La crisi della democrazia rappresentativa, da noi e non solo, è evidente. E
per rendersene conto non c’era bisogno del minuetto tra Capo del Governo e Capo
dello Stato, con tutto il dovuto rispetto per entrambi, per il Capo dello Stato
in particolare, diventato per alcuni giorni ostaggio della Gondrand.
Nella crisi di gennaio ci sono stati
momenti da Commedia dell’Arte, soprattutto tra i cosiddetti partiti e il tourbillon dei
presunti candidati. Particolarmente gustosa la sequenza con Maria Elisabetta
Alberti Casellati, presidente del Senato. E il tutto è sembrato un
grottesco remake del mitico film di Sergio Corbucci, Gli
onorevoli (quello con Totò che col megafono esorta dalla finestra i
condomini a votarlo: “Vota Antonio! Vota Antonio!”).
Il bene comune e la sovranità popolare non sono più la stella polare,
spodestati dalla governance, letteralmente: amministrazione,
gestione; in soldoni: il management ormai totalitario e globale, vero padrone
del mondo. Come diceva il compianto Predrag Matvejević, viviamo in
“democrature”: della democrazia è rimasta la buccia o, se si preferisce, la
forma in cavo.
Lo sa bene Luciano Canfora, che ogni tanto abbandona gli studi classici per
scrivere lucidissimi pamphlet politici: a La scopa di don Abbondio,
del 2018 e ora ristampato, fa seguito La democrazia dei signori (entrambi
Laterza). Pamphlet per struttura e vivacità d’analisi; in realtà testi
utilissimi per inquadrare il disastro contemporaneo, italiano e globale.
Nel primo testo di capitolo in capitolo, apparentemente ciascuno autonomo,
si sviluppa una sintetica filosofia della storia, e in appendice è riportato
anche un breve straordinario discorso che nel 1948 Thomas Mann tenne negli USA
denunciando il fascismo americano: non quello caricaturale, sbeffeggiato
dai Blues Brothers o da Peter Sellers ne Il dottor
Stranamore, ma quello vero, paranoico, dei tanti che accusavano Roosevelt
“di far parte di un gigantesco complotto per vendere la nostra democrazia ai
comunisti.” Non ci siamo spostati di molto… basta pensare al “democratico”
Biden e al suo sereno e confuso tradimento degli accordi tra Kissinger e
Gorbacev sulla Nato e sull’autonomia degli Stati europei ex sovietici, Ucraina
inclusa (dovevano restare fuori dalla Nato, che si auspicava non avesse col
tempo più ragion d’essere). Accordi menzionati più volte in articoli e libri
anche da quel noto trinariciuto che è l’ambasciatore Sergio Romano… e ribaditi
dagli accordi di Minsk del 2014 e del 2015. Accordi su accordi, tutti inevasi
dall’Occidente, e ora siamo sull’orlo di una guerra epocale. Se così, col
rinforzo della crisi ecologica la frittata è fatta e non se ne parla più (ma i
supermiliardari si stanno già premunendo di rifugi extraterrestri.)
Pagine di straordinaria lucidità Canfora dedica anche al disastro
della sinistra italiana, alla sua “disintegrazione mentale e pratica”, alla sua
conversione “al più acceso liberismo in economia e al ‘liberalismo’ in
politica.” Fino alla conclusione: “Non resta più nessuno; e quella larva di
formazione politica che viene chiamata, in modo insapore, ‘partito democratico’
è abitata da figure della più diversa o nulla provenienza: pervase da pulsioni
e rivalità di tipo meramente personalistico. (…) Peraltro sembra essere un
tratto comune dei partiti politici quello di defungere senza possibilità di una
seconda vita.” (La scopa di don Abbondio, pp. 57-58) E infatti
ormai impera la governance, “pseudo-concetto grazie al quale è
stata mandata in soffitta la sovranità popolare” (ibidem, p.34,
dove si cita anche il saggio del canadese Deneault che nel suo Governance,
Neri Pozza, “fa a pezzi il management totalitario”.) La gestione sostituisce la
politica, e Draghi il 2 settembre 2021 può annunciare tranquillamente (“Com’è
buono lei” direbbe Fantozzi): “I partiti svolgano pure il loro dibattito. Il
governo va avanti.”
Se ne La scopa di don Abbondio Canfora intreccia di capitolo
in capitolo una sorta di filosofia della storia, nel recente La
democrazia dei signori denuncia apertamente lo stallo attuale. Intoppo
pantografato dal caso-limite di Mario Draghi, calato dall’alto, imposto al
Parlamento e giudicato direttamente trasferibile al Quirinale (Ciampi fu eletto
alla presidenza della Repubblica 5 anni dopo esser stato Presidente del
Consiglio.) Come fece notare Domenico Cella, presidente dell’Istituto De
Gasperi citato a p.7: “un governo del presidente esorbita dalla cornice, oltre
che dal senso, del nostro ordinamento costituzionale.” E così “il governo
Mattarella-Draghi (…) costituisce un tornante nella storia politica italiana.”
(p.9) Detto in soldoni: un commissariamento dei partiti. Figuriamoci poi anche
il ritorno di Mattarella a furor di popolo. E, nonostante tutto, meno male che
è tornato, vista l’impasse in cui il sistema era caduto.
Ma indipendentemente dalle nostre peripezie nazionali, comunque sempre
condizionate dalla situazione globale, in entrambi i volumi Canfora analizza
lucidamente e sinteticamente la situazione globale, richiamando anche qualche
preveggente spunto marxista, a partire da una lettera di Marx a Engels in cui
Marx scrive (l’8 ottobre 1858!) : “Il compito vero della società borghese è
l’instaurazione del mercato mondiale (…). Poiché il mondo è rotondo, questo
processo sembra essere arrivato a conclusione con la colonizzazione della
California e dell’Australia e con l’apertura al commercio della Cina e del
Giappone.” (La scopa di don Abbondio, p.37) E si arriva così
all’attuale controllo economico-politico-militare di buona parte del pianeta,
ai ricatti verso chi non si piega al sistema, alla devastazione ecologica in
nome del decantato sviluppo (ma a vantaggio di chi?), al “progressivo
avvicinamento tra le forze politiche un tempo portatrici di programmi ben
diversi e visioni del mondo radicalmente contrapposte” (La democrazia dei
signori, p.66), quando diventa difficile distinguere tra un Minniti e un
Salvini e si concretizza un “partito unico articolato” (ibidem, p.27)
mentre “la dilatazione abnorme dell’istituto regionale” ha prodotto “un
contropotere paralizzante e caotico”. (ibidem, p.29)
Si potrebbe continuare a lungo con citazioni da questo breve ma documentato
e argomentato “report” sull’anomala situazione italica, sostanzialmente più o
meno simile a quella della Grecia di alcuni anni fa ma con diversa importanza
nel sistema, e sotto ricatto dell’Europa, con mass-media, quotidiani compresi,
servi volontari di poteri forti internazionali prima ancora che locali. Il
sistema è compatto, la catastrofe ambientale è arrivata all’ultimo miglio,
l’Atlantico non è più il perno del mondo (e le prepotenti intemperanze
statunitensi lo confermano): motus in fine velocior…
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