giovedì 29 luglio 2021

Pegasus, questione di morte

 


“Pegasus Project”: ecco come lo spyware dell’azienda israeliana NSO Group è usato contro attivisti, giornalisti e leader politici nel mondo

 

Secondo un’indagine che ha riguardato 50.000 utenze telefoniche divenute pubbliche e oggetto di potenziale sorveglianza – tra cui quelle di capi di stato, attivisti, giornalisti e i familiari di Jamal Khashoggi -, lo spyware “Pegasus” dell’azienda israeliana NSO Group è usato per facilitare violazioni dei diritti umani a livello globale e su scala massiccia. 

Il “Pegasus Project” nasce dalla collaborazione tra oltre 80 giornalisti di 17 mezzi d’informazione di 10 paesi, sotto il coordinamento di “Forbidden Stories”, un organismo senza scopo di lucro che ha sede a Parigi, con l’assistenza tecnica di Amnesty International che ha analizzato i telefoni cellulari per identificare le tracce dello spyware.

“Il ‘Pegasus Project’ rivela come lo spyware della NSO Group sia un’arma a disposizione dei governi repressivi che vogliono ridurre al silenzio i giornalisti, attaccare gli attivisti e stroncare il dissenso, mettendo a rischio innumerevoli vite umane”ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Queste rivelazioni smentiscono le affermazioni della NSO Group secondo cui questi attacchi sono rari e frutto di un uso improprio della sua tecnologia. L’azienda sostiene che il suo spyware sia usato solo per indagare legalmente su criminalità e terrorismo, ma è evidente che la sua tecnologia facilita sistematiche violazioni dei diritti umani. Afferma di agire legalmente, mentre in realtà fa profitti attraverso tali violazioni”, ha proseguito Callamard.

“Le attività di NSO Group evidenziano la complessiva mancanza di regolamentazione grazie alla quale si è creato un far west di violazioni dei diritti umani contro attivisti e giornalisti. Fino a quando le aziende del settore non riusciranno a dimostrare che rispettano i diritti umani, occorre un’immediata moratoria sull’esportazione, sulla vendita, sul trasferimento e sull’uso di tecnologia di sorveglianza”, ha sottolineato Callamard.

In una replica scritta inviata a “Forbidden Stories” e ai suoi partner, la NSO Group ha “fermamente negato (…) false accuse basate su ipotesi errate” e “teorie non avvalorate”, ribadendo che è impegnata in “una missione per salvare vite umane”. Una più ampia sintesi della riposta della NSO Group è disponibile qui.

L’indagine

Al centro dell’indagine è lo spyware Pegasus, prodotto dalla NSO Group, che quando s’installa subdolamente sul telefono della vittima, consente di accedere completamente ai messaggi, ai contenuti media, alle mail, al microfono, alla telecamera, alle chiamate e ai contatti.

Questa settimana i partner giornalistici del “Pegasus Project” – tra i quali The Guardian, Le Monde, Süddeutsche Zeitung e The Washington Post – pubblicheranno una serie di articoli sui leader mondiali, gli esponenti politici, gli attivisti per i diritti umani e i giornalisti individuati come potenziali vittime dello spyware.

Dai dati resi pubblici e attraverso le sue indagini, “Forbidden Stories” e i suoi partner giornalistici hanno identificato possibili clienti della NSO Group in 11 stati: Arabia Saudita, Azerbaigian, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, India, Kazakistan, Marocco, Messico, Ruanda, Togo e Ungheria. La NSO Group non ha svolto azioni adeguate per fermare l’uso del suo spyware per sorvegliare illegalmente attivisti e giornalisti, pur conoscendo o avendo dovuto conoscere che ciò stava avvenendo.

“In primo luogo, la NSO Group dovrebbe mettere subito fuori uso i prodotti forniti ai clienti di cui vi siano prove di un uso improprio. E il ‘Pegasus Project’ ne fornisce in abbondanza”, ha commentato Callamard.

La famiglia Khashoggi presa di mira

Durante l’indagine, nonostante i costanti dinieghi della NSO Group, sono emerse prove secondo le quali la famiglia del giornalista saudita Jamal Khashoggi è stata presa di mira dallo spyware Pegasus prima e dopo la morte di quest’ultimo, il 2 ottobre 2018, a Istanbul ad opera di agenti dello stato saudita.

Il Security Lab di Amnesty International ha verificato che lo spyware Pegasus si era installato sul telefono di Hatice Cengiz, la fidanzata di Khashoggi, quattro giorni prima del suo assassinio.

Erano stati sorvegliati anche la moglie di Khashoggi, Hanan Elatr, tra settembre 2017 e aprile 2018, il figlio Adallah e altri familiari in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti.

