un romanzo palestinese (tradotto da Monica Ruocco) sulla memoria e sulla storia (di quello che è stato e di quello che è).
nella prima parte gli assassini dell'esercito israeliano (l'esercito più morale del mondo, si autodefiniscono quei maledetti sinvergüenza) massacrano in tutti i modi possibili una ragazzina palestinese nel deserto del Negev, nel 1949.
dopo qualche decennio, ai tempi nostri, una ricercatrice palestinese cerca di investigare su quella storia, per ricostruire cosa è successo, magari solo per dare un nome a quella ragazzina.
e inizia la via crucis dei check point, della distruzione della Palestina colonizzata e martirizzata, fra permessi, mitra spianati, oppressione quotidiana, con l'unico aiuto di due mappe, quella della Palestina che era e quella dello stato coloniale e occupante.
come va a finire lo saprete da soli, leggendo e soffrendo fino all'ultima riga.
Questa storia inizia durante
l’estate del 1949, un anno dopo la guerra che i palestinesi chiamano Nakba, la
catastrofe – che ebbe come conseguenza l’esodo e all’espulsione di oltre
700.000 persone – e che gli israeliani celebrano come la Guerra d’indipendenza.
Alcuni soldati israeliani attaccano un gruppo di beduini nel deserto del Negev,
uccidendo tutti tranne un’adolescente. La ragazza viene catturata, stuprata,
uccisa e sepolta nella sabbia. Molti anni dopo, ai giorni nostri, una donna di
Ramallah prova a decifrare alcuni dettagli che aleggiano attorno a
quell’omicidio. È colpita da quel delitto a tal punto da trasformarlo in
un’ossessione, non solo a causa dell’efferatezza del crimine, ma perché è stato
commesso esattamente venticinque anni prima il giorno in cui è nata.
Adania Shibli sviluppa magistralmente due narrazioni che si sovrappongono e, in
trasparenza, evocano un presente che non può prescindere da ciò che è stato.
Con una prosa tagliente e inquietante, Un dettaglio minore va
al cuore di un’esistenza segnata dall’annullamento e dalla privazione di sé,
com’è la vita nella Palestina occupata, rivelandoci quanto sia ancora difficile
riunire i frammenti di una narrazione rimasta troppo a lungo nascosta nelle
pieghe della storia.
Traduzione di Monica Ruocco.
Due parti. Una ambientata nel 1949 molto cruda, durante il
conflitto Israelo palestinese. Una ai giorni nostri, meno cruda ma più tesa e
con finale shock. Ottimi i collegamenti e i rimandi tra le due parti. Non è un
libro da spiaggia, ecco.
È dei particolari che raramente si parla
quando si affronta la condizione dei palestinesi in Israele, nei Territori
Occupati e a Gaza.
Eppure, i dettagli sono essenziali per
capire cosa significhi vivere sotto occupazione, farsi un’idea chiara del
livello di fallimento dei negoziati di pace,
per leggere intero il quadro ideato e pianificato dall’occupante.
Solo i particolari possono mostrare a noi,
lontani, quello che è più difficile da capire: come avviene che la straordinarietà si converta in quotidianità, come
accade che il modo di vivere e persino quello di pensare siano trasformati,
piegati giorno dopo giorno alla consuetudine della sopraffazione, delle
ingiustizie e della violenza.
Adania Shibli con “Un dettaglio minore”, finalista al National Book
Awards 2020, ci mostra questi particolari, portandoci a spasso tra il
passato e il presente, tra i luoghi che esistevano e
non ci sono più, cancellati persino i nomi e chiuse da cubi di
cemento le strade di ingresso. Tutto comincia da una storia del 1949 nel Negev…
Che cos’è un
“dettaglio minore”? In psicoanalisi è ciò che può schiudere l’universo
dell’inconscio individuale, la feritoia da cui entra la lama di luce, il punto
d’accesso al non dicibile.
In storia, come affermava la narratrice e storica algerina Assia Djebar, è proprio il dettaglio minore a rivelare, riportandolo alla coscienza, l’ineffabile, il rimosso, ciò che è stato sepolto per sempre. Djebar parlava del lutto delle donne algerine, murate nel sudario del silenzio e di un’amnesia imposta e autoimposta. Per loro il dettaglio minore poteva essere un cucchiaino di latta ritrovato nella cenere di un bivacco del maquis. Quel cucchiaino, veicolo materiale di una memoria affettiva soffocata e tuttavia non spenta, poteva fare da esca al ricordo, all’espressione del lutto, al pianto, al dolore che, verbalizzato, libera e restituisce il respiro.
Nella critica d’arte il dettaglio minore, il nonnulla che sfugge all’osservazione perché apparentemente insignificante, è quello che permette di distinguere il falso dall’originale, la copia dal quadro autentico. L’evidenza, in altre parole, tradisce la verità, distrae, distoglie, semplifica invitando lo sguardo a posarsi qui e non lì, a non fare connessioni, a non interrogarsi. L’unghia o il lobo dell’orecchio – ricordate Freud, Morelli e la nascita del paradigma indiziario? – può dire di ciò che è ed è stato più di un volto e la corteccia di un albero più di un intero paesaggio.
La scrittrice Adania Shibli, di origini beduine e palestinese “dell’interno” – come sono chiamati i discendenti dei palestinesi che nel 1948 rimasero a vivere nel neonato stato di Israele, stranieri o cittadini di minor grado nella loro terra – ha intitolato così, Un dettaglio minore, il suo nuovo romanzo (tradotto dall’arabo, con acutezza visiva e acustica, da Monica Ruocco, La Nave di Teseo 2021). Mettendo a tema, fin da quel fuori testo che è il titolo di un’opera, la natura e il movente della sua narrazione: una ricostruzione innescata da un’identificazione e da un impulso “narcisistico” a connettere, fondata su prove non rappresentative, bensì indiziarie…
1948. A pochi anni dalla seconda guerra mondiale e dall’Olocausto, il
Mediterraneo è scosso da un nuovo deplorevole conflitto: ha inizio la
guerra di Nakba o Guerra per l’indipendenza d’Israele.
2021. Adania Shibli scaglia una
pietra contro le coscienze del mondo e sceglie di riportare alla
luce una scomoda verità, per chi non
sa o per chi fa finta di non sapere.
La scrittrice affronta di petto le
logiche della politica, il chiacchiericcio di chi argomenta
del più e del meno durante l’attesa in ristorante ritenendo di sapere sempre tutto. Del
parere intellettualoide di chi vive i mali del
mondo stando comodamente seduto sul divano di casa o di chi si nutre
delle notizie attraverso lo schermo di un televisore.
La Shibli prende carta e penna e descrive in modo
crudo il classico particolare imbarazzante delle azioni
belliche, quello che deve essere tenuto nascosto
e che viene definito, nel gergo comune, col nome di “effetto collaterale”.
“Un dettaglio minore” è un romanzo duro. Come altri
testi di cronaca di guerra rende partecipe il lettore della
ferocia dell’uomo, del suo senso
egoistico e della sua mancanza di pietà…
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