Yanis Varoufakis aveva annunciato che avrebbe presto pubblicato le
registrazioni fatte durante le riunioni dell’Eurogruppo del 2015 che si sono
“occupate” della gravissima crisi greca, iniziata nell’autunno 2009, a poca
distanza dall’esplosione di quella globale cosìdetta “dei subprime”. E lo ha
fatto, il 18 marzo scorso.
Varoufakis ha detto di avere preso la decisione di pubblicare quei
documenti in seguito alla recente decisione del governo greco di adottare
ulteriori misure di “austerity” tra le quali, addirittura, l’esproprio delle
prime case (prima del 2015 l’85% dei greci aveva una casa di proprietà, più o
meno come in Italia) giustificando le nuove misure di inasprimento con “la
sua (di Vaorufakis n.d.r.) irresponsabilità e il suo atteggiamento
nei confronti dei partner europei proprio durante la crisi del 2015”.
Nel 2018 avevamo già cercato di illustrare, dati alla mano, come la Grecia
fosse stata ridotta alla fine del terzo “programma di salvataggio” impostole
dalla Troika e dalla UE: in cambio di tre “piani di aiuto” (289 miliardi
concessi a tassi d’interesse usurai, con piani di rientro infiniti), dal 2010,
sono state applicate al paese le riforme draconiane chieste dall’Unione Europea
e dal Fondo Monetario Internazionale.
Ebbene, quelle misure hanno distrutto il già malmesso welfare greco
e messo in svendita gli asset strategici del paese, facendo precipitare la sua
popolazione nella miseria più nera e facendo crescere di sette volte la povertà
dei suoi abitanti, al punto che molti osservatori internazionali parlano ormai
apertamente, da tempo, di una grave crisi umanitaria in atto in quel
paese. [1]
E tutto ciò per salvare le banche tedesche e francesi e per salvaguardare
il sistema dell’euro. Un sistema che funziona solo con austerity,
svalutazione del cambio, danni alle esportazioni. Un sistema perverso, in cui i
vantaggi e gli svantaggi vengono ripartiti, senza alcuna equità e giustizia,
tra creditori e debitori .
I principali mezzi di comunicazione “ mainstream“, proprio ad
autunno 2018, annunciavano, all’unisono, che “la Grecia era uscita dalla crisi
grazie ai piani di aiuto e di salvataggio”. Una narrazione insostenibile dato
che l’economia greca è praticamente distrutta, le condizioni di vita
infinitamente peggiori, gli asset di pregio svenduti e
passati sotto il controllo straniero mentre il tanto demonizzato “debito” ha
continuato a crescere ed ora è di gran lunga più alto.
Inevitabile che andasse così dal momento che, in nome degli assiomi
teologici e delle regole astratte della più feroce ideologia ordoliberista, non
si accetta e non si continua ad accettare di fare i conti il principio di
realtà che, nel caso greco, ci dice,senza mezze misure, che, al netto di tutte
le altre considerazioni, la Grecia non potrà mai ripagare i debiti contratti
alle condizioni che le sono state imposte, neanche tra 100 generazioni.
A maggior ragione, questa verità diventa ineludibile oggi, a seguito della
più grande crisi mondiale dalla fine della seconda guerra mondiale: quella
causata dall’esplosione della pandemia da Covid-19.
Yanis Varoufakis, dunque, lo aveva annunciato e non si è fermato nemmeno di
fronte nemmeno alla crescita dell’emergenza da coronavirus. E
a marzo ha pubblicato, sul sito ufficiale del movimento politico da egli stesso
fondato, DIEM 25, gli “EuroLeaks”, ovvero, registrazioni audio e trascrizioni
delle riunioni riservate dell’Eurogruppo. svoltesi da gennaio a luglio 2015,
alle quali aveva partecipato in qualità di ministro delle Finanze del governo
greco, il primo presieduto da Alexix Tsipras.
In quel semestre il governo greco, aveva cercato di salvare il salvabile
del mandato elettorale ricevuto il 25 gennaio del 2015 [2], provando
a rinegoziare i termini dell’accordo con la Commissione Europea e le
istituzioni finanziarie internazionali sulla ristrutturazione del debito greco.
Già da qualche anno, Atene era nelle mani della Troika con risultati
disastrosi, quando Syriza vince le elezioni e Alexis Tsipras diventa primo
ministro. Siamo all’inizio del 2015 e lo stesso Fondo Monetario Internazionale
aveva ammesso che l’ austerity, in Grecia, aveva peggiorato la
già grave situazione in cui versava il paese. E così il governo greco aveva
chiesto di allentare la morsa della Troika e delle sue continue richieste di
tagli su tagli ad un paese già in ginocchio.