Nella sua nota, la NSO Group ha replicato che la sua “tecnologia non è collegata in alcun modo all’atroce omicidio di Jamal Khashoggi”. L’azienda “ha già indagato su queste accuse, subito dopo l’atroce omicidio, che ribadisce sono prive di fondamento”.

Giornalisti sotto attacco

L’indagine ha finora individuato almeno 180 giornalisti in 20 stati – tra cui Azerbaigian, India, Marocco e Ungheria, dove la repressione contro il giornalismo indipendente è in aumento – potenziali bersagli dello spyware della NSO Group tra il 2016 e giugno 2021.

L’indagine evidenzia i pericoli globali causati dalla sorveglianza illegale:

·         in Messico, il telefono del giornalista Cecilio Pineda era stato infettato dallo spyware Pegasus poche settimane prima del suo omicidio. Il “Pegasus Project” ha individuato almeno 25 giornalisti messicani presi di mira in poco più di due anni. La NSO Group ha dichiarato che, anche se il telefono di Pineda fosse stato infettato, le informazioni raccolte dallo spyware non avrebbero potuto contribuire alla sua morte;

·         in Azerbaigian, uno stato dove riescono ancora a operare ben pochi organi d’informazione indipendenti, sono stati spiati oltre 40 giornalisti. Il Security Lab di Amnesty International ha verificato che il telefono di Sevinc Vaqifqizi, un freelance della tv indipendente Meydan, è stato infettato per due anni fino al maggio 2021;

·         in India, almeno 40 giornalisti di praticamente tutti i principali mezzi d’informazione sono stati spiati tra il 2017 e il 2021. I telefoni di Siddharth Varadarajan e MK Venu, cofondatori dell’organo d’informazione indipendente “The Wire”, sono stati spiati anche nel giugno 2021;

·         sono stati scelti come potenziali bersagli dello spyware Pegasus giornalisti di grandi testate internazionali, come Associated Press, CNN, The New York Times e Reuters. Tra i giornalisti di più alto livello figura Roula Khalaf, direttrice del Financial Times.

“Il numero di giornalisti presi di mira illustra ampiamente come Pegasus sia utilizzato per mettere paura al giornalismo critico. Stiamo parlando del controllo della narrazione pubblica, della resistenza alle inchieste giornalistiche e della soppressione di ogni voce dissidente”, ha commentato Callamard.

“Queste rivelazioni devono generare un cambiamento. All’industria della sorveglianza non può più essere concesso un approccio indulgente proprio da parte di quei governi che hanno un interesse a usare la sua tecnologia per violare i diritti umani”, ha ammonito Callamard.

Amnesty International, che già aveva rivelato l’infrastruttura dello spyware Pegasus, ha reso noti tutti i dettagli tecnici attraverso i quali il suo Security Lab ha svolto le indagini nell’ambito del “Pegasus Project”, documentando l’evoluzione degli attacchi dal 2018, con oltre 700 domini riconducibili a Pegasus.

“La NSO Group afferma che il suo spyware non è rilevabile e che è usato solo per legittime indagini di natura penale. Abbiamo prove irrefutabili che queste affermazioni sono un ridicolo falso”ha dichiarato Etienne Maynier, del Security Lab di Amnesty International.

Nulla indica che i clienti della NSO Group non usino lo spyware Pegasus anche nell’ambito di indagini di natura penale e sul terrorismo e l’indagine ha rinvenuto utenze telefoniche appartenenti anche a presunti criminali.

“Le massicce violazioni dei diritti umani che Pegasus facilita devono finire. La nostra speranza è che le prove schiaccianti che saranno pubblicate questa settimana spingeranno i governi a mettere sotto controllo un’industria della sorveglianza che ora è fuori controllo”, ha aggiunto Maynier.

Rispondendo a richieste di commenti da parte delle organizzazioni giornalistiche coinvolte nel “Pegasus Project”, la NSO Group ha dichiarato di “negare fermamente” le accuse e ha affermato che “molte di esse sono teorie non confermate che sollevano forti dubbi sull’affidabilità delle fonti, così come sulle base delle vostre storie”.

La NSO Group non ha confermato né smentito quali governi siano suoi clienti, pur dichiarando che il “Pegasus Project” ha fatto “ipotesi scorrette” da questo punto di vista. Pur negando complessivamente le accuse a suo carico, la NSO Group “continuerà a indagare su ogni credibile denuncia di uso improprio e prenderà le misure adeguate in base ai risultati di tali indagini”.

da qui



Pegasus: nulla da nascondere? - jolek78

 

Si è tenuto, alle ore 08:00 PM BST un live event indetto dal Guardian intitolato:
The Pegasus project: Revealing a global abuse of cyber-surveillance

 

Nel panel erano coinvolti:
Paul Lewis, capo investigazioni del Guardian
Agnès Callamard, segreteria generale di Amnesty International
Stephanie Kirchgaessner, corrispondente investigativa del Guardian
Edward Snowden, whistleblower dell’NSA

Nel momento in cui scrivo l’evento è finito da pochi minuti. Nulla di nuovo in termini di rivelazioni – che verranno rilasciate a spizzichi e bocconi ritengo nei prossimi giorni – ma il dibattito è stato talmente interessante che credo valga la pena riportarlo per come è avvenuto, e cercare di creare una discussione attorno a esso.

