stato quando loro volevano far cadere
lo Stato. Conosco benissimo i piani che avevano preparato in accordo con certe
capitali straniere (Saied si riferisce ad alcuni attentati alla sua persona
sventati dai servizi tunisini). Noi siamo solo per la Tunisia e moriremo per la
Tunisia. Ma non ci getteremo nelle braccia di nessuno. Conserveremo la nostra
indipendenza fino all’ultimo battito di cuore, fino all’ultimo respiro>>.
Il video del discorso originale:
https://www.facebook.com/watch/?extid=NS-UNK-UNK-UNK-IOS_GK0T-GK1C&v=1828412500664531
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21579-michelangelo-severgnini-quella-simpatia-del-manifesto-per-gli-oppressori-in-nord-africa.html
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