Non gli basterà l’inattesa e sponda del FMI: troveranno un muro.
Sarà il presidente della BCE, Mario Draghi(lo stesso che molti – in primis il
PD – vorrebbero ora alla guida del governo italiano)a pronunciare il
suo niet con queste dure parole ” Ci aspettiamo
nei prossimi giorni dichiarazioni molto chiare[…]che non ci saranno iniziative
per allentare la stretta fiscale e che non ci sarà nessuna moratoria per la
vendita all’ asta” delle prime case o qualunque altra restrizione che renda
difficile per le banche lavorare sugli Npl”[2] .
E sarà, ancora Mario Draghi, a stretto giro di ruota , a precisare che le
misure “molto, molto urgenti” che la Grecia avrebbe dovuto
applicare in cambio degli ‘aiuti’ erano riforme miranti ad una maggiore
flessibilità del lavoro ed a un’ulteriore revisione del sistema
previdenziale(ovvero, altri tagli alle pensioni). ”
Innazitutto, Varoufakis non accettava le durissime condizioni imposte alla
Grecia per concederle gli ulteriori “pacchetti di aiuto e salvataggio” miranti
esclusivamente – ed esplicitamente – si alla ricapitalizzazione delle banche
private ma al solo fine di ottenere un giroconto a favore degli istituti
francesi e tedeschi, loro creditori.
In particolare, il pacchetto n. 3 avrebbe introdotto il colpo di grazia
alla già dissanguata Grecia con una richiesta di avanzo primario al 3,5% del
PIL; un inasprimento delle regole del mercato del lavoro; altri sanguinosi
tagli ai servizi pubblici; nuovo e più pesanti tagli alle pensioni
e, dulcis in fundo, un inasprimento delle tasse.
Negli Euroleaks, ci sono le sconcertanti dichiarazioni
private dei ministri dell’Economia dell’Eurozona che ondeggiano tra una
incredibile indolenza ed uno spietato accanimento contro la Grecia in nome di
quello stesso dogma che la stava già mettendo sul lastrico: l’austerity.
C’è ad esempio, l’allora Commissario europeo per gli affari economici e
monetari della “Commissione Juncker”, Pierre Moscovici, che chiede ai rappresentanti
greci di fargli il punto sui pignoramenti delle prime case ai debitori e sulla
loro vendita all’asta: “abbiamo visto poca ambizione, in alcune riforme
chiave come quella del mercato del lavoro, delle pensioni, o la moratoria sulle
aste immobiliari”.
Una misura che, Tsipras, non ha mancato di applicare subito dopo le
dimissioni di Varoufakis e il varo del suo secondo governo.
In quei mesi, la Grecia continua a fare proposte ed a trattare con la
Troika a Bruxelles, non ottenendo, però, alcun risultato. Il capo dei falchi,
il tedesco Wolfgang Schäuble dirà: “Finché i tecnici della Troika
non torneranno ad avere accesso ai ministeri, il messaggio al popolo greco
andrà nella direzione sbagliata […] I due piani di salvataggio precedenti, dice
Berlino, non possono essere modificati […] Qualunque cosa vogliate
cambiare io sarei vincolato dalla legge tedesca – dice Schäuble – e dovrò
sottoporla al Parlamento”.
Per piegare i due greci riottosi, si passa poi alle minacce esplicite.
Il 18 giugno qualcuno chiede a Benoît Curé della BCE, “apriranno
le banche greche domani?”. Risposta: “Domani sì, lunedì
non so”.
Sarà il finlandese Stubb a chiudere definitivamente le trattative,
supportato dal collega lituano Adzius, che afferma duro: “la Grecia vive al
di sopra delle sue possibilità: quel che sta accadendo non è una tragedia, ma
un naturale aggiustamento”.
Il referendum consultivo sull’accettazione del pacchetto di aiuti alla
Grecia del 5 luglio 2015 fu contestato dall’allora ministro dell’Economia
italiano, Pier Carlo Padoan, che giunse persino a rivolgere, nei
confronti di Varoufakis, velate minacce sulle conseguenze del rifiuto del
pacchetto da parte della popolazione ellenica: “intendi
illustrare ai greci le conseguenze dell’esito del referendum, quale esso sia, o
pensi di dire che con il referendum si risolva tutto?”.