La prima parte del dibattito

La prima mezz’ora è semplicemente stata un riassunto del progetto Pegasus, dei soggetti coinvolti, di Forbidden Stories, di Amnesty International, del Guardian e del pool di giornalisti che ci hanno lavorato. Si è spiegato quanto sia stato importante, in quanto a prove e dati empirici, avere l’analisi forense realizzata dal tech team di Amnesty per quanto riguarda l’identificazione del software Pegasus. Si è parlato inoltre dei meriti – è stato Ed Snowden a ringraziarli – di CitizenLab per aver identificato la NSO come minaccia fin dal 2013, e aver cominciato a pubblicare informazioni che mettevano in relazione l’omicidio di Jamal Khashoggi con la NSO. Questo è stato un dibattito molto interessante.

 

La seconda parte del dibattito

Poi si è passati – e questa è stata una domanda che Paul Lewis, giornalista del Guardian, ha fatto a tutti più e più volte – a cosa dovremmo fare noi singolarmente per modificare questo stato di cose. La risposta è stata piuttosto evasiva da parte di tutti per quanto riguarda le azioni personali da fare, ma è stata molto incisiva per quanto riguarda quelle globali. Snowden ricordava che dai suoi devices lui rimuove il microfono e fa alcune modifiche hardware che rendano difficile rintracciarlo ma, come ricordava, non tutti hanno le sue conoscenze tecniche, e nessuno vuole vivere ai margini della società come fa lui. Snowden ha ricordato che agire singolarmente non risolve nulla, e che ci vuole una pressione sui governi perché agiscano a livello globale per mettere un freno a questo tipo di tecnologie.

Moratoria sui software spia

E qui ha fatto un’analogia. Noi abbiamo delle moratorie per le armi nucleari, per le armi biologiche. Cosa ci vieta di avere delle moratorie per i software spia? Se un’azienda vende armi di distruzione di massa a un governo, e lì avviene un genocidio, noi abbiamo delle regole che possano sanzionare sia la nazione nella quale questa azienda risiede – perché è responsabile anch’essa – e regole che ci permettono di sanzionare l’azienda stessa. Si dice “è software, non fa male a nessuno“. E invece abbiamo la prova provata che ha permesso di uccidere vite, l’esempio di Khashoggi è soltanto uno dei tanti.

 

Inoltre ha spiegato qualcosa di molto interessante. Quello che distingue Pegasus dagli altri software spia è di essere un software a “zero click“. Gli hacker che lavorano alla NSO hanno investigato per trovare degli exploit che permettano d’infettare il telefono target senza che l’utente faccia un solo minimo errore. Nel passato succedeva che qualcuno ti mandava una mail, cliccavi il link sbagliato, cliccavi avanti avanti avanti. Insomma facevi un errore. Qui è diverso. L’errore non è richiesto per infettare il device, e questo è spaventoso. Inoltre questi exploit sono in se e per se armi, perché possono anche essere venduti ad agenzie di terze parti, o a singoli hacker che li possono utilizzare per i loro scopi.

Il ruolo dell’Europa – e il nostro

Sull’Europa inoltre Snowden si è sbilanciato: prima si guardava soltanto agli Stati Uniti, ma ora c’e’ un grande attore in campo che è l’Europa. Fino a ora sappiamo che sono stati oggetti d’intercettazione cittadini per esempio francesi, tedeschi e altri. Bisogna che l’Europa si sollevi e faccia la sua parte perché è anche sua responsabilità – se decide di non reagire – che queste cose accadano ancora nel futuro. Qui il giornalista del Guardian ha fatto un sospiro ed ha ricordato a Snowden la situazione del Regno Unito che non può più agire collettivamente ma solo per se stesso. Sembrava voler dire “fate qualcosa voi che potete…”

E se invece cominciassimo a fare qualcosa tutti quanti?


Per approfondire

https://citizenlab.ca/tag/nso-group/
https://forbiddenstories.org/case/the-pegasus-project/
https://www.theguardian.com/news/series/pegasus-project/
https://www.amnesty.org/en/latest/news/2021/07/the-pegasus-project/

 

da qui

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