Sono ormai
numerosi e incontrovertibili i riscontri che dimostrano che il presunto
documento venezuelano del 2010 - tanto strombazzato per accusare una persona
deceduta di aver preso soldi da un altro morto (vecchia tecnica mafiosa per
screditare e depistare) - è un clamoroso e grossolano falso, fabbricato in modo
pedestre: timbri che nel 2010 non potevano esistere, ministeri che nella loro
carta intestata mettono un nome che non avevano e altri anacronismi che gettano
un immenso discredito sul quotidiano spagnolo ABC e su chi lo riprende
acriticamente.
Già questo
basterebbe e avanzerebbe a una redazione onesta per titolare più o meno così:
"Giornale spagnolo pubblica una bufala per accusare il M5S". Un
giornalista scrupoloso ci mette due minuti: se il ministero venezuelano ha un
nome ufficiale diverso, quel documento non ha nemmeno il grado zero
dell'attendibilità. Fine della discussione. E se un documento è un evidente
falso, chi lo ha confezionato ha commesso un reato, mentre chi lo ha diffuso
sui media (senza fare il semplice mestiere del cronista che verifica le fonti)
è un falsario di un livello più ipocrita e più cinico, è un vice-maggiordomo
più attento a compiacere i propri padroni che a cercare la semplice verità.
Alla
locomotiva dei giornali che titolano "ombre sul M5S" si attaccano i
vagoni dei politici che ripetono a pappagallo: "vorrei credere che sia una
fake news ma il M5S deve fare chiarezza".
Sarebbe
fantastico confezionare con Photoshop (e vi assicuro che lo so fare) un
documento in russo che descrive una consegna di 3,83 miliardi di rubli in
banconote di piccolo taglio da consegnare a qualche parlamentare leghista e
poi, una volta diffuso il documento, metterci tutti a strepitare che i leghisti
devono fare chiarezza. Che poi 3,83 miliardi di rubli, al cambio di oggi,
varrebbero 49 milioni di euro. Ma quella è un'altra storia.
Oppure
potrei fabbricare una lettera finta di qualche petromonarca del Golfo che descrive
una mirabolante dazione in Rolex e diamanti a Matteo Renzi in cambio di una sua
buona parola per qualche speculazione immobiliare. Che figata poi chiedere
un'inchiesta sulla base di questa patacca, girando tutti gli studi televisivi
con lo spandiletame alla massima potenza.
Succede
anche che i direttori dei giornali intossicati dalla propria narrazione si
salvino l'anima lasciando scrivere un pezzo a quel loro redattore bravo, quello
che scrive che il documento non convince per questa e quella ragione ben
spiegata. Ma il pezzo del giornalista coscienzioso ha un taglio basso,
invisibile, sommesso e sommerso dal rumore di fondo che solo conta nella testa
dei padroni editoriali: quel titolone a tutta pagina che divora ogni testo,
prevarica sulla percezione, dà l'impronta a milioni di lettori, bombardati
ovunque dalla rassegna stampa che ripete la bufala con il ritmo persuasivo di
una pubblicità. Il prodotto da vendere è: "il M5S è sporco". Se lo
dicono "tutti", qualcosa sarà vera, e lo "spin", cioè
l'effetto mediatico che fa girare tutta la giostra intorno alla notizia del
giorno, ha raggiunto il suo effetto.
Come
corollario nessuno legge le nostre vere posizioni sul Venezuela, che hanno
trascinato il governo a una posizione equilibrata anziché ripetere gli errori
di altri governi su Iraq, Libia e Siria.
Così ci
vedono come tifosi. Proiezione freudiana: abbiamo un giornalismo fatto
esattamente di tifosi, che non sanno più descrivere le partite vere sul campo,
ma solo il loro mondo da hooligan del sottobosco politico, dentro i loro
pastoni retroscenisti che ormai sapremmo scrivere in automatico. E oggi non
sanno nemmeno distinguere uno scoop da un foglietto che qualunque ragazzino di
terza media sgamerebbe al volo.
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