Tante e durissime furono le pressioni nei confronti di Varoufakis al punto
che l’ex ministro delle finanze greche arrivò a dichiarare: “Quello
che stanno facendo con la Grecia ha un nome: terrorismo. […] Perché ci hanno
costretto a chiudere le banche? Per instillare la paura nella gente. E quando
si tratta di diffondere il terrore, questo fenomeno si chiama terrorismo. Ma
confido che la paura non vinca”.
Intanto, al referendum del luglio 2015, il “NO” fu votato dalla maggioranza
schiacciante del popolo greco (61%), ma dato che Tsipras si era mostrato
comunque favorevole ad un accordo con la UE, Varoufakis si dimise.
Di certo, la volontà popolare dei greci, fu totalmente ignorata e dall’orgoglio
e l’entusiasmo che il popolo ellenico aveva riscoperto e trasmesso ellenico in
tutto il mondo, si passò, nel giro di pochissimo tempo, alla delusione ed alla
rabbia per il tradimento consumato.
Nel corso degli ultimi anni, la disoccupazione è salita al 27,5% (quella
giovanile sfiora il 60%) contro una media dell’8,3% nella zona euro; mentre il
potere di acquisto dei greci è sceso di dieci volte mentre lavoratori e
pensionati, per sopravvivere, si stanno indebitando fino al collo.
L’emigrazione è arrivata al 31% ed, a causa dei sanguinosi tagli alla sanità
pubblica, milioni di persone non hanno più accesso alle cure. La mortalità è in
costante aumento compresa, purtroppo, quella infantile.
Dieci anni di “aiuti” hanno ridotto la Grecia così.
Ma perchè Varoufakis ha deciso di pubblicare quelle registrazioni proprio
ora, a cinque anni di distanza dai fatti? Da più parti è stata ascritta all’ex
ministro greco e leader di Dem25 l’intenzione di respingere le accuse
rivoltegli, sia dall’attuale governo greco che da Syriza, i quali lo hanno
incolpato, all’unisono (!), per le durissime condizioni che Bruxelles ha
imposto al Paese.
Gli ha risposto così Varoufakis, in un’intervista concessa a Jacobin
Italia, l’11 aprile scorso : “Lascia che ti dica da dove vengo. La
Grecia è un Paese la cui popolazione era a terra già da prima che il
Coronavirus si diffondesse. Abbiamo visto un nuovo governo neoliberale di
ultradestra, nazionalista e xenofobo, introdurre una legislazione che, con
certezza matematica, aumenterà seriamente il malcontento e la miseria della
popolazione. A dicembre hanno approvato un disegno di legge che vende la
maggior parte dei prestiti in sofferenza e dei mutui a fondi di avvoltoi,
principalmente dagli Stati uniti e alcuni dall’Europa. È inoltre in procinto di
iniziare una sequenza di sfratti. Quando sentite il ministro delle Finanze
presentare quel disegno di legge, cercando di difenderlo sulla base di
distorsioni di quanto accadeva in quelle riunioni dell’eurogruppo – in cui io
rappresentavo la Grecia – penso che, se foste al mio posto, fareste lo stesso
anche voi. Non per regolare i conti, ma esattamente il contrario: per svelare
le menzogne e le notizie false che trapelavano da quegli incontri. Per evitare
che nuove politiche vengano legiferate contro gli interessi delle persone più
deboli e di innocenti che sono ancora bersaglio delle liquidazioni.”
Gli “EuroLeaks” ovvero, gli audio e le trascrizioni delle riunioni
riservate dell’Eurogruppo a cui Yanis Varoufakis ha partecipato in qualità di
ministro delle Finanze del governo greco di Alexis Tsipras, dal gennaio al
luglio 2015, li trovate al link:
Leggeteli presto, prima che li facciano sparire.
Note:
[1]” Grecia. La Troika se ne va, ma lascia dietro di sé un paese
distrutto e alla fame” di Sergio Scorza, da Contropiano del 20/08/2018
[2] Il 25 gennaio 2015 Syriza (in una lista unitaria con i Verdi
Ecologisti) vince le elezioni, imponendosi come primo partito e ottenendo il
36,3% dei voti
[3] (Non Performing Loans) crediti deteriorati: sono crediti delle banche
che i debitori non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto. Si tratta
in pratica di crediti delle banche per i quali la riscossione è incerta sia in
termini di rispetto della scadenza sia per l’ammontare dell’esposizione di
capitale
[4] «L’Ue ripete gli errori commessi dopo il 2008», Loren
Balhorn intervista Yanis Varoufakis
, da Jacobin Italia del 11/04/2020
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