Cito di
seguito i dati dell’Istituto Superiore della Sanità usciti in data 13
novembre 2021.
Premetto di
essere oramai assai incline a diffidare di qualsivoglia dato di provenienza
governativa, viste le reiterate manipolazioni cui abbiamo assistito, tuttavia
per amore della discussione, e nel tentativo di fornire un ragionamento pacato,
provo ad accogliere momentaneamente i dati forniti prendendoli per buoni.
1) Totale
popolazione con più di 12 anni: 54.009.942
• Non
vaccinati: 8.302.865 (15,4%)
• Vaccinati
con ciclo incompleto: 2.538.614 (4,7%)
• Vaccinati
con ciclo completo: 42.873.744 (79,4%)
• Vaccinati
con la terza dose: 294.719 (0,5%)
• Vaccinati
totali: 84,6%
Se
includiamo, come doveroso, nei non vaccinati i minori di 12 i rapporti sono
dunque circa: 25% di non vaccinati vs. 75% di vaccinati.
2) Totale
nuovi casi positivi negli ultimi 30 giorni: 95.950
• Non
vaccinati: 40.182 (41,9%)
• Vaccinati
con ciclo incompleto: 3.466 (3,6%)
• Vaccinati
con ciclo completo: 52.016 (54,2%)
• Vaccinati
con terza dose: 286 (0,3%)
Dunque il
25% di non vaccinati presenta il 41,9% di contagi, mentre il 75% di vaccinati
rappresenta il 58,1% di contagi. Questo basta a dire che il vaccino serve un
po’ a ridurre i contagi, ma non in maniera decisiva. Se il vaccino non servisse
a nulla avremmo i contagi dei vaccinati al 75%, invece essi appaiono inferiori
di 17 punti percentuali. È qualcosina. Ma è anche qualcosa di immensamente
lontano dalla narrazione sugli “untori” da una parte contro gli “immuni”
dall’altro, che risulta essere semplicemente una fiaba diffamatoria.
Nel
complesso, naturalmente, essendo molti di più i vaccinati (e circolando più
liberamente) per ogni singolo contagio che ha oggi luogo è molto più probabile
che esso sia stato provocato da un vaccinato che da un non vaccinato. Tuttavia,
vaccinarsi sembra servire un po’ a limitare i contagi.
3) Totale
decessi negli ultimi 30 giorni: 772
• Non
vaccinati: 361 (46,8%)
• Vaccinati
con ciclo incompleto: 27 (3,5%)
• Vaccinati
con ciclo completo: 384 (49,7%)
Dunque il
25% di non vaccinati presenta il 46,8% di decessi, mentre il 75% di vaccinati
presenta il 53,2% di decessi. Anche qui abbiamo ragioni per dire che il vaccino
dà un po’ di copertura rispetto a rischio di morte. Se non desse alcuna
copertura il numero dei decessi tra i vaccinati sarebbe il 21,8% più alto.
Dunque è una buona notizia che il vaccino non sia inutile. Ma da qui alla
narrazione che “chi non si vaccina muore e fa morire” siamo lontani parsec.
Da questo
quadro che più ufficiale non potrebbe essere dovremmo trarre, credo, alcune
sobrie e semplici conclusioni (questo almeno, se fossimo ancora in un paese
capace di ragionare).
1) Lasciando da parte ogni
questione relativa agli effetti collaterali avversi (tema che dovrebbe essere
affrontato con trasparenza, mentre è trattato con opacità e omissività) questi
dati dicono che i vaccini un ruolo nel contenimento della pandemia possono
giocarlo, sia sul piano dei contagi che dei decessi. Questa è una buona cosa.
2) I vaccini tuttavia non sono
nelle condizioni né di bloccare i contagi né di azzerare i decessi. Non vanno
neanche vicino a questi obiettivi. Anche se vaccinassimo il 100% della
popolazione questa non sarebbe una strada che conduce a lasciarsi dietro le spalle
il problema Covid una volta per tutte. Caricarla di questa valenza è una
stupidaggine assai nociva.
3) Una strategia sensata di
riduzione del danno dovrebbe ragionevolmente abbinare a somministrazioni
vaccinali mirate ai soggetti più fragili, l’impegno terapeutico precoce (a
tutt’oggi vergognosamente trascurato) per giungere ad un’endemizzazione morbida
del virus. La provata maggiore durata dell’immunità da guarigione consentirebbe
di approssimare quell’immunità di gregge che la sola campagna vaccinale non può
neanche sfiorare. Non attrezzarsi adeguatamente, al meglio delle conoscenze
attuali, sul piano terapeutico è irresponsabile.
4) Ogni isteria mediatica, ogni caccia
all’untore, ogni pratica ricattatoria per forzare alla vaccinazione, ogni
campagna volta alla ricerca di un nemico interno per distrarre dalle
disfunzioni e dai fallimenti della strategia governativa sulla pandemia
dovrebbe essere immediatamente abbandonata ad ogni livello.
Chi insiste
in questa direzione socialmente divisiva se lo fa, lo fa per ragioni che niente
hanno più a che fare con motivazioni sanitarie. Chi lo fa, dunque, si assume
una grave responsabilità verso il paese perché i danni della spaccatura sociale
creata sono già ora molto più gravi e duraturi di qualunque danno il virus sia
ancora in grado di produrre.